(Redazione) - Dissolvenze - 25 - "Un amore (Allegoria dell'amor virtuoso" di Giovanni del Campo)


A cura di Arianna Bonino


Io veggio ben sì come già resplende
ne l’intelletto tuo l’etterna luce,
che, vista, sola e sempre amore accende;
e s’altra cosa vostro amor seduce,
non è se non di quella alcun vestigio,
mal conosciuto, che quivi traluce.

(Dante Alighieri - Par., vv 7-12)

Giovanni del Campo (o, se preferite, Jean Duchamps) è un uomo misterioso e lo rimarrà.
Quel poco che si sa di lui lo rende ancora più magnetico.
E, sicuramente, nascoste in qualche vecchio atelier o annoiate alle pareti di qualche corridoio ombroso, in questo momento ci sono tele sue, di cui rimarrà anonima per sempre la paternità.
Sono poche le opere che si possano attribuire senza ombra di dubbio a Giovanni del Campo.
Siamo nel Rinascimento (1600 - 1648) e del Campo, formatosi ad Anversa ed appartenente a quel gruppo di pittori fiamminghi e olandesi noti come “Bentvueghels”, si sposta in Italia, precisamente a Roma, per studiare l'opera dei contemporanei. In Italia i fiamminghi vengono a scoprire anche e soprattutto lo stile rivoluzionario di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610).
A Roma i pittori fiamminghi vivevano a contatto anche con artisti francesi e spagnoli, oltre che italiani. E - vuoi per una "divergenza prospettica", vuoi per una bevuta di troppo - gli animi erano facili a scaldarsi. Proprio come Caravaggio, del Campo non tarda a mettersi nei guai, durante il suo soggiorno romano: rissa e gioco d'azzardo gli fruttano un periodo di detenzione, oltretutto prolungato a causa del tentativo di evasione. Insomma, un tipo sanguigno e vivace.
Ma se non bastasse questo per farcelo amare, una curiosa vicenda spazza ogni eventuale resistenza. Dobbiamo tutto a John Michael Montias, collezionista e storico dell'arte (1928-2005), esperto di pittura olandese del XVI e XVII secolo e noto per i suoi studi su Vermeer.
Il destino vuole che negli anni '70 Montias fosse presso gli archivi di Delft per approfondire i suoi studi e che, nel corso delle sue ricerche, rinvenisse un documento del 1672 che descrive un meraviglioso dipinto di del Campo come segue: il ritratto di un angelo in piedi, con due ali, una pelle di pecora attorno ai fianchi ed una piccola corona d'alloro in mano.
Bellissimo, sì, ma del dipinto nessuna traccia.
Ma l'imprevedibile, puntualmente, accade: Montias nel 1979 è a New York ad assistere ad un'asta di Christie's. Non può credere ai suoi occhi, quando, a un certo punto, in asta si presenta un’opera esattamente rispondente alla descrizione della tela dell'angelo.
Montias acquista immediatamente il quadro, che finalmente ritrova la sua paternità.
Ed eccola, quindi, una delle poche tele che si possano attribuire con certezza a Giovanni del Campo.
E forse già da sola basterebbe ad amarlo: un bagliore impresso nel buio, un lampo da cui lo sguardo non riesce a distogliersi.

D'altronde, è dell’amore che stiamo parlando.

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