(Redazione) - Specchi e labirinti - 21 - Parigi secondo Giulia

 
A cura di Paola Deplano


Esistono città che sono crocevia dell’anima, luoghi in cui non siamo nati, probabilmente non moriremo, ma che in un determinato momento della nostra vita – proprio quello, non altri, né prima, né dopo – diventano l’alfa e l’omega, il punto di partenza e il punto d’attracco di ogni nave dello spirito. Se uno ha una buona penna – e Giulia Bocchio ce l’ha – per felice osmosi questa città diventa la patria dello spirito anche per l’assorto lettore. Mi viene in mente Saba, la sua Trieste, quei famosi versi che recitano «La mia città, che in ogni parte è viva // ha un cantuccio a me fatto, alla mia vita// pensosa e schiva». Mi viene in mente Penna, coi suoi sgomenti: «Era la mia città, la città vuota// all’alba, piena di un mio desiderio». Mi viene in mente un gran cantore di Parigi, Baudelaire, con i suoi Tableaux parisiens - e qui non cito niente, perché citare implicherebbe una difficile scelta tra liriche ineguagliabili. In questi versi di Saba, Penna e Baudelaire ciascuno di noi, umili lettori, sostituisce Trieste, Roma o Parigi con la propria “città dell'anima”.
Orbene, c’è stato un momento in cui, anche nella vita di Giulia Bocchio, come in quella di Baudelaire, Parigi era esattamente un crocevia dell’anima e non era concesso non cantarla. Era il momento in cui l’esistenza della poetessa era travolta dalle arti visive, dai loro colori, dalle loro forme ed era imprescindibile e urgente, in una felice sinestesia, rappresentarle sul foglio scritto. Ne sono scaturite poesie di indubbio valore, contenute nella silloge Il vento del vanto, uscita per Genesi nel 2015. Ovviamente, nel conferire fascino a queste liriche Parigi, con la sua suggestiva bellezza da nobildonna d’antan, ci ha messo del suo. Eccola, con il suo incedere regale, nei versi di Giulia:
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LACRIME D’AVORIO
(Parigi, 15 febbraio 2014)

Di una Parigi ormai più fredda
delle tue spoglie ossa
i baci hanno ormai il sapore del sangue e del sale.
Lacrime d’avorio piangono quei fiori sull’altare
mentre la notte lesta cala
non v’è più per me nessuna scala
son petalo di quel fiore smunto
muschi e ruggini nel cuore d’ogni serrata porta
non s’è decomposto quell’amore ma
qui ogni mia silvana parola è una sinfonia morta
e nemmeno tra quelle frivole sale
sei più la mia instabile scorta.
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MONTPARNASSE

Eran giorni già morti
su di essi i corvi e il vento
si levavano mortiferi, sfacciati inquisitori
sul grigio altare d’un cielo meno innocente d’una vana salvezza.
Sulle soglie d’un necrologio
un silenzio sudicio di parole malmesse
ricolme di neri umori
e la freschezza là fuori
così fiacca per ingannarti ancora
e vivere di prodigi
si son decomposti i colori delle effigi.
Solenne detestai quella falsa aura d’aurora.
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SGUALCITI BACI SU UN MARMO NERO
(Parigi, luglio 2014)

Le fronde degli alberi vivi
occultavano l’azzurro del cielo la mattina,
attutivano il respiro d’una freschezza non già supina.
V’erano lettere e bocche sgualcite
che non toccai giacché ricordai il nostro andar oltre la superficie pura
e la mollezza del ricordo scarnifica il muschio della tua tomba,
chi di quei versi ne amò la letteratura
non pianse lacrime di petalo lì all’ombra.
Pietra ancora in preda al terriccio caldo,
quei fiori che rubai tutti
per dedicarli ai ragni, tessitori di sogni
predicatori d’una sete che non ci seppe sfamare
e d’una bellezza che avrebbe dovuto nel vento tremare.
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RIVOLI 59

Eran su di me un’illusione preziosa
porpora e miele quegli occhi ancora colanti
d’estro e tattile impasto.
Una vita oziosa
non mi bastava
e non mi intuiva né suffiva esser tua musa
né mischiarmi alla tinta
e d’ogni tuo sguardo esser la soave spinta.
Bramavo i tuoi occhi in uno spazio non nostro
ispirarti era solo un fumo d’intenso inchiostro,
un amplesso con l’arte
e berne ogni sete.

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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Giulia Bocchio, classe 1991, è scrittrice e giornalista.
Autrice della silloge Harmattan Poetico (Lorenzo Ed. Associazione Talento, 2013), dal 2012, insieme ai poeti della scena torinese, fa parte dell’Associazione Culturale Poesia Attiva, curando per essa pubblicazioni ed eventi poetici.
Dopo un periodo di studi in Francia, fra Caen e Parigi, nasce la raccolta Il Vento del Vanto (Genesi Editrice).
Nel 2015 frequenta, presso la Scuola Holden di Torino, il corso di scrittura creativa.
Nel 2016 si laurea in Scienze Pedagogiche presso l’Università di Genova con una tesi in Estetica dedicata al concetto di “bruttezza” in arte e in filosofia, nello stesso anno l’opera viene pubblicata come saggio dalla Marsilio Editori con il titolo L’Olimpo nero del sentire. Nel 2020 pubblica il suo primo romanzo: La febbre dell’Io (Il Ponte Vecchio). Sue poesie sono state tradotte in lingua romena all’interno della raccolta Euroversuri. È direttrice editoriale e caporedattrice di Poetarum Silva, scrive per Il Piccolo e collabora con Minima e Moralia.

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