(Redazione) - Amerinda - 04 - La guerra? Non finisce mai (Poesia argentina e Malvinas: Un’antologia 1833 – 2022 - Parte Prima)

 
di Antonio Nazzaro






A mo’ di prefazione: viviamo tempi funesti dove la storia e la memoria sembrano non esistere. Molti difendono una guerra condannano un’altra. Pensano che morire da un lato sia differente che morire da un altro lato. Si parla di solidarietà ma non si condanna la violenza nella sua totalità, anzi, oramai viene accettata come elemento o strumento del fare politica, non importa se in uno stato democratico o dittatoriale. Siamo quasi al delirio di “bombe buone e bombe cattive”.
La poesia argentina sulla storia e guerra delle Malvinas può e deve essere, in questo momento, una riflessione profonda sul presente.
È da molto tempo che cerco di scrivere un articolo sulla poesia argentina e le Malvinas; inoltre ho tra le mani un bellissimo libro: Poesía argentina y Malvinas: Una antología (1833-2022), Ediciones de la FaHCE, 2022.
Ma non so perché, ogni volta che mi metto a scrivere, la prima frase che mi viene in mente è questa: la poesia più bella sulle Malvinas non è scritta con le parole, ma è quell'incredibile secondo gol di Diego Armando Maradona contro l'Inghilterra ai mondiali del Messico nel 1986. Una poesia, quella di Maradona che era ed è un monito contro il colonialismo, la dittatura argentina, l’oligarchia che l’ha sostenuta e la violenza.
Il rapporto con questo libro curato dal professore Enrique Foffani (1) e dalla professoressa Victoria Torres (2) ha una storia in qualche modo poetica.
Camminavo per Buenos Aires nel 2023 e tenevo tra le mani questa antologia quando ho deciso di prendere un taxi per arrivare a casa. Al salire il taxista nota il libro e mi racconta la sua partecipazione nella guerra delle Malvinas. Sulla costa faceva parte di un gruppo di soldati il cui compito era evitare un possibile sbarco degli inglesi.
Una notte, due gommoni dell’esercito inglese cercarono di sbarcare, ma i cannoni argentini riuscirono ad evitare “l’invasione”. Anche se può sembrare strano, il taxista-combattente-reduce non mi sottolineava non era l’atto della difesa del paese, ma il fatto che da anni cercava di far riconoscere allo stato argentino la sua partecipazione al conflitto e di ricevere quindi la pensione di guerra.
L’ultimo massacro da parte della dittatura argentina di un’intera generazione di giovani è stata proprio la guerra delle Malvinas. Non solo furono mandati a farsi trucidare, ma vennero poi rimpatriati di notte, minacciati di non dire mai cosa avevano vissuto, come se fossero i colpevoli della sconfitta, e cancellati da qualsiasi archivio militare e civile. Credo che questi fatti in qualche modo possano far capire l’importanza di questa antologia uscita nel 2022 a quarant’anni della guerra.

Leggiamo nelle prime righe della prefazione:
(…) Questa antologia poetica riconosce in tale ricorrenza un segno della memoria e in essa una ferita incurabile: quella dei soldati caduti sul campo di battaglia e poi, durante il ritorno a casa, gettati in quell'altra lotta senza quartiere contro le innumerevoli conseguenze che molti non sono riusciti a superare. Parafrasando Clausewitz quando afferma che la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, per molti combattenti che hanno combattuto in una guerra così asimmetrica come quella delle Falkland, la continuazione della guerra ha significato entrare in un'altra guerra, impensata, alla quale hanno ceduto più della metà di coloro che sono tornati vivi e hanno scelto il suicidio, forse il modo più brutale e doloroso per testimoniare il trauma dell'esperienza vissuta. (…)
Questa antologia della poesia argentina e le Malvinas non fa riferimento soltanto agli anni della guerra del 1982 ma: (…) inizia nel 1833 perché quella è la data della prima poesia trovata che fa riferimento alle Malvinas, in particolare all'atto di usurpazione britannica delle isole. Un inizio involontario e allo stesso tempo rivelatore perché, come ogni poesia, si inserisce in un processo di enunciazione che mette in luce un'identità e un immaginario. (…)
La prima poesia, di un autore anonimo, scritta sull’occupazione inglese delle Malvinas, appare diciotto giorni dopo l’accaduto nella “La Gaceta Mercantil” di Buenos Aires il 21 gennaio del 1833.

