(Redazione) - Genere In-verso - 07 - Contro il maschio alfa. Contro l'uomo forte. Gadda contro Mussolini

 
A cura di David La Mantia

Fava impestatissimo, Priapo moscio, il Gran Correggione del Nulla, il Giuda-Maramaldo, il Priapo Tumefatto, il Sozzo nostro, il Primo Racimolatore e Fabulatore delle scemenze, il Paflagone-smargiasso, l’Appiccato Carogna, il Fava, il Predappio-Fava, il Batrace Stivaluto, il Fabulatore ed Ejettatore delle scemenze, il Grinta, il Somaro principe, il Culone in Cavallo
Sapete cosa sono questi epiteti?
Sono solo alcuni dei modi con cui Gadda chiamò Mussolini in Eros e Priapo.



Edito per la prima volta nel 1967, quest'opera fu all'inizio confusa con uno dei mille esperimenti linguistici di Gadda. In realtà l'Ingegnere voleva offrire al lettore «una veridica istoria degli aggregati umani e de’ loro appetiti, dico una storia erotica dell’uman genere e degli impulsi fagici e de’ venerei che li sospingono ad atto e alle loro sublimazioni o pseudo sublimazioni pragmatiche». 
Esplorare l’inconscio, insomma: percorrere gli oscuri cammini, specie quelli incarnati dal Duce. 
Analizzare quel Male che storici ignorano, percepire li stati erotici presenti all'io, quelli rimossi, non riconosciuti e forse neppure riconoscibili, nella certezza che nella storia, la «bagasciona», "il grande cesso", "la meretrice ubriaca", esistono "le infinite deviazioni, i ritardi, i ponti rotti, i vicoli ciechi"
In Eros e Priapo troviamo un ritratto impietoso di Mussolini, una vera iperbole del maschio italico, una sorta di Fantozzi a rovescio, «dalle ghette color tortora, che portava con la disinvoltura di un orango: dai pantaloni a righe al tight, dal tubino, ovverossia la bombetta, ai guanti bianchi del commendatore uricemico… Con que’ due grappoloni di banane delle du’ mani che non avevano mai conosciuto un lavoro: e gli pendevano giù dai fianchi senza sapere che fare, davanti il fotografo». 
E ancora: «Di colassù dal balcone i versi, i grugniti, i rutti, i sussulti priapeschi, le manate in poggiolo, e’l farnetico e lo strabuzzar d’occhi e le levate d’una tracotanza villana: lo sporgimento di quel suo prolassato e incinturato ventre, il dondolamento ad avanti-indietro, da punta a tacchi, irrigiditi i ginocchi, di quel culone sozzo, goffo e inappetibile a qualunque. Indi la reiterata esultazione di tutto l’corpo, come lo scagliasse ad alto una molla, e di tutta la sua persona asinina».
Ecco, Eros e Priapo, alla fine, diventa una invettiva colma di rimorsi e di sensi di colpa proprio per essere stato fascista, una litania di offese lunghissima e feroce, iperbolica, di centinaia di pagine — tutta su Mussolini, e su ciò che lui incarnava: il fascismo, l’Italia, l'impero. Oscena, come nella tradizione di Marziale. Incentrata su una figura isolata e orribile: quella di Mussolini. Eppure Gadda era stato un fascista vero, fervente: nell’ottobre 1922, a Buenos Aires, si era offerto per rafforzare il fascio locale; prese la tessera e più volte manifestò la propria simpatia, sebbene si trattasse di sentimento ambivalente, come la condanna del totalitarismo implicita ne La cognizione del dolore spiega benissimo.
Diventa un'autodafè.
Dove si concentra l'erotismo dissoluto, perverso, volgare nel Duce? Gadda insiste, viviseziona la sua «prolata bucca, quasi una proboscide fallica», macina parole come «la sporca e bugiarda equazione: io sono la Patria: e l’altra io sono il Pòppolo» E su questo suo gesticolare, «su quella ventosa labiale in figura d’un repentino garofolo»; sulla spropositata «incontinenza buccale», per cui sbavavano gli Italiani, si costruivano miti e fole. Da quella bocca uscivano soltanto luoghi comuni, improvvisazioni, approssimazioni, perché in quella weltanshauung erotica "la guida" indicava la via, anche nel sesso.
