(Redazione) - Anfratti - 08 - Al centro del foglio

 
Di Alessandra Brisotto

C’era una volta una parola, che per tutta l’infanzia se n’era stata zitta, coccolata e viziata com’era dai suoi genitori. A volte compariva un parente, ma non molto spesso, cosicché la parolina in questione era convinta di essere unica e rara. Il suo mondo era alquanto ridotto e felice, un’isola di serenità e di nulla.

Tutto cambiò un giorno, quando una mano osò afferrarla e posarla al centro di un foglio bianco. Lei si ribellò, non volle essere toccata, tantomeno modificata da nessuno. Nonostante fosse ormai cresciuta e adulta, sola e smarrita la parola non seppe più cosa pensare, dato che le mancava ogni supporto, ogni appiglio o cenno di direzione. Ovunque si posasse il suo sguardo si stagliavano bianche praterie,
candide pianure, desolazione a perdita d’occhio. 

Per un certo tempo restò così, nuda e triste al centro di quella realtà solitaria che non le piaceva affatto. Annoiandosi a dismisura decise di crearsi un mondo personale, aggiungendo qualche lettera a destra e a sinistra, sotto e sopra di sé, tanto per avere qualcuno con cui conversare. Tuttavia, questa soluzione non la rese più felice, anzi, quelle nuove compagne di foglio chiacchieravano senza intervallo, litigavano, criticavano le lettere vicine, per non parlare delle parole delle righe più sotto, le nuove arrivate, che non s’intendevano di nulla. 

Nel giro di pochi battiti fiorì in lei una nostalgia profonda che non riusciva a capire e interpretare. I suoi genitori erano svaniti da tempo, quindi la sua forza si basava solo su se stessa. Comprese allora che era proprio dentro di sé che avrebbe dovuto cercare il motivo della propria scontentezza o, per meglio dire, di quella mancanza di gioia piena che l’aveva pietrificata per molto tempo. Così cancellò, ad una ad una, tutte le parole intorno a sé, chiuse gli occhi e si lasciò scrivere: 

Verità.
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