Malvinas e gli inglesi

È questo il grande monarca, il cui impero
si estende dal Tamigi al Gance,
Dal Bengala al lontano Canada? È
questo il Parlamento sovrano, La cui
giustizia l’universo ammira?
Questo l’altero popolo, che si vanta
Di maggiore libertà, di maggiore cultura?
È questa infine, la superba macchina,
Chiamata Gran Bretagna? Ma come Ha potuto
Macchiare il suo vessillo con una bassa
E atroce pirateria? Si: i valorosi
Di Abukir, Trafalgar e Navarrino,
Quelli che nella scuola del terribile Nelson
Hanno fatto la loro carriera, oggi esercitano
La loro perizia e coraggio su coloni
Pacifici, inermi -. Oramai non aspettano che
la luce gli mostri il nemico;
Di notte, occultamente, seguono
Di Venacourt e di Duncan le orme:
- La sorpresa, la forza è il diritto
che esercitano contro il debole: - nulla importano
La pace, la lealtà, la fe dovuta
tra nazioni colte – “Ho bisogno
Disse Guglielmo, di dominare le Isole
Chiavi del grande Oceano: Ho la forza,
La Repubblica no: non c'è altro diritto,
altra fede che consultare. “In un momento
L’attentato orrendo si consuma;
Si butta a terra il vessillo sacro
Di una nazione a mica, e si issa Il
colore rosso, palladio del crimine.
Il colore che prestò perfido asilo
All’uomo del Destino, il gran Colosso
Che fece tremare Pitt; e che, fiducioso
nella fallace lealtà inglese,
Si consegnò come grande, al suo nemico,
Perché il suo nemico, come un codardo,
Lo incatenasse alla mortale rupe.
Oltraggioso colore! Questa bandiera
Proteggerà altri crimini -. Malvinas non è
l’ultimo teatro. – Ah, Nuovo Mondo!
La tua libertà vacilla: - il leopardo
Divora e non si sazia -. Apri gli occhi,
Prepara le armi e rinnova Di
Whitelocke e Beresford i tempi.

*
Malvinas y los ingleses

¿Es ése el gran monarca, cuyo imperio
se extiende desde el Támesis al Ganges,
Desde Bengala al Canadá remoto? ¿Es
ése el Parlamento Soberano, Cuya
justicia el universo admira?
¿Ese el altivo pueblo, que blasona De
mayor libertad, de más cultura?
¿Es ésa, en fin, la máquina soberbia,
Llamada Gran Bretaña? ¡Y qué! ¿Ha podido
Manchar su pabellón con una baja
Y atroz piratería? Sí: los bravos
De Aboukir, Trafalgar y Navarino,
Los que en la escuela del terrible Nelson
Hicieron su carrera, hoy ejercitan
Su pericia y valor sobre colonos
Pacíficos, inermes–. Ni ya esperan A
que la luz les muestre al enemigo;
De noche, ocultamente, van siguiendo
De Venancourt y de Duncan las huellas:
–La sorpresa, la fuerza es el derecho
Que emplean contra el débil: –nada importan
La paz, la lealtad, la fe debida
Entre naciones cultas– “Necesito,
Dijo Guillermo, dominar las Islas
Llaves del gran Océano: Tengo fuerza,
La República no: –no hay más derecho
Más fe que consultar. “–En el instante
El atentado horrendo se consuma;
Se echa por tierra el pabellón sagrado
De una nación amiga, y se enarbola El
color rojo, paladión del crimen.
El color que prestó pérfido asilo Al
hombre del Destino, el gran Coloso
Que hizo temblar a Pitt; y que, fiado
En la mentida lealtad inglesa,
Se entregó como grande, a su enemigo,
Para que su enemigo, cual cobarde,
Le encadenase en el mortal peñasco.
¡Afrentoso color! Esa bandera
Protegerá otros crímenes–. Malvinas No es
el último teatro. – ¡Ah Nuevo Mundo!
Tu libertad vacila: –el leopardo
Devora y no se sacia–. Abre los ojos,
Apercibe los brazos; y renueva De
Whitelocke y Beresford los tiempos.

