Sei poesie inedite di Alessandra Paganardi - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
Davvero lieti ed onorati di poter accogliere su Le parole di Fedro sei poesie inedite di Alessandra Paganardi, poeta milanese che certo non ha bisogno di presentazioni.
Come potrete verificare, i sei inediti delineano un itinerario lirico coerente, ma mai monolitico, e stratificato, dove la memoria affettiva, la perdita, il tempo e la trasfigurazione simbolica degli oggetti quotidiani si intrecciano in una voce poetica intima e riflessiva. Il lessico, poi, alterna concretezza e rarefazione, con immagini che oscillano tra il dato biografico e la sua sublimazione metafisica.
Il vestito blu e Il cappello azzurro ruotano attorno a oggetti indossati, con richiami evidenti al registro sensibile della vista (colori), che diventano emblemi della memoria e della relazione: il primo è un drappo che si dissolve nel bosco, il secondo un cappello che sigilla una sorta di passaggio generazionale. Entrambi i testi mostrano una tensione tra presenza e assenza, con una sintassi fluida e una forte componente sinestetica, come sopra si accennava.
Partita doppia e Ipotesi, poi, affrontano il tema dell’amore e del fallimento con una lucidità disarmante. Il primo rifiuta la logica del merito e della contabilità emotiva, il secondo accoglie il ritardo e la fragilità come forme di nobiltà esistenziale. La voce poetica si fa qui più concettuale, ma non perde mai della intensità lirica che caratterizza tutti e sei questi componimenti.
Muro del suono e A mio padre sono i testi più ellittici e verticali. Il primo è un frammento sul rimpianto e la dissonanza temporale, il secondo una meditazione sul volo, il sogno e la caduta.
Qui Alessandra Paganardi riesce a coniugare la leggerezza dell’immagine con la gravità del pensiero, in una scrittura che richiama a tratti echi di della poesie del primo novecento, ma con una sensibilità differente e del tutto contemporanea.
Nel complesso, le sei poesie si distinguono per una evidente precisione e tensione emotiva, una densità simbolica e un controllo formale di vera maestria.
La poesia di Alessandra Paganardi trasforma qui il vissuto in materia universale, con una tensione costante tra corporeità e trascendenza, tra il sogno e il suo peso.
Poesie che potrebbero, e nostro avviso dovrebbero, essere prese ad esempio da chi voglia comprendere quanto delicata e positivamente fragile sia la linea di confine tra simbolo e oggetto in sé, tra descrizione di un vissuto e una sua reale rielaborazione.
Questo tipo di attenzione al limine, che è tipico della poesia tenuta e sobria dell'autrice, dice molto di una ricerca sulla e nella lingua ed espressione poetica capace di esistere perchè figlia di una storia, sia personale che di eredità poetica, del tutto evidente.
Sono, in altre parole, a parer nostro, poesie da cui apprendere non solo (e già sarebbe tanto) la tecnica poetica ma il corretto posizionamento, la corretta postura etica davanti al verso.
Per la Redazione de Le parole Di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
LE SEI POESIE INEDITE
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IL VESTITO BLUCon lo stesso biglietto dei tuoi occhi
non è partita solamente l’iride
nocciola d’appennino di Liguria
il confine del bosco dove entravi
veloce e schivo come uno scoiattolo
dove sapevi il brivido
umido del lichene
la sua bussola verso mezzanotte
che fredda sorridente ti aspettava
con i tuoi occhi è volato lontano
il mio vestito blu
lo indosso ancora ma non è più quello
che stava fermo a scuola sulle scale
quando sapevo che eri lì a guardare
─ come un gatto superbo sopra il muro
aspetta la fotografia d’autore ─
non lo trovo ─ è bruciato il negativo
nella camera oscura dei tuoi occhi
il mio vestito blu
lo indosso ancora ma non è più quello
che stava fermo a scuola sulle scale
quando sapevo che eri lì a guardare
─ come un gatto superbo sopra il muro
aspetta la fotografia d’autore ─
non lo trovo ─ è bruciato il negativo
nella camera oscura dei tuoi occhi
adesso quel vestito è un drappo buio
appeso nell’armadio e se lo tocco
lo tradisco ma so dove trovarlo
appeso nell’armadio e se lo tocco
lo tradisco ma so dove trovarlo
nell’atelier fuori moda di un bosco
dove ogni muschio con il suo colore
parla del sole quando non si vede
e la formica rossa imperatrice
ha sempre addosso il mio vestito blu
dove ogni muschio con il suo colore
parla del sole quando non si vede
e la formica rossa imperatrice
ha sempre addosso il mio vestito blu
____
IL CAPPELLO AZZURRO
«Ora mi serve. Lo prenderai dopo».
Lo dicevi di quel cappello azzurro
che mi piaceva, un bel blu provenzale
bleu charrette, ma il colore non contava
la forma sì ̶ la tesa parasole
per certe estati troppo calde e chiare ̶
chissà, chissà… forse qualcuna, ancora.
L’ho tenuto, papà, quel tuo cappello
era appeso, sembrava di nessuno
stava perdendosi nel polverone
della casa che ormai cambierà pelle
il serpente del tempo e del ritorno
eterno nel suo essere finito
come lo siamo noi. L’ho messo in testa
lo chiuso la tua porta alle mie spalle
sono rimasta l’ultima a morire.