Il fascismo per Gadda è stata una fascinazione erotica.
Dietro quel dondolare, quella parodia di amplesso dal balcone di palazzo Venezia, c'era una moltitudine di falliti, frustrati e vagabondi: « liceali trombati..., universitari malinconici e titubanti con diciotto esami da smaltire fuori corso: o indocili perdigiorno che vivacchiavano di espedienti, agenti pubblicitari della Farfalla d’Amore, sussuranti venditori, per le strade, di fotografie gabellate per pornografiche…; distributori di stupefacenti al bicarbonato di soda, giocatori di poker professionisti, bari di provincia, maquereaux di ragazze da cento lire, biscazzeruzzi delle tre carte su l’ombrello né chiassetti reconditi, cartomanti con la tigna, tosatori dilettanti a ora persa, procacciatori di turisti e di pellegrini di terza categoria ai meublés di quinta, contrabbandieri di dadi di pollo avariati, prestatori del pene a vecchie femine remuneranti.» una folla di derelitti e perdigiorno, che forse solo Marziale ha descritto così efficacemente.
E le donne, le donne? Per Gadda sono tutte pazze di Mussolini, che le aveva ipnotizzate, ubriacate di gesti e moine, facendole credere che lui fosse « il solo genitale disponibile sulla piazza, e comunque il più eretto, il più valido, il più grosso, il più rosso».
Quando i talami delle donne italiane cigolano, dice Gadda, «tutto codesto sfruconare, e cingolare, e anfanare e sudare dipende solo dal Duce. Il predappiese era l'alfa e l'omega, il motore primo...la vis prima ed autoctona, l’empito stantufante e spermatoforo di tutta la macchina».
Mussolini fu dunque un virus, un morbo, che ha infestato l'Italia per ventitré infiniti anni. Una malattia nel senso letterale della parola, perché Mussolini era, sin da giovane, un sifilitico, come buona parte della popolazione virile italica. Il nostro, dice Gadda, aveva preso la lue «al postribolo del Mal Cantone, per manco due lire»
L'Italia nelle mani (e nelle parti basse) di un alcolista a cui bastava appoggiare il naso al bicchiere per sentirsi libero da ogni responsabilità. Ecco, l'Italia era diventata qualcosa di simile a quello di cui parla Malaparte ne La pelle. Un immenso corpo impestato, pronto alla saponificazione, senza più etica né morale, né dignità. Un corpo sifilitico pronto a devastare ogni valore religioso o sociale. La lue divenuta malattia morale più che fisica aveva allontanato ogni valore, micronizzato ogni pulsione morale. "Gli itagliani", per Gadda, da patrioti risorgimentali si erano trasformati in un cirrocumulo di idioti, che, con ritmi orgiastici, gridavano in un brodo di sguardi e sudori ku-cè, ku-cè, ku-cè, ku-cè ammassati a piazza Venezia. Mussolini compiva davvero un rovesciamento del pensiero dannunziano: sempre Vate, ma non cultore di vite inimitabili, di bellezza; di un popolo di dementi, di servi, di fedeli alla «bambocceria», la capacità di ragione del bambino di due anni e mezzo, che vuole una madre amorevole ed anela ad un padre forte.
Il tema di Eros e Priapo è una piccola storia universale del mondo, per tappe, quasi una fenomenologia vichiana: dal trionfo del narcisismo all’isteria delle masse alla megalomania ed alla sua dissipazione. Eppure Gadda lo dice chiaro: «Noi viviamo di passato.»
Quei ventitré anni peseranno sulle scelte di oggi e domani.
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BIBLIOGRAFIA

1 - Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo, biblioteca Adelphi, 2016
3 - Carl Gustav Jung, gli archetipi dell'inconscio collettivo, Bollati Boringhieri, 1977
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