Il fatto che la prima poesia, datata 1833, abbia la particolarità di essere anonima, ovvero di presentare una soggettività velata da riferimenti in un contesto politico come quello dell'usurpazione delle isole, acquista significato preciso: la questione delle Malvinas appare fin dall'inizio come un tema complesso.

Il criterio che guida la nostra raccolta è quello di selezionare autori e autrici che siano il più possibile rappresentativi dei temi, dei motivi e dei toni che la poesia sulle Malvinas ha suscitato nel corso del tempo. (…) Da questo punto di vista, la decisione è stata quella di includere artisti che avessero un'opera poetica solida e una lucida consapevolezza delle prerogative formali del genere che, come ogni arte, ha le sue regole e le sue leggi. Sotto questo aspetto, la selezione ha contrappeso la scrittura di poesie sulle Malvinas con la carriera del poeta e le sue esperienze creative con il genere, anche se, e proprio per questo, quella che chiamiamo “poesia di circostanza” non è concepita da noi come una decisione eccentrica e isolata, ma, al contrario, come la conferma non solo del talento ma anche del mestiere dei poeti e delle poetesse di questa selezione.

Sono ovviamente differenti gli stili e le poetiche che riempiono la antologia. In questa prima parte del viaggio alle Malvinas poetiche, dopo la prima poesia che ha dato inizio a questa attraversata, presentiamo di seguito i versi di un grande della poesia argentina e universale: Jorge Luis Borges che da sempre è stato un rappresentante del nazionalismo argentino.

Jorge Luis Borges* poesía del 1982
Juan Lopez e John Ward

Gli è toccata in sorte un’epoca strana.
Il pianeta era stato parcellizzato in diversi paesi, ognuno provvisto di
lealtà, di amate memorie, di un passato senza dubbio
eroico, di diritti, di offese, di una mitologia peculiare, di
padri della patria di bronzo, di anniversari, di demagoghi e di
simboli. Quella divisone, cara ai cartografi, auspicava le guerre.
López era nato nella città vicino al fiume immobile; Ward, nella
periferia della città dove aveva camminato Fater Brown. Aveva
studiato il castigliano per leggere il Don Chisciotte.
L’altro professava l’amore per Conrad, che gli era stato rivelato in
una aula di via Viamonte.
Sarebbero stati amici, ma si videro una sola volta faccia a faccia, in delle
isole troppo famose, e ognuno dei due fu Caino, ognuno, Abele.
Li hanno seppelliti insieme. La neve e la corruzione li conoscono.
Il fatto che relato è passato in un tempo che non possiamo capire.

Milonga del Morto

L’ho sognato in questa casa
tra le pareti e le porte. Dio
permette agli uomini
di sognare cose che sono vere.
L’ho sognato in alto mare
in alcune isole glaciali.
L'ho sognato al largo,
su alcune isole glaciali.
Che il resto lo raccontino
la tomba e gli ospedali.

Una delle tante province
dell’interno è stata la loro terra. (Non è
conveniente che si sappia che
muore gente nella guerra.)

Li hanno fatti uscire dalla caserma, gli
hanno messo nelle mani le
armi e li hanno mandati a
morire con i loro fratelli.

Si operò con grande prudenza,
si parlò in modo prolisso.
Gli consegnarono allo stesso tempo
il fucile e il crocifisso.

Ascoltò le vane arringhe degli
inutili generali. Vide quello
che mai aveva visto, il sangue
sugli arenili.

Ascoltò urla di gioia e urla di dolore ascoltò,
ascoltò il clamore della
gente. Lui soltanto voleva
sapere se era o non era
coraggioso.

Lo seppe in quel momento
quando lo penetrava la ferita.
Si disse Non ho avuto paura
quando l’ha lasciato la vita.
La sua morte fu una segreta
vittoria. Nessuno si sorprenda
che mi dia invidia e pena
il destino di quell’uomo.

