(Redazione) - Walter Benjamin: L’Angelus Novus - di Donato Di Poce


«La critica cerca il contenuto di verità di un’opera d’arte,
il commentario il suo contenuto reale»

Walter Benjamin,
«Le affinità elettive» di Goethe,
Scritti 1919-1922, tr. it. Torino, Einaudi, 1982, p. 179.

Angelus Novus, Paul Klee, 1920
Premessa:
W. Benjamin, (Berlino, 15 Luglio 1892 – Port Bou, 26 Settembre 1940), écrivain-critique, filosofo, nomade, solitario, anticonformista e antiaccademico, rabdomante di cultura viva, sensibile a tutto ciò che nell’arte richiama la realtà e reclama una definizione, figlio della cultura ebraica, amico di Sholem e appassionato di Kabbalà e di Scrittura (nonché lettore di Platone), sente l’esigenza di aprire un varco, nell’arte e nella storia, per proiettare l’opera creativa e la vicenda umana al di là del proprio orizzonte. Benjamin era Filosofo, saggista e critico letterario tedesco di famiglia ebraica. L’uomo che osò uno stile nuovo, caldo come il sangue ed evanescente come il ricordo, presente come la realtà e visionario come il sogno, l’Angelus Novus appunto capace di cercare una verità storica fatta di due verità, quella linguistica (stilistica) e quella sociologica (reale).
Il concetto di critica nel Romanticismo Tedesco:
Il saggio sulle Affinità elettive di Goethe resta, tra tutti i suoi lavori, uno dei più impegnativi e penetranti. Il testo si apre con una riflessione di ordine metodologico che inerisce in particolare alla distinzione tra due modi di avvicinamento all’opera letteraria, la critica e il commento.
Si intravvede tra le righe la ‘romanticizzazione’ del mondo, che significava, al contempo, costituzione della soggettività e rifondazione della società su base estetica e la volontà di proiettare luce sulla realtà, fornendo informazioni, chiavi di lettura, mappe, schemi, orientamenti intellettuali, che nutrono la mente relazionale del soggetto, che lo aiutano a capire il mondo.
Il giovane Benjamin, che ragionava sul Concetto di critica nel Romanticismo tedesco, (titolo della sua tesi di dottorato pubblicata a Berna nel 1920), aveva ben capito che quella dei Romantici, era essenzialmente una lezione di immanenza. Dagli scritti di Friedrich Schlegel, di Novalis e del gruppo di “Athaeneum” veniva fuori, a guardar bene, una concezione inedita del testo letterario, inteso come «forma» in senso non estrinseco, bensì quale processo di intima strutturazione interna dell’opera in virtù di leggi proprie e del tutto singolari.
«la forma è la manifestazione oggettiva della riflessione», inseparabile dal processo creativo. Pertanto “critico” non poteva più intendersi come un approssimativo, superficiale giudizio su un qualsiasi testo, bensì quale sua «comprensione» profonda, processo di consapevolizzazione della sua struttura inconscia, (Cfr. W. Benjamin, Il concetto di critica nel Romanticismo tedesco, in Id., Opere complete. I. Scritti, 1906-1922, Torino, Einaudi, 2008,) e consentirgli di entrare a pieno titolo nel mondo dell’arte, disvelandone il nesso con tutti gli altri testi. Rischiarare (Erklä ren), comprendere (Verstehen), valutare (Beurteilung).
Benjamin chiarisce questa posizione privilegiata assegnata all’interprete osservando che «per i romantici la critica è molto meno il giudizio su un’opera, che non il metodo del suo compimento».

F. Schlegel e La critica poetica:

Per Schlegel, e i romantici, non vi è opposizione tra il lavoro del critico e quello del poeta, ma anzi, secondo le formulazioni schlegeliane, «la poesia può essere criticata solo con la poesia» e la «critica poetica […] vorrà formare ancora una volta il già formato, compirà l’opera, la ringiovanirà, le darà una nuova forma» (cfr., per la prima delle due citazioni, F. Schlegel, Frammenti del «Lyceum», 117, in Frammenti critici e scritti di estetica, tr. it. Firenze, Sansoni, 1967, p. 41).
Benjamin evidenzia queste citazioni ben sapendo che «la critica è una questione morale», e sintetizzerà il suo pensiero sulla critica e sul ruolo dello scrittore in 13 tesi:

