(Redazione) - Estratto dalla Raccolta di Giovanni Laera "Maritmie" (Marco Saya Ed., 2023), con nota di lettura di Annalisa Mercurio



 

Maritmie è l’ultima opera di Giovanni Laera pubblicata da Marco Saya Editore (collana Sottotraccia a
cura di Antonio Bux).
La Puglia, in questa raccolta, si fa canto di sirena, falda sotterranea, lingua subacquea.
In questa soluzione salina si scioglie il verbo di Laera che evapora per tornare: un ciclo d’acqua e sale capace di asciugarsi sulla radice di un substrato dialettale dal quale Laera estrae musica. La seconda breve sezione della silloge è un cuore infantile osservato a distanza, il mistero di uno sguardo sottile e profondo, un intarsio dialettale di estrema eleganza che si fa proiezione di una terra
apparentemente arida ma capace di generare frutti straordinariamente intensi. La padronanza della parola di Laera permette all’autore di accompagnare il lettore con leggerezza in una continua ricerca semantica ed emotiva. Allitterazioni, rime interne e baciate sono testimoni della volontà di mantenere salda la tradizione senza però rinunciare a un verso che suona estremamente
contemporaneo.
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ESTRATTO
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Nel luminoso Sud tu stai e nel sale
e affoca a affina l’aria tua l’amare
tra muri a secco azzurri, la sementa
e un odore di menta, al davanzale.

Il male, dici, il male – e già sbadiglia
un bar di macchinette curiose.
Sul tavolino ondeggia una scintilla:
è l’ora tua – mi sento rose rose.

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U core gruésse

Nùvele rosse e mail mannete o’ muère
e sanghe mminz’e’ sande, t’arrecuérde?
Cià scile u cuédde senza neve, senza
terre: jére chedde ’a guerre ca facemme
vuéle de facce ca sckàmene jinde
e’ màsckere ca fàscene i latuérne –
tu me lassiste u core gruésse a’ sere.

Nuvole rosse e mail mandate al mare
E sangue in mezzo ai santi, ti ricordi?
Che gelo i colli senza neve, senza
terra: era quella la guerra che facemmo
bolo di facce che schiamano dentro
le maschere che inventano il lamento –
tu mi lasciasti il cuore grosso a sera.


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Le rose nere scoppiano nel buio
e dicono: non vuoi. Rimani qui
nel mio sogno di sangue, nei sussurri
tra un fumo azzurro azzurro e gli occhi tuoi

che dicono: non vuoi. Io voglio il sale
sulla tua lingua di mare e una lunga
spuma che sale. Oh sai: le rose nere. –
Ti ho amata nel vestito di tua madre.

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Sognando rivedere quella mano
quello squarcio di lama verso il mare.

Un giorno torneremo a dire – vita
Scoglio dell’Eremita, Polignano.


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Note biobibliografiche

Giovanni Laera (1980), è un poeta originario di Noci. Dottore di ricerca in Linguistica italiana presso
l’Università degli Studi di Torino, è autore di diversi libri e articoli su lessico, onomastica e folklore nei
dialetti apulo-baresi. È caporedattore di Avamposto – rivista di poesia e collabora con Incroci –semestrale di letteratura e altre scritture
Ha pubblicato Fiore che ssembe (Pietre Vive, 2019), la sua prima opera poetica, con segnalazione di merito al Premio Bologna in Lettere 2020. Nel 2022 figura tra i poeti delle antologie I cieli della preistoria (Marco Saya ed.) e Sotto traccia. Per un umanesimo della terra (Latitudine 41). Suoi inediti sono apparsi su riviste, blog e quotidiani.
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