*
JUAN LÓPEZ Y JOHN WARD

Les tocó en suerte una época extraña.
El planeta había sido parcelado en diversos países, cada uno provisto de lealtades, de queridas memorias, de un pasado sin duda heroico, de derechos, de agravios, de una mitología peculiar, de próceres de bronce, de aniversarios, de demagogos y de símbolos. Esa división, cara a los cartógrafos, auspiciaba las guerras.
López había nacido en la ciudad junto al río inmóvil; Ward, en las afueras de la ciudad por la que caminó Father Brown. Había estudiado castellano para leer el Quijote.
El otro profesaba el amor de Conrad, que le había sido revelado en una aula de la calle Viamonte.
Hubieran sido amigos, pero se vieron una sola vez cara a cara, en unas islas demasiado famosas, y cada uno de los dos fue Caín, y cada uno, Abel.
Los enterraron juntos. La nieve y la corrupción los conocen.
El hecho que refiero pasó en un tiempo que no podemos entender.

Milonga del muerto

Lo he soñado en esta casa
entre paredes y puertas. Dios les permite a 
los hombres soñar cosas que son ciertas.
Lo he soñado mar afuera en unas islas 
glaciales. Que nos digan lo demás la 
tumba y los hospitales.

Una de tantas provincias del interior fue su 
tierra. (No conviene que se sepa que muere 
gente en la guerra.)

Lo sacaron del cuartel, le pusieron en 
las manos las armas y lo mandaron a 
morir con sus hermanos.

Se obró con suma prudencia, se habló de 
un modo prolijo. Les entregaron a un 
tiempo el rifle y el crucifijo.

Oyó las vanas arengas de los vanos 
generales. Vio lo que nunca había visto, la 
sangre en los arenales.

Oyó vivas y oyó mueras, oyó el clamor 
de la gente. Él sólo quería saber 
si era o si no era valiente.

Lo supo en aquel momento en que le 
entraba la herida. Se dijo No tuve miedo 
cuando lo dejó la vida.
Su muerte fue una secreta
victoria. Nadie se asombre
de que me dé envidia y pena
el destino de aquel hombre.

Nella poesia nazionale o nazionalista del corpus, l'eroe viene monumentalizzato in un'epopea di eroismo e diventa un personaggio illustre o diviene folkloristico trasformandosi in un difensore della sovranità. Nelle forme poetiche è evidente l'aretè della cultura militare dell'antica Grecia che Borges traduce, nella lingua degli argentini, come il culto del coraggio. Un intero percorso secolare per un ideale eroico senza pari, in cui Borges, come chiaramente evidenziato nella sua “Milonga del morto”, articola il XIX secolo e lo porta nel XX in un'operazione poetica che instaura ciò che del genere poetico persiste nei toni e nelle sfumature: una patria che si ottiene per filiazione paterna e che non può esistere senza il coraggio o l'audacia come virtus.

Diversa la voce di chi è stato sul campo di battaglia, chi ha visto la morte circondarlo, abbracciarlo. Leggiamo di seguito due poesie di Gustavo Caso Rosendi:

Patria

Non volevo il tuo sorriso né il tuo pianto
e in realtà ti immaginavo come
una donnola allevando piccoli morti
nella sua borsa Ma nella Solitudine ti
ho visto e ho preso la tua mano
ed eri bella come la luce del dolore
Casette di lamiera uscivano da te
jacarande con le occhiaie sfilacciature di fiori
di tabebuia angioletti mendicanti uscivano
da te tordi feriti e con nei becchi
bandiere di gelsomini e lavanda Ti ho visto e
eri bella e tremavi ombre di
bambini uscivano da te correndo verso un
androne buio e vecchio

*
Patria

Yo no quería tu sonrisa ni tu llanto
y en verdad te imaginaba como
una comadreja criando muertitos
en su bolsa Pero en la Soledad te
vi te vi y tomé tu mano
y estabas bella como la luz del dolor
Casitas de chapa salían de vos
jacarandaes ojerosos hilachas de flores
de lapacho angelitos pordioseros salían
de vos zorzales lastimados y en los picos
banderas de jazmines y lavandas Te vi y
estabas bella y temblabas sombras de
niños salían de vos corriendo hacia un
zaguán oscuro y viejo

