Seleno e Dioniso - Statua Romana II sec D.C. Dedicata al sommo poeta Ronnie Someck “Cum dederit dilectis suis somnum, Ecce haereditas Domini, filii: Merces, fructus ventris, Fructus ventris. Cum dederit dilectis suis somnum, Ecce haereditas Domini, filii: Merces, fructus ventris, Fructus ventris” Inizia sempre con una nota tenuta, una corda tesa tra ventri fecondi e cieli infedeli. In mezzo il figlio, solo, mostra al dio del nascondimento i suoi inciampi come trofei di latta per il festino del creato, o gusci di noce da usare come barchette nel fiume del ricordo. Dona la sua piccolezza a un'infinita assenza. E tiene quell'unica nota nel metatarso, al primo passo; un dono sacro, al Sacro che in lui dimora; a stento. È nulla, un passo, eppure si amplifica, nell'appoggio a terra, quella nota che parte dalle iod delle sue intenzioni. “Guardami, dio celato, guarda l'inciampo di un figlio zoppo. E accogli lo strazio d'una parola balbuziente tra le ciglia del tuo crea