Preparare la scrittura

 

Foto di Sergio Daniele Donati

Ci si prepara a scrivere, a volte, secondo rituali antichi.
Che scrivere è chiamare a sé, dal silenzio, suoni cristallini.
Oppure, al contrario, dare armonia e melodie nascoste ai suoni gutturali e melmosi che provengono dalle proprie viscere. 
La gestualità è importante, prima di scrivere. Predispone l'animo all'ascolto quasi maniacale di ciò che ancora non ha forma. 
E così il foglio, le penne, gli inchiostri vengono scelti con gesto lento, molto prima di ciò che si vuole dire. 
Chi scrive secondo queste ritualità è sempre anche un calligrafo, o un maestro del thé giapponese. 
E non dimentica che la corporeità ha un peso nella scrittura. 
È il contenitore che dà la forma ai pensieri (prima), al detto (poi). 
Ci si prepara alla scrittura come l'amante prepara la casa per la sua amata e sceglie i migliori vini e i bicchieri di cristallo.
Non per sedurla, ma perché Lei abbia a disposizione i migliori strumenti per sedurlo. 
Ogni scrittura profonda è un atto di resa al grande, una cessione della propria spada a un guerriero a noi superiore, un gladium revertentur gioioso. 
Ogni scrittura profonda è un gesto di sublime sacralità che ridona senso a ciò che è prima di ogni significato. 
Un gioco antico e nobilmente infantile, in cui la regola prima (e forse unica) è nell'immensità dei significati sopra di noi e la profondità del nostro contenitore (il corpo) in cui li plasmiamo.
Scrivere in modo profondo è forgiare katane all'antica, con leghe di sette metalli sacri, e formule e invocazioni, nell'ora unica in cui la luna piena irradia le nostre intuizioni.  

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