**

Quando cadde il soldato Vojkovic
smise di vivere il papà di Vojkovic e la
mamma di Vojkovic e la sorella
Anche la fidanzata che tesseva e disfaceva
desolazioni di lana e i figli che
non ebbero mai Gli zii i nonni i cugini, i cugini
in seconda e il cognato e i nipoti
a cui Vojkovic regalava
cioccolato e alcuni vicini e i
pochi amici di Vojkovic e Colita
il cane e un compagno delle
elementari che Vojkovic temeva
dimenticato e persino il magazziniere a
chi Vojkovic comprava l’erba
quando era di guardia.

Quando cadde il soldato Vojkovic caddero
tutte le foglie dell’isolato tutti i
passeri tutte le persiane

*

Cuando cayó el soldado Vojkovic
dejó de vivir el papá de Vojkovic y la
mamá de Vojkovic y la hermana
También la novia que tejía y destejía
desolaciones de lana y los hijos que
nunca llegaron a tener Los tíos los
abuelos los primos los primos
segundos y el cuñado y los sobrinos
a los que Vojkovic regalaba
chocolates y algunos vecinos y unos
pocos amigos de Vojkovic y Colita el
perro y un compañero de la
primaria que Vojkovic tenía medio
olvidado y hasta el almacenero a
quien Vojkovic le compraba la yerba
cuando estaba de guardia

Cuando cayó el soldado Vojkovic cayeron
todas las hojas de la cuadra todos los
gorriones todas las persianas

L’amore patrio persiste nella poesia di Rosendi, ma nell’esprimerlo il tono è totalmente differente da quello di Borges. Si potrebbe dire che l’eroismo, per chi ha vissuto la guerra sulla sua pelle, non restituisce una patria che può nella morte dare invidia e pena, ma un “madre” da cui i bambini uscivano da te correndo verso un androne buio e vecchio. Una patria “bella di dolore”, dove la presenza della morte segna per sempre i suoi confini.
Nella seconda poesia, Quando cadde il soldato Vojkovic, la morte diventa una perdita infinita che attraversa presente e futuro dove chi muore fa morire un mondo reale e uno possibile. La morte è un buco nella storia che nulla può colmare.
Tra le voci della guerra ci sono anche quelle di chi ha avuto la sorte di non trovarsi direttamente coinvolto nella battaglia pur vivendo la guerra. Una situazione strana in cui si percepisce quasi un senso di colpa e allo stesso tempo la paura di poter finire in una trincera a combattere. Una doppia battaglia quella combattuta fuori e una interna che vive in un equilibrio tra una tragedia e un dramma, nell’ironia di una guerra così dissimmetrica tra i contendenti.

Un metro di neve
(Poesia di Daniel Calabrese)

Le isole erano come due macchie di umidità
e io un ragazzo appena finita la scuola.

Mi diedero un fucile vecchio che sparava
da qualsiasi parte. I nemici sono
ovunque, diceva il tenente
prendendosi gioco della mia mira. Sempre
avrei colpito il bersaglio.

Sull'ombra della schiena mi hanno appeso
un apparecchio radio più pesante del
primo dei corpi.

Il freddo toglieva alle mani il campo sensoriale.
Allora avevo qualche povera nozione
intorno alla neve:
non la conoscevo nelle poesie di William Carlos William, ancor meno
in quelle di Artur Lundkvist.

Quel mattino bisognava uscire dalle tende
mettersi sui camion e uscire dai
camion e mettersi su un aereo, e uscire
dall’aereo e mettersi nelle trincere, e uscire
dalle trincere ma un metro lo impedì.

Quel mattino mi sono svegliato dentro del
bianco dell’occhio, dove scorreva un fiume di
ladri come un fulmine cieco
appropiandosi di tutto.

Mi sono svegliato dentro la luce che si
divorava i ponti, le tende, i
camion, l’Aereo, l’interpretazione dei
differenti, la teoria dello sviluppo
morale, le trincere.

Ho attraversato il fiume dei ladri e mi sono svegliato sull’altra
sponda, una sponda dove nessuno s’affoga
perché il nulla è un luogo dove oramai non
respirano i vivi.

