(Redazione) - Specchi e labirinti - 19 - Ombre e selve in Sarita Massai

A cura di Paola Deplano



Chi legge un libro più di una volta trova ad ogni incontro con le sue pagine nuovi dettagli e nuovi pensieri da esplorare ed accogliere. Poi, spesso, - bisognerebbe dire quasi sempre - incontra nelle crepe dello scritto uno o più interrogativi a cui a volte non riesce a dare una risposta.
Gli Ebrei, da sempre abituati non solo a leggere il Libro, ma anche a meditarlo e a darsi le loro personali risposte, nel leggerlo e rileggerlo notano che la creazione della donna è riportata due volte. Nella prima ci si limita a dire che gli esseri umani sono stati creati maschio e femmina, nella seconda il racconto si arricchisce di ulteriori particolari, come la questione della costola sottratta nel sonno. Certamente, sarà perché la seconda volta è la spiegazione della prima. Oppure no. A questo punto viene in soccorso la fantasia, che da un racconto all’altro, allontanandosi sempre di più dalla Fonte, diventa leggenda e folklore.
La leggenda vuole quindi che non solo le narrazioni siano due, ma anche le donne a cui si riferiscono siano due. Una la conoscono tutti: è Eva, la compagna di Adamo; l’altra è Lilith, la sua prima moglie, cacciata dal Paradiso per ordine dell’Altissimo perché ha disubbidito ai voleri del legittimo consorte. Ora Lilith è un demone incubo che cerca di attentare alla vita e all’onore dei discendenti di Eva, la sua rivale in amore. Di questo personaggio di cui abbiamo abbondantemente parlato in Poetarum Silva ( per leggere cliccare su questo link ) si sono invaghiti molti scrittori, che l’hanno dipinta con gli occhi della loro personale fantasia. Fra gli altri ricordiamo Dante Gabriel Rossetti, Primo Levi, Marcel Schwob, Anatole France, Robert Browning e Victor Hugo. Quest’ultimo, nel suo La leggenda dei secoli la definisce “l’ombra in forma di donna”. È da questa definizione che trae il titolo (L’ombra del Paradiso) la silloge di Sarita Massai in cui vive e parla, insieme ad Eva, la misteriosa e occulta Lilith.
La Massai non è nuova al vagare per le “selve oscure”, reali o metaforiche. La sua tesi di laurea in Storia Medievale fu pubblicata con il titolo La selva del lago e parlava del ruolo centrale del bosco nell’economia dell’età di mezzo. La prima selva metaforica è, invece, ne Il nome del male, lacerato romanzo in cui si narra della violenza subita da una bambina innocente e indifesa; l’ultima è (per adesso) nel romanzo Paolino Gradisca, tratto da un’altra storia vera e lacerante: il dramma di una madre costretta dai familiari a dare in adozione il proprio bimbo appena nato, che dalla Calabria si troverà poi a dover crescere a vivere in Toscana.
Tra i personaggi di queste opere spicca, in selva ed ombra, la disperata Lilith a cui non si può negare almeno il diritto di parlare, di raccontarci la sua amara e inascoltata verità, a volte con la propria voce, a volte con la voce di Eva, a volte con la voce della Massai stessa. Eccole, queste voci univoche e intrecciate, da L’ombra del Paradiso, nella quarta sezione, quella che fatalmente porta il nome dell’ombra in forma di donna:

IV SEZIONE
LILITH

La luna nera

Quale segreto nascondevi dietro al tuo sorriso?
Se non odore di intenzione,
sublime passo, ribelli spire di fuoco,
dove soggiacere e compiacere erano,
per te, indomita prima donna, prima ancora di me,
Eva, offesa?
Così Adamo ora mi dici della sua fuga dall’Eden
prima ancora che io fossi
così Adamo solo ora mi dici di colei che osò…
avessi saputo…
sarei anch’io, forse con lei, nel regno che governa la notte.
Così Lilith in me ebbe il suo nome

***
Alle porte di Ishtar,
tra le rovine dell’anima,
predata da un cielo di Berlino,
frugai…
l’idea di donna che dimora in me: Lilith.
Di ogni animale mondo
ho memoria
e di ineffabile soglia
sono sogno,
scellerato e sommo piacere
nel ventre mio cavo.
Alle porte d’Ishtar
tra le rovine dell’anima, frugai.

***
L’inferno di Ishtar

Quando partorii Tammuz, mio figlio,
lo condannai alla terra del non ritorno.
Vuota la sua materia su di me.
Vuota la mia brama di possedere, con la carne,
colui che generai.
Stride l’acuto della spada
un rumore che non cessa,
urla e perfora,
come ago nella mente.
L’inferno non è che negazione
della possibilità:
è timore che si avveri l’eternità.”
***
Scusa

non ricordo quando
né perché,
imparai,
presto, presto,
mestamente,
a sillabare la parola
scusa”.
Come un sacrificio
a un nume tutelare,
ad un penato antico.
Così, prima di un accenno ad un sorriso,
interveniva subdolo il “motto”.

Scusa per non esser nata maschio,
per scelte non mie,
per le ferite a me inferte,
per i morti vicini,
per pensieri lontani.”

E i ritardi, le bugie,
il pregiudizio e l’inganno
infittivano questa selva.
Scusa di non esser nata maschio,
per scelte non mie,
per le ferite a me inferte,
per i morti vicini,
per pensieri lontani.
E i ritardi, le bugie,
il pregiudizio e l’inganno
infittivano questa selva.

Scusa di non esser nata maschio.

***

La fedeltà di Lilith

L’altra parte di me, giglio nero, è sovrano profumo
di purezza, nascosto ad occhio umano.
Io non sono se non aria, se non vento leggero e tiranno
fedele sostanza di ciò che è.
La mia lealtà risiede non nel suono che si fa parola,
ma nel momento solo assoluto. Unico senso.
La mia lealtà risiede non nel suono,
ma nella vuota materia.

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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Sono una medievista, insegno e amo trasmettere ai miei alunni la storia e la letteratura. Il mio primo libro, La selva del lago (Protagon), è una ricostruzione storica di un’antica selva intorno alla mia città, Siena.
A seguire ho pubblicato altre ricerche storiche su famiglie senesi e vari studi su statuti medievali.
La mia prima raccolta di poesie, dal titolo Dove si compra il coraggio, è uscita nel 2014 per le edizioni Progetto cultura. La silloge è stata premiata a Roma dalla CAPIT, dal premio “Ossi di Seppia” e “Aletti”.
A seguire un poema, L’ombra del Paradiso (Progetto Cultura), il cui tema è l’esilio come condizione di vita. Quest’opera è rientrata tra i finalisti del premio letterario, filosofico religioso “Don Giovanni Liegro”.
Nel 2018 ho pubblicato il primo romanzo, Il nome del male (Progetto cultura), storia di violenza e dolore ai danni di una piccola fanciulla, tra i vincitori del premio Pergola a Firenze.
Nel 2019 ho realizzato la pubblicazione Una tazzina di caffè, dramma comico/ teatrale scaturito dall’incontro con i detenuti del carcere di Santo Spirito, a Siena. Il copione è poi risultato vincitore al concorso toscano tra le varie case circondariali in lizza.
Nel 2019 ho pubblicato Oltre la soglia (Il Papavero), candidato al premio Napoli dalla mia stessa casa editrice. Si tratta di tre racconti di donne in epoche e spazi diversi, ma con simili vicende interiori.
L’ultimo uscito (2023) è Paolino Gradisca (Il Papavero), storia di un abbandono e della ricerca umana del suo significato.
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