Le «tredici tesi» sulla critica:
in cui Benjamin espone sinteticamente la tecnica propria del critico attuale:

  1. Il critico è una strategia nella lotta letteraria.
  2. Chi non può prendere partito, deve tacere.
  3. Il critico non ha niente a che fare con lo storico dei periodi artistici passati.
  4. La critica deve parlare nella lingua degli artisti. Infatti i concetti del “gruppo di avanguardia” sono parole d'ordine. Solo nelle parole d'ordine risuona il grido di battaglia.
  5. Si deve sempre sacrificare l'«oggettività» allo spirito di partito, se la causa è degna di lotta. 
  6. La critica è un fatto morale. Se Goethe ha disconosciuto Hölderlin e Kleist, Beethoven e Jean Paul, questo non riguarda la sua intelligenza artistica, ma la sua morale. 
  7. Per il critico, i suoi colleghi sono l'istanza più alta. Non il pubblico. Tanto meno, poi, la posterità.
  8. La posterità dimentica o dà fama. Solo il critico giudica in faccia all'autore. 
  9. Polemizzare è distruggere un libro su pochi dei suoi passi. Meno lo si è studiato, tanto meglio. Solo chi distrugge può criticare. 
  10. Autentica polemica è mettersi di fronte a un libro con l'amore di un cannibale che si cucina un lattante. 
  11. L'entusiasmo per l'arte è estraneo al critico. L'opera d'arte è in mano sua l'arma bianca nella lotta degli spiriti. 
  12. L'arte del critico in nuce: coniare slogan senza tradire le idee. Gli slogan di una critica inetta svendono alla moda i pensieri. 
  13. Il pubblico deve sempre aver torto, e deve sempre sembrare rappresentato dal critico.

La tecnica dello scrittore in 13 tesi, di W. Benjamin:
tratto da: Strada a senso unico (Einaudi, 1983)

  1. Chi intende procedere alla stesura di un'opera di vasto respiro si dia buon tempo e, al termine della fatica giornaliera, si conceda tutto ciò che non ne pregiudica la continuazione.
  2. Parla di quanto hai già scritto, se vuoi, ma non farne lettura finché il lavoro è in corso. Ogni soddisfazione che in tal modo ti procurerai rallenterà il tuo ritmo. Seguendo questa regola, il desiderio crescente di comunicare diverrà alla fine uno stimolo al compimento.
  3. Nelle condizioni di lavoro cerca di sottrarti alla mediocrità della vita quotidiana. Una mezza quiete accompagnata da rumori banali è degradante. Invece l'accompagnamento di uno studio pianistico o di uno strepito di voci può rivelarsi non meno significativo del silenzio tangibile della notte. Se questo affina l'orecchio interiore, quello diventa il banco di prova di una dizione la cui pienezza soffoca in sé persino i rumori discordanti.
  4. Evita strumenti di lavoro qualsiasi. Una pedante fedeltà a certi tipi di carta, a penne e inchiostri ti sarà utile. Non lusso, ma dovizia di codesti arnesi è indispensabile.
  5. Non lasciarti sfuggire alcun pensiero, e tieni il tuo taccuino come le autorità tengono il registro dei forestieri.
  6. Rendi la tua penna sdegnosa verso l'ispirazione ed essa l'attirerà a sé con la forza del magnete. Quanto più lento sarai nel decidere di mettere per iscritto un'intuizione, tanto più matura essa ti si consegnerà. Il discorso conquista il pensiero, ma la scrittura lo domina.
  7. Non smettere mai di scrivere perché non ti viene più in mente nulla. E' un imperativo dell'onore letterario interrompersi solo quando c'è da rispettare una scadenza (un pasto, un appuntamento) o quando l'opera è terminata.
  8. Occupa una stasi dell'ispirazione con l'ordinata ricopiatura del già scritto. L'intuizione ne sarà risvegliata.
  9. Nulla dies sine linea: sì, però qualche settimana.
  10. Non considerare mai perfetta un'opera che non t'abbia tenuto una volta a tavolino dalla sera fino a giorno fatto.
  11. La conclusione dell'opera non scriverla nel solito ambiente di lavoro. Non ne troveresti il coraggio.
  12. Gradi della composizione: pensiero, stile, scrittura. Il senso della bella copia è che in questa fase l'attenzione va ormai soltanto alla calligrafia. Il pensiero uccide l'ispirazione, lo stile vincola il pensiero, la scrittura ripaga lo stile.
  13. L'opera è la maschera mortuaria dell'idea
Nel pensiero di Walter Benjamin il concetto di immagine come risveglio semantico ed esistenziale è centrale soprattutto all’interno della sua riflessione sulla verità, sulla conoscenza e sulla storia che va di pari passo con l’idea di ‘frammentarietà’. Ecco un esempio di analisi di un testo surrealista di Aragon:
«Mentre Aragon persevera nella sfera del sogno, qui deve essere trovata la costellazione del risveglio. Mentre in Aragon permane un elemento impressionista – la “mitologia” – e questo impressionismo va reso responsabile dei molti informi filosofemi del libro – qui si tratta, invece, di una risoluzione della “mitologia” nello spazio della storia». (Cfr. W. Benjamin, Parigi, capitale del XIX secolo, tr. it. Torino, Einaudi, 1986).