____«Ora mi serve. Lo prenderai dopo».
Lo dicevi di quel cappello azzurro
che mi piaceva, un bel blu provenzale
bleu charrette, ma il colore non contava
la forma sì ̶ la tesa parasole
per certe estati troppo calde e chiare ̶
chissà, chissà… forse qualcuna, ancora.
L’ho tenuto, papà, quel tuo cappello
era appeso, sembrava di nessuno
stava perdendosi nel polverone
della casa che ormai cambierà pelle
il serpente del tempo e del ritorno
eterno nel suo essere finito
come lo siamo noi. L’ho messo in testa
lo chiuso la tua porta alle mie spalle
sono rimasta l’ultima a morire.
PARTITA DOPPIA
L’amore non si merita – si dona
ma questo io non l’ho capito mai
– mi dicevano: impégnati, sta’ buona,
meriterai l’amore che non sai
Molto tardi ho capito che l’amore
non è questione di ragioneria
magari non farà rima con cuore
ma ancor meno con computisteria
in fondo è proprio come respirare
non ha partita doppia il sentimento
non si misura con avere e dare
non è padrone della pioggia il vento
non puoi cambiare le onde del mare
– ama, solo di questo sii contento.
IPOTESI
Anche se il tempo si fermasse adesso
proprio qua, sopra questo foglio bianco
in luminarie malate di freddo
nelle catene di un’epoca immobile
e se tornasse a domandarmi il conto
mai pagato di tutti i silenzi
e dei riflessi bui di questo inverno
che deve accontentarsi di uno sguardo
sarei felice di avere un destino
sempre in ritardo come un’auto d’epoca
nella sua nobiltà senza parole
e porterei con me quei fallimenti
che se li ascolti ti fanno tornare
ai sogni più preziosi del reale.
Anche se il tempo si fermasse adesso
proprio qua, sopra questo foglio bianco
in luminarie malate di freddo
nelle catene di un’epoca immobile
e se tornasse a domandarmi il conto
mai pagato di tutti i silenzi
e dei riflessi bui di questo inverno
che deve accontentarsi di uno sguardo
sarei felice di avere un destino
sempre in ritardo come un’auto d’epoca
nella sua nobiltà senza parole
e porterei con me quei fallimenti
che se li ascolti ti fanno tornare
ai sogni più preziosi del reale.
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MURO DEL SUONO
Ma non s’incontreranno mai
la tua giovinezza vagabonda
la mia impaurita.
Non è partito al tempo giusto il dardo
pigro come la scia
bianca incollata in alto
invisibile al volo appesantito
dei gabbiani di strada
un rimpianto di neve e di bambagia
nel maggio irreparabile
____Ma non s’incontreranno mai
la tua giovinezza vagabonda
la mia impaurita.
Non è partito al tempo giusto il dardo
pigro come la scia
bianca incollata in alto
invisibile al volo appesantito
dei gabbiani di strada
un rimpianto di neve e di bambagia
nel maggio irreparabile
A MIO PADRE
Guardando in alto ho capito per caso
che cos’è il volo. Non somiglia a niente
che sia un istante, una nuvola azzurra,
un velo, un lieve brivido sospeso
sull’ala del ricordo o sull’eterea
strada dell’infinito, a riscattare il peso
lordo della materia che incatena
alle leggi del mondo. Quello stormo
trascinato dal sangue in simmetria
militare verso un altro po’ di sole
mi racconta che non esiste il cielo
che il sogno è nelle scarpe e nelle mani
adesso e qui, nell’esatto destino
scritto nell’ombra di un corpo che cade.
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NOTA BIOBLIBLIOGRAFICA
Alessandra Paganardi vive e scrive a Milano, dove insegna filosofia in un liceo e organizza incontri di conversazioni letterarie nel suo piccolo studio, non distante dalla stazione ferroviaria Rogoredo. Allieva per merito del Collegio Ghislieri di Pavia, ha fatto parte della redazione della «Mosca di Milano», ha diretto per Puntoacapo la collana “Collezione letteraria” e ha pubblicato vari libri di poesia, aforismi e saggistica: i principali A dream of words (Gradiva Publications, 2020), La regola dell’orizzonte, Puntoacapo 2019, (nella collana «Ancilia». diretta da Giancarlo Pontiggia): La pazienza dell’inverno, Puntoacapo 2013, Breviario, Joker 2012, Tempo reale, Joker 2008; Ospite che verrai, Joker 2005, Lo sguardo dello stupore: lettura di cinque poeti contemporanei, Viennepierre 2005.
Ha ottenuto diversi primi premi ed è’ stata due volte finalista al premio «Nabokov».
Suoi testi critici e poetici sono usciti su riviste internazionali come «Gradiva», «Poesia», «Italian Poetry Review», «Forum Italicum».
E’ attualmente presente nella redazione di «Gradiva», nel comitato editoriale di «Gradiva Publications» e nella giuria del premio omonimo.
È tradotta in inglese, spagnolo e rumeno.

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