Ha'Etz (l'albero)


Fuori della mia caverna
anche io ho percepito
un sottile e invisibile
bisbiglio di silenzio, 
ma non avevo ossimori
con cui coprirmi i volti
né la saggezza del Profeta.
Mi bucai allora il timpano
perché l'ascolto di ciò
che tace tra le sabbie
potesse dirsi perfetto.

Lì misi radice.
Io sono l'albero
che non dà frutto,
e non mi rivolto 
a questa realtà. 
Non si ferma 
il pellegrino sotto 
la mia ombra
e l'uccello dalle piume blu
rifiuta le mie fronde.

Eppure la radice 
si estende per chilometri
nel deserto; fino alle acque
del pozzo ove si ode,
se si conoscono i sentieri
fragili delle lacrime 
d'olio sacro,
il canto senza fine
- né inizio - della Moabita.

La radice si nutre
d'un canto liquido 
e le mie cortecce
stillano resine che tu
non puoi vedere
perché - ricordi? -
il tuo primo sguardo 
sulla mia mano 
callosa fuggì,
della mia parola afona, 
la fatica d'esistere.

______
SERGIO DANIELE DONATI
Inedito 2023




stampa la pagina

Commenti

  1. Bellissimo e sapienziale
    Bravo

    RispondiElimina
  2. Leggerla e ascoltare il canto mi ha dato brividi. Un viaggio repentino in uno spazio-tempo colmo di sabbia e luce. Grazie!

    RispondiElimina

Posta un commento