Ascoltando Mahler ( a mio padre)

 

Vorrei dirti delle nebbie, 
delle cataratte d'un cuore
incapace ormai di danzare. 
Vorrei dirti che ho l'età
che tu avesti allora, 
quando il mio sguardo si posava 
sui tuoi limiti con sprezzo, 
quasi non fossero anche i miei. 

Un'ansia profuga, un'eredità densa
ch'io rifiutavo allora perché
troppo mia per esser detta.
Vorrei dirti che ci sono riuscito
a essere diverso,
a diluire col tempo quel tuo passo 
che appariva sicuro
solo a chi non voleva vedere.

Eppure oggi leggevo un libro,
la fronte appoggiata alla mano destra,
Lo stesso gesto che facevi tu.
E ho alzato lo sguardo, 
cercandoti piano.
Avrei voluto dirti 
io non so più...
- il verbo mettilo tu,
a me si strozza in gola. 

Ti avrei detto d'essere stato infedele
alle mie stesse promesse
che la mia schiena non è ben dritta
che so di sapere troppo per adagiarmi
su un banale detto socratico.

Ti avrei detto che ho visto ogni giorno
sei milioni di nomi, i tuoi,
danzare nei miei sogni 
e ho provato,
come ti promisi a tredici anni
- tu mi dicesti "non farlo" -
a dedicare loro la mia parola.

Ma poi ho ricordato quel tuo dire
" sei un uomo", e ho capito
e pianto lacrime di petrolio
su questo adagio di Mahler che
- lo ricordo bene -
è sempre stata la descrizione fedele
della nostra comune ferita.  

Sergio Daniele Donati - inedito 2023




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