(Redazione) - "La casa della parola" - a proposito della raccolta di Cristina Polli "Case" (Il Convivio Editore, 2023) - Estratto dall'opera con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 

Se riuscissimo per un solo istante ad uscire dalla fascinazione che il simbolo della casa porta sempre con sé, se rifiutassimo, in un paradossale e inattuabile esercizio mentale, la natura metaforica di ogni linguaggio, specie se connesso alla poesia, se, per un solo istante, la visione di una casa non provocasse in noi richiami infiniti alle nostra infanzie, ai nostri drammi ed amori, al contenuto più che al contenitore, ai tempi più che agli spazi, allora, forse, riusciremmo a dire che una casa è un oggetto immobile, contornato da pareti, alcune delle quali portanti, con un tetto e un pavimento e delle fondamenta.
La casa, al di là delle nostre fascinazioni, è il luogo statico che accoglie - o respinge -  i nostri movimenti e mutamenti, è l'asse verticale su cui noi esercitiamo la nostra mobile orizzontalità. 

Casa sta a chi la abita, o la visita, come la parola, o il detto, sta al suo significante.
C'è un legame stretto, e non solo simbolico, tra casa e parola. Entrambe sono contenitori, luoghi di sedimentazione e turbinio in cui abitano i nostri vortici e gorghi e a cui diamo una valenza che va ben oltre la nostra capacità descrittivo.
Ecco, il punto è proprio questo, sarà sempre possibile definire una parola o descrivere una casa, ma ciò che casa e parola come archetipi rappresentano non può essere contenuto in alcune definizione.
Questo lo sa bene la cultura ebraica che unisce all'idea di casa ogni luogo di crescita spirituale, economica, psicologica e di sapienza dell'uomo.
Così, ad esempio, la scuola è Bet-Hasefer (casa del libro), la sinagoga è Bet-Hakenesset (casa dell'adunanza, ove gli ebrei si riuniscono a pregare), il Bet-Din (casa della giustizia) è il tribunale...e così via.
E questo è anche perché ogni nostro gesto, impulso, parola, motto ed emozione ha bisogno di un contenitore protettivo ove possa maturare e crescere. 
La prima lettera del racconto della genesi, d'altronde, è la seconda dello Alef-bet ebraico, ovvero la BET lettera che rappresenta, anche graficamente, una casa. 
Ogni creazione ha bisogno di un suo luogo di gestazione, ogni narrazione - soprattutto quella che riguarda la creazione stessa - ancora di più non può che cominciare in una casa, una sorta di ventre di consolidazione della neonata creatura, prima che venga espulsa nel mondo dei significanti. 
Cristina Polli, nella sua bella raccolta Case (Il Convivio ed., 2023) ci accompagna nella visita di case, che hanno in sé tutto il portato sia simbolico che a-simbolico di cui parlavo sopra. 
Le sue case sono costrutti dell'anima in cui qualcosa è sempre fisso, anche in termini linguistici, e qualcosa, proprio perché esiste un'asse statico di ancoraggio, si/ci mette in movimento.
