(Redazione) - Specchi e labirinti - 37 - Suggestioni di settembre in Angela Caccia

 
di Paola Deplano

Comincio a scrivere questo pezzo nel mese d’agosto, so che uscirà ad ottobre. In mezzo c’è il delizioso, malinconico settembre. Il mese in cui il suono dello Shofar c’insegna che ricomincia un ciclo, il mese che ha ispirato a D’Annunzio una poesia che poco lo rappresenta, ma che molto è presente nelle antologie, il mese di una canzone che mi ricorda la giovinezza: September Morn.
In questo agosto che non è ancora settembre, ma in montagna già lo si avverte strisciare, riesco finalmente a leggere Di lentissimo azzurro di Angela Caccia (Campanotto Editore, 2024). E settembre me lo trovo davanti in alcune delle sue liriche, che più sotto mi piacerà trascrivere, per condividerle con voi.
Non che il settembre sia il fulcro poetico dell’autrice, intendiamoci. Ci sono anche altri mesi, altre stagioni, altre ispirazioni, dalla la tragedia di Cutro alla perdita di persone care, dall’ombra ambigua di Penelope a quella saggia e discreta di Pitagora, dal sogno d’amore alla riflessione quasi ossessiva sulla poesia. Ma è del settembre che mi piace parlare adesso, in questo agosto in montagna che scivola già, inesorabile, verso il mese prossimo – quella foglia gialla sopra il mio capo è pronta a volar via, come quelle di Mimnermo, come quelle di Ungaretti.
Ecco quindi tre istantanee del personale settembre di Angela Caccia, tratte da Di lentissimo azzurro. Per colpa mia le leggerete quando settembre sarà morto.

Una folata scosse il leccio
modulò la voce del vento a un ciarlare concitato
involò lo sciame di ingiallito che brillò per un istante
poi s’accucciò in letargo

settembre
terra di mezzo e d’ancoraggio
il sole indugia
le nuvole
s’apprestano a danzare lampo e ruggito

(ogni inizio autunno è un po’ come la neve
cade prima nelle orecchie)

***
Da dove vieni? dove sei stata?
Colava il sole sui ciliegi e tu eri l’estate più speziata.

Lo specchio di oggi
come un paesaggio marino a settembre
suoni minimi grigio versi
onde a passi misurati
qualche ricordo cade muto
dal becco di gabbiani
ed io – che sono tutto il rumore che resta –
stendo il rossetto ad occhi chiusi

***
Non ti servono tutte le vocali
che la poesia è pane leggero
- rosa
sosta in due sillabe di bellezza
resa indiscussa di primavere
ad estati
e a settembre
è nostalgia di entrambe – poterne
riprenderne i lembi
ripiegarla come pregiata seta…
Restiamo comunque grati
all’abitudine del tempo che sposta
al sole il canto degli uccelli

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