Le isole erano come due macchie
che mai mi hanno lasciato vedere.

*

Un metro de nieve

Las islas eran como dos manchas de humedad y yo un chico 
recién salido de la escuela.

Me dieron un fusil viejo que tiraba hacia cualquier 
parte. Enemigos hay en todos lados, decía el 
teniente burlándose de mi puntería. 
Siempre iba a dar en el blanco.

En la sombra de la espalda me colgaron un aparato de 
radio más pesado que el primero de los cuerpos.

El frío me sacaba las manos del campo sensorial.
Yo tenía por entonces algunas pobres referencias acerca de la 
nieve: no la conocía en los poemas de 
William Carlos Williams, menos en los de Artur Lundkvist.

Aquella mañana había que salir de las carpas y meterse en 
los camiones, y salir de los camiones y meterse en un avión, 
y salir del avión y meterse en las 
trincheras, y salir de las trincheras pero un metro de nieve lo impidió.

Aquella mañana desperté adentro del blanco del ojo, 
donde pasaba un río de ladrones como un rayo ciego 
apoderándose de todo.

Desperté adentro de la luz que se devoraba los 
puentes, las carpas, los camiones, el avión, la 
interpretación de los diferentes, la teoría del 
desarrollo moral, las trincheras.

Crucé el río de ladrones y desperté en la otra 
orilla, una orilla donde nadie se ahoga porque la nada es un lugar 
donde ya no respiran ni los vivos.

Las islas eran como dos manchas
que nunca me dejaron ver.

La poesia è tale quando è partecipe della Storia. Questo articolo è una parte della lettura di questa antologia; infatti, presenteremo altre due letture: una dedicata alla poesia delle donne, e un'altra basata sugli stili poetici differenti che la compongono. Per chiudere è importante, credo, tenere a mente quello che ci segnalano i curatori sulla sua composizione:
Come risultato delle nostre ricerche, sono 19 i libri dedicati esclusivamente alle Malvinas scritti nel corso del XX secolo e nei primi due decenni del XXI secolo. In questo contesto, va sottolineato che prima della guerra c'erano 6 libri e dal 1982 ad oggi ne sono stati scritti 13 negli ultimi quarant'anni. Ciò conferma ancora una volta l'importanza che la questione delle Malvinas ha acquisito a partire dal conflitto bellico, il che non è un dato trascurabile ai fini della stesura di una storia della poesia argentina che abbia come oggetto questo tema. Per la prima volta in un unico volume vengono presentati i 13 libri scritti nel corso di questi decenni, il che significa che, data la natura barocca di ogni antologia, la nostra non può che essere una mise en abyme: si tratta di rendere ogni raccolta di poesie un'antologia il più esaustiva possibile, in modo da poter intravedere la poetica dei suoi autori.

Sarebbe bello immaginare, in questi tempi guerraioli, una casa editrice italiana disposta a pubblicare una versione ridotta di questa antologia. Curatori e traduttore sono disponibili.
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BIOGRAFIE dei poeti