L’Opera d’Arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica:

Nell’incipit del libro, Bejamin riporta questa bellisima citazione di Valery:

Le nostre Belle Arti sono state istituite, e il loro tipo e il loro uso sono stati fissati in un’epoca ben distinta dalla nostra e da uomini il cui potere d’azione sulle cose e sulle situazioni era insignificante rispetto a quello di cui noi disponiamo. Ma lo stupefacente aumento dei nostri mezzi, la loro duttilità e la loro precisione, le idee e le abitudini che essi introducono garantiscono cambia menti imminenti e molto profondi nell’antica industria del Bello. In tutte le arti si dà una parte fisica che non può più venir considerata e trattata come un tempo, e che non può più venir sottratta agli interventi della conoscenza e della prassi moderne. Né la materia né lo spazio, né il tempo non sono più, da vent’anni in qua, ciò che erano da sempre. C’è da aspettarsi che novità di una simile portata trasformino tutta la tecnica artistica e che cosi agiscano sulla stessa invenzione, fino magari a modificare magica mente la nozione stessa di Arte.”
(Paul Valéry, Pièces sur l’art [Scritti sull’arte], Paris, pp. 104 sgg. {La conquête de 1‘ubiquité [La conquista dell’ubiquità]).

Ed in un passaggio della premessa scrive:
“…è il risultato del montaggio. Vale a dire: nello studio cinematografico l’apparecchiatura è penetrata cosi profondamente dentro la realtà che l’aspetto puro di quest’ultima, l’aspetto libero dal corpo estraneo dell’apparecchiatura è il risultato di uno speciale procedimento, cioè della ripresa mediante la macchina disposta in un certo modo e del montaggio di questa ri presa insieme ad altre dello stesso genere. Quell’aspetto della realtà che rimane sottratto all’apparecchio è diventato cosi il suo aspetto più artificioso e la vista sulla realtà immediata è diventata una chimera nel paese della tecnica.”

Come non vedere in questi due passaggi, le analogie con la sua idea innovativa di critica e di saggio critico, l’attenzione per l’avvento di nuove tecniche (litografia, fotografia e cinema), la scomparsa dell’Aura, che svilupperà in tutto il libro, creando le premesse per una critica sociologica e materialista e una sorta di politicizzazione dell’Arte per combattere l’estetizzazione della politica?
Dal punto di vista formale, il saggio è un’apologia del frammento e dell’accumulo degli stessi che danno la possibilità di avvicinarsi a togliere il velo sulla verità dell’opera che contiene molteplici significati.
I suoi aforismi materialistici e teologici insieme, infuocati e lirici, filosofici ed estetici, creano dei microcosmi in cui il lettore si addentra e ne resta affascinato.

