Cinque inediti di Annalisa Barletta

I
Se ti sfioro come nelle fenditure d'aprile
l'agguato proclive di un'impazienza
di luce febbrile scopre il fiore, 
la nicchia delle incarnazioni;
se apro le palme al respiro
di giunco per mostrarti tregue
salse ai battesmi del cuore nell'ora
in cui più di corda l'accidia sciaborda;
tu sciogli l'anatema della mappa
il guanto accucciato sotto
l'inverno dissennato della bocca.
Salpare dovremmo venerando
la congiuntura equatoriale delle braccia,
quando anche dall'ultimo lampione
l'affanno si spegne; libare dovremmo
all'Aviatore piumoso del nostro buonvento.

II
È un denso cercarsi
d'onde il nostro
sconfinare lento
in peripli di nudi vocativi
dove è vello promesso
la fatale congerie dei respiri
la ridondanza amorfa
dei baci, la quête esule
di un'Argonautica d'amore.

III
Ho il passo sbalestrato degli iniziati
all'asma dei torbidi,
ai commerci di gambe
che s'implìcano
in dedali e misture.
Sento scucirmi il nodo del corpo
in un filo di latebra,
un avanzo nudo d'oltranza
fino all'ultimo cercarti.
Che mi attardi, sull'oltrebordo
di un trocheo, l'anafora cletica
del tuo nome
Nasso delle mie illusioni
Teseo dei miei abbandoni.

IV
Mi inchioda ad ogni emissione di sillaba
la lingua astata che giudica,
mi sguaina il corpo da un'intenzione di donna
la madre che genera a questa balbuzie
scorticata di malcelato disamore.

Tentare tracce divinatorie in sordità alari
e recinti picchettati di cielo
a sgravarmi da obblighi votivi di cavezza.
Sentire nella marcia sentenziosa
dei mortali - lezioso incedere di carni
imperfettibili alla tosatura delle ossa -
tutta l'inettitudine arteriosa dei miei passi.
Sconfessare in sghimbescio d'evanescit
vite verticali e fissità di sradicati.

V
Ci si perdona sempre
su quest'orlo del mattino,
quando alla prima fiamma
ridesti la nevrosi microcosmica
del caffè,
la vita contesa al sogno,
l'obbedienza invisibile e muta
alla divisa ricondensata delle membra.

Tu ricominci all'impiedi
la diuturna discesa dell'ora
e non t'avvedi
che il crepitare vasto di luce
è una speranza che compete agli angeli
che il tuo commercio è bragia
e scoria di traghettatore.
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All'autrice piace ricordare questa citazione di J. P. Sartre:
«Il cuore umano lo trovo insipido e vuoto ovunque, tranne che nei libri.»


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