JORGE LUIS BORGES (Buenos Aires, 1899 – Ginevra, 1986)
Poeta, narratore, saggista, traduttore, critico letterario e professore, è una figura imprescindibile della letteratura argentina. Le sue opere sono state tradotte in numerose lingue. È stato professore di letteratura inglese all'Università di Buenos Aires, presidente della Società Argentina degli Scrittori, membro dell'Accademia Argentina delle Lettere e direttore della Biblioteca Nazionale. Tra le sue opere poetiche si annoverano: Fervor de Buenos Aires (1923), Luna de enfrente (1925), Cuaderno San Martín (1929), El hacedor (1960), El otro, el mismo (1964), Para las seis cuerdas (1965), Elogio de la sombra (1969), El oro de los tigres (1972), La rosa profunda (1975), La moneda de hierro (1976), Historia de la noche (1977), La cifra (1981) e Los conjurados (1985). È stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Formentor nel 1961, il Premio Alfonso Reyes nel 1973, il Premio Cervantes nel 1980 e il Premio Konex de Brillante nel 1984.
GUSTAVO CASO ROSENDI (Esquel, Chubut, 1962)
Poeta che risiede a La Plata. Le sue opere poetiche includono: Elegía común (1987), Bufón fúnebre (1995), Soldados (2009), Lucía sin luz (2016) e Todos podemos ser Raymond Carver (2018). Le sue poesie sono inoltre presenti in antologie come El viento también recuerda, dedicata agli ex combattenti delle Malvinas (1996), 8 Poetas Regionales (1997), Poesía 36 autores (1999) e Naranjos de fascinante música (2003). Ha ricevuto diversi premi, tra cui la Faja de Honor della Sociedad de Escritores de la Provincia de Buenos Aires (1985-1986), il primo premio del Concurso Edelap de Poesía (1997) e il Premio ACCÉSIT (1997). È stato dichiarato cittadino illustre della città di La Plata per la sua partecipazione come soldato alla guerra delle Malvinas. 
DANIEL CALABRESE (Dolores, Buenos Aires, 1962)
Poeta che ha fondato e dirige Ærea, Rivista Iberoamericana di Poesia. È membro del Consiglio Internazionale della Fondazione Vicente Huidobro. Le sue poesie sono state pubblicate in libri e antologie in più di dieci paesi, e parte della sua opera è stata tradotta in italiano, inglese, francese, portoghese, bulgaro, cinese e giapponese. Tra le sue opere poetiche principali: La faz errante (1990), Futura ceniza (1994), Escritura en un ladrillo (1996), Singladuras (1997), Oxidario (2001), Ruta Dos (2013) e Compás de espera (2022). Ha vinto il Premio Alfonsina nel 1990, il Premio del Fondo Nacional de las Artes nel 2001 e il Premio Revista de Libros in Cile nel 2013.

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BIOGRAFIE dei curatori
ENRIQUE FOFFANI
Professore di Lettere presso l'Università Nazionale di La Plata. Ha conseguito un Dottorato in Lettere presso l'Università di Buenos Aires e un Post-Dottorato presso l'Università Nazionale di Rosario. È Professore Titolare di Letteratura Latinoamericana del XX e XXI secolo presso l'Università Nazionale di La Plata e Professore Associato della stessa materia presso l'Università di Buenos Aires. Ha pubblicato numerosi articoli e saggi in patria e all'estero, specializzandosi nella letteratura latinoamericana. È membro del Comitato Scientifico e di Ricerca dell'Istituto di Ricerca in Scienze Umane e Sociali (IdIHCS-CONICET/ UNLP) e Direttore del Progetto Letteratura e Secolarizzazione in America Latina. Come professore ospite, ha tenuto seminari di Letteratura Latinoamericana in Messico, Perù, Colombia, Uruguay, Stati Uniti, Germania, Francia e Spagna. Dirige la casa editrice Katatay, dedicata alla pubblicazione di opere di critica sulla letteratura latinoamericana. Nel 2020 ha vinto il Premio Alfredo Roggiano per il miglior libro di critica letteraria latinoamericana 2018-2019, con Vallejo y el dinero. Formas de subjetividad en la poesía (Lima, editorial Cátedra Vallejo, 2018). 
VICTORIA TORRES
Professoressa di Lettere presso l'Università Nazionale di La Plata. Ha insegnato presso le Università di Bonn, Colonia e Wuppertal, in Germania, ed è attualmente docente titolare presso il Seminario di Romanistica dell'Università di Colonia. È specializzata nelle rappresentazioni letterarie delle guerre, in particolare del conflitto nell'Atlantico meridionale. Ha scritto diversi articoli sull'argomento, tra cui: Muerte y Malvinas en la argentina pichiciega de la dictadura militar (2016), Más cerca de cañón que del canon: Las primeras ficciones de la guerra de Malvinas (2016) e Memoria per il futuro: gli ex combattenti delle Malvinas nella letteratura per l'infanzia e la gioventù (2017). Ha curato e scritto la prefazione, insieme a Miguel Dalmaroni, di Golpes. Racconti e memorie della dittatura (2016) e, più recentemente, di La guerra meno pensata. Racconti e memorie delle Malvinas (2022).
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