(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 48 - Solo tre parole (un sogno)
di Sergio Daniele Donati |
Sai bene, mi dicevi,
che non ogni esclusione
si conclude col ripudio,
che il midollo del sigillo
è nella protezione
e che ciò che non può
attecchire su terreni acidi
trova spesso risposta fertile
in altri campi.
Certo, rispondevo,
e so anche del dolore
del primo passo dell'escluso
verso una terra
ancora sconosciuta,
della parola non eletta oggi
a tornare nell'indistinto insieme
di ciò che oggi,
ancora, non vien detto.
Al risveglio dal sogno le pareti della stanza
sembravano fluttuare in un indaco sfocato
quasi faticassero a prendere forma, o, anzi,
a scegliere se manifestarsi o diluirsi
davanti al mio sguardo estatico.
Erano i perimetri incerti della parola
quando ancora non viene espulsa,
sola, dal reame del silenzio?
O era un coro muto di voci bianche e bambine
a prendere – o perdere – contorno
davanti ai miei occhi?
Mi alzai, senza sapere se fossi ancora nel sogno,
come si alzò il vento potente di Elia.
Non c'era nessuna alta voce in quel rumore,
solo la manifestazione di un'urgenza di movimento,
quasi che il corpo potesse davvero dare risposta
alla danza metaforica della relazione,
tra parole, tra esseri umani,
tra vita e morte.
Fu allora che, in parte capii,
e presi il pennino e scrissi tre parole sul foglio
in inchiostro verde-linfa,
in inchiostro rosso-sangue,
in inchiostro blu-sesto cielo.
Tre parole che ancora ora sono la sintesi
di un sigillo senza nome,
del primo passo infante,
e della terra dell'abbraccio.
E non ci fu mia sigla sotto quelle tre parole
perchè certi movimenti possono avvenire
solo sotto l'egida dittatrice
della diluizione del proprio nome.
In quelle tre parole era compresa ogni altra parola possibile;
salvo tre
che dovevano rimanere non dette e a cura
di ogni ignorato eppure
di ogni ignorato soffio celeste
di ogni ignorata cecità.
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