Benjamin e l’Angelus Novus di Klee:

L’opera di Klee, Angelus Novus, tecnica mista, del 1920, include i temi del tempo, della storia e della coscienza umana con grande dettaglio, si tratta di un personaggio femminile con ali in uno stato di angoscia o meraviglia, i suoi occhi che guardano qualcosa di invisibile. La donna è collocata contro uno sfondo tempestoso che evoca l’idea di vortice e disordine con linee vorticosi e forme distratte. Opera di complessità e simbolismo profondo che rivela la cultura filosofica e poetica di Klee. La predilezione per il pittore per Klee, è ben nota alle persone a lui più vicine, tanto è vero che nel 1920 la moglie Dora gli offre, come regalo di compleanno, un dipinto di Klee dal titolo Presentazione del miracolo.
Ma è l’anno dopo che si verifica un evento di grande importanza, ossia l’incontro tra il filosofo e un’opera che è destinata ad accompagnare tutta la sua esistenza e il suo pensiero. Si tratta di un quadro, Angelus Novus, realizzato da Klee con una tecnica particolare, che unisce pittura ad olio e acquerello.

Così scrive all’amico Gershom Scholem:

«Tra i nuovi pittori l’unico che mi abbia colpito in questo senso è Klee, ma d’altra parte le mie idee sui fondamenti della pittura erano ancora troppo poco chiare perché potessi procedere da questa commozione alla teoria. Credo che ci tornerò su più tardi. Tra i pittori moderni, Klee, Kandinskij e Chagall, Klee è l’unico che riveli evidenti rapporti con il cubismo. Tuttavia – per quanto posso giudicare – non può essere definito un cubista, poiché questi concetti sono sì indispensabili per una visione complessiva della pittura e dei suoi fondamenti, però non è possibile cogliere teoreticamente il singolo grande maestro con un determinato concetto di questo tipo»

Influenza del Pensiero Cabalistico: 

Alcuni studiosi suggeriscono che l’interesse di Klee per il pensiero cabalistico e il misticismo ebraico abbia influenzato i temi spirituali presenti in “Angelus Novus”, aggiungendo un ulteriore livello di interpretazione all’opera, che non sono sfuggiti a Benjamin.
Scholem, che come si sa era uno dei massimi esperti in quell’ambito, ricorda di averne parlato con Benjamin fin dal momento dell’acquisto del quadro: «Discutemmo fra noi sull’angelologia ebraica, in specie talmudica e kabbalistica, giacché allora stavo scrivendo un saggio sulla lirica della Kabbalah, nel quale mi diffondevo dettagliatamente intorno agli inni angelici com’erano rappresentati dai mistici ebraici».
La kabbalah racconta che Dio crea ad ogni istante un numero sterminato di nuovi angeli, tutti destinati a cantarne per un attimo le lodi davanti al suo trono prima di dissolversi nel nulla.
Benjamin ridefinisce e attualizza secondo le sue riflessioni storiche, l’immagine dell’angelo e se inizialmente scrive: “Ha il volto rivolto al passato. Dove noi vediamo una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe che accumula incessantemente macerie su macerie, scaraventandole ai suoi piedi. Vorrebbe fermarsi, ridestare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta gli impedisce di farlo; lo sospinge irresistibilmente nel futuro, al quale volge le spalle, mentre il cumulo di macerie cresce davanti a lui.”
Successivamente la figura angelica viene reinterpretata in maniera del tutto inedita: «C’è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera» (Sul concetto di storia)
Angelus Novus non è solo un dipinto: è un simbolo, una guida e un monito, è un invito a guardare la storia con occhi critici, a interrogarsi sul senso del progresso e a cercare di dare forma al caos attraverso la riflessione e la creatività. La sua attualità bellezza e complessità ci interroga ancora oggi.
Vorrei concludere questo piccolo saggio con le parole di uno dei maggiori critici di Benjamin, Giuseppe Zuccarino che ha scritto:

“…Nelle tesi, si assiste dunque a un divergere delle immagini: da un lato c’è l’angelo della storia, cui non è concesso di attuare la redenzione del passato, dall’altro il Messia, che invece la realizzerà. La speranza o il desiderio non bastano: occorre il compimento dell’azione…”

(Giuseppe Zuccarino, Benjamin e l’Angelus Novus di Klee, Quaderni delle Officine, LXXXIII, Agosto 2018).
Il quadro è oggi conservato c/o il Museo d'Israele, a Gerusalemme.

Bibliografia minima:

  • Walter Benjamin, Angelus Novus, Einaudi, 2014.
  • Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, 2000.
  • Walter Benjamin, Il concetto di critica d’arte nel Romanticismo tedesco, Mimesis, 2017.
  • Walter Benjamin, Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell'età del capitalismo avanzato, Neri Pozza, 2012.
  • Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia, Mimesis, 2012.
  • Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Milano 1978).
  • F. Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Roma 1980.
  • Walter Benjamin. Tempo, storia, linguaggio, a cura di L. Belloi, L. Lotti, Roma 1983.
  • M. Ponzi, Walter Benjamin e il moderno, Roma 1993.
  • Enzo Rutigliano, Lo sguardo dell'Angelo, Dedalo, Bari, 1981
  • Enrico Guglielminetti, Walter Benjamin: tempo, ripetizione, equivocità, Mursia, Milano 1990
  • Girolamo de Michele, Tiri mancini. Walter Benjamin nella critica italiana, Mimesis, Milano 2000
  • Hannah Arendt, Il pescatore di perle: Walter Benjamin (1892-1940), trad. Andrea Carosso, Mondadori, Milano 1993; a cura di Federico Ferrari, SE, Milano 2004
  • Giovanni Gurisatti, Costellazioni. Storia, arte e tecnica in Walter Benjamin, Quodlibet, Macerata 2010
  • Didier Alessio Contadini, Il compimento dell'umano. Saggio sul pensiero di Walter Benjamin, Mimesis, Milano, 2013
  • Giuseppe Zuccarino, Benjamin e l’Angelus Novus di Klee, Quaderni delle Officine, LXXXIII, Agosto 2018
  • Giuseppe Zuccarino, Scritti su Walter Benjamin, La Biblioteca di Rebstein.
  • Giuseppe Zuccarino, Critica e Commento, Benjamin, Foucoult, Derrida, La Biblioteca di Rebstein.
Per ulteriori indicazioni si rinvia a:
  • R. Gavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana, Firenze 1982.
  • M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Palermo 1984.



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NOTIZIE BIOBIBLIOGRAFICHE
Donato Di Poce, ama definirsi autoironicamente, “un ex poeta che gioca a scacchi per spaventare i critici”. Nato a Sora - FR - nel 1958, residente dal 1982 a Milano. Poeta, Critico d’Arte, Scrittore di Poesismi, Fotografo, Studioso del Rinascimento e dell’Architettura Contemporanea. Artista poliedrico, innovativo ed ironico, dotato di grande umanità, e CreAttività. Ha al suo attivo oltre 45 libri pubblicati (tradotti anche in Inglese, Arabo, Rumeno, Esperanto e Spagnolo), 20 ebook e 40 libri d’arte Pulcinoelefante. Dal 1998 è teorico, promotore e collezionista di Taccuini d’Artista. Ha realizzato ©L’Archivio Internazionale di TACCUINI D’ARTISTA e Poetry Box di Donato Di Poce, progetto espositivo itinerante.
E’ direttore della collana Internazionale di aforismi “Dissensi” per conto della casa editrice I Quaderni del Bardo di Lecce.
Ha pubblicato i seguenti libri di Aforismi/Poesismi:
  • Depensamenti, Eretica Edizioni, Salerno, 2024
  • Nubes de Tinta, Libros del FRESNO, Mexico, 2023
  • Sulle tracce della poesia, I Quaderni del Bardo, Lecce, 2023
  • Denigrammi, Edizioni del Girasole, Ravenna, 2023
  • Una virgola per pensare, I Quaderni del Bardo, Lecce, 2022
  • Silenzi Scritti, I Quaderni del Bardo, Lecce, 2020
  • Poesismi Cosmoteandrici, I Quaderni del Bardo, Lecce, 2018
  • Suture, Corbu Edizioni, Lissone, 2018
  • Lampi di leggerezza, Acquaviva Ed. Acquaviva delle Fonti, 2017
  • Scintille di CreAttività, CFR Edizioni, Sondrio, 2012
  • Poesismi, Onirica Edizioni, Milano, 2012
  • Nuvole d’Inchiostro, Lietocollelibri, Como, 2009
  • Taccuino Zen, I Frutti dell’Albero Edizioni, Milano, 2003
  • Aforismi Satanici, Lietocollelibri, Como, 2000
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