(Redazione) - Anfratti - 07 - La fame ti sopravvive
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Di Alessandra Brisotto |
Articolo 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
La mia casa è la Costituzione, la mia Costituzione.
La sovranità nella mia casa appartiene a
me, da quando te ne sei andata. In due
eravamo popolo, ora sono persona e,
come tale, non ha diritto alla sovranità.
Chi prenderà ora le decisioni? Chi
governerà le diverse regioni interne,
la cucina, il bagno, il salotto, me?
Articolo 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Ti ringrazio, articolo 2 dei principi
fondamentali della Costituzione italiana,
per avermi tratto in salvo, garantendomi i diritti inviolabili, sia
come uomo, che
come singolo. Mi sento quasi un disco di
vinile, un singolo venduto solo da una
parte e dall’altra una specie di
riempimento occasionale che suona pure male.
Siedo sul divano,
tra la Costituzione
Italiana e l’Eneide.
Musa, ricordami le cause, per l'offesa
di quale volere divino
o rammaricandosi di che cosa la
o rammaricandosi di che cosa la
regina degli dei spinse
un uomo noto per devozione ad aggirarsi
un uomo noto per devozione ad aggirarsi
tra tanti eventi,
ad affrontare tanti affanni. Così
profonda (è) forse l'ira negli
animi celesti?
(Virg. Aen. I 8-11)
Da un lato la sofferenza, la lotta e la morte, dall’altro il rifugio, i diritti, la persona al centro, che sono io. Il singolo. Single. Sing. Sì. Ssssssss…
Devo controllare questi scivolamenti paranoici. Mi preparo una minestra devozionale, non esattamente per placare l’ira negli animi celesti, ma nel mio stomaco.
La fame ti sopravvive.
La minestra no.
Uso il brodo di dado. Le verdure sono già incastonate nella polvere gialla insieme al gusto e ai ricordi di quand’ero bambino e stavo male, a letto, con la nausea e la tazza di brodino caldo sul comodino.
Poi sono stato di nuovo male, così male che non potevo quasi ingoiare nulla, nemmeno l’aria salata del lungomare, quella frizzante e oleosa alla fine del Molo Audace, tra le pietre e il cielo, le nostre pietre e il nostro cielo.
Anche le zanzare mi hanno abbandonato. Non ci sono più. La notte chiudo gli occhi ed attendo il ronzio pruriginoso. Nulla. Nemmeno una minuscola zanzara o un moscerino. Tutti gli insetti sono volati via con te. Eri tu ad attrarli? Osservo la tua foto sul comò. Sorridi e guardi in una direzione conosciuta solo a te. Lo sguardo perso tra i tuoi occhi e l’obiettivo si è accasciato troppo presto al suolo, prima di raggiungere i miei occhi che ti aspettavano ancora una volta.
Dove sono finite le zanzare? Mi mancano. Questo silenzio di feltro mi mette i brividi. Vorrei urlare alla finestra.
Improvvisamente percepisco un doloretto al gomito sinistro, una puntura di zanzara? Mi devo grattare. Accendo la luce. È lì, quella maledetta. La poesia se ne va con lei, appiccicata a un’anta dell’armadio.
Non mi manca più.
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