Da "Midbar" (di Raffaela Fazio - Raffaelli Editore, 2019) - 12 - Dal Roveto

“Mi diranno: «Qual è il suo nome?». E io che cosa risponderò loro?»” (Es 3,13).
Io-ci-sono-io-ci-sarò:
non ti lascio
e non sono ancora
tutto.
Come un nido è il mio Nome
che cresce con l’uomo.
In me
c’è spazio per il grido
la lode
il dubbio.
Torna se vuoi.
Se puoi spicca il volo.
Se anche mi scordi
non sarai mai
solo.
non ti lascio
e non sono ancora
tutto.
Come un nido è il mio Nome
che cresce con l’uomo.
In me
c’è spazio per il grido
la lode
il dubbio.
Torna se vuoi.
Se puoi spicca il volo.
Se anche mi scordi
non sarai mai
solo.
Videolettura dell'autrice
Nota dell'autrice
Chiamare qualcuno significa creare un legame. L'uomo, da sempre, tenta di gettare un ponte verso l'ignoto pronunciandolo, avvicinando alle labbra ciò che sfugge alla comprensione della mente.
Così, vorrebbe qualche sillaba per accogliere nel fiato il nome dell'Eterno.
E l'Eterno, per farsi conoscere dall'uomo, non gli suggerisce un nome, non potendo essere in esso contenuto, ma gli fa una promessa.
L'ebraico "Ehyeh Asher Ehyeh" è stato tradotto in più modi, dato che il verbo utilizzato, hayah (essere), può coprire passato, presente e futuro. Di solito, si trova "Io sono colui che sono" o "io sono colui che sarò".
A me piace invece, tra le interpretazione bibliche, quella che sottolinea una presenza, piuttosto che azzardare una designazione: "io ci sono - io ci sarò".
Quale nome potrebbe infatti essere più bello di questo, soprattutto nei momenti in cui il buio prevale?
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[N.d.R] - Potrete trovare tutte le precedenti poesie tratte da "Midbar" di Raffaela Fazio, uscite su Le parole di Fedro nella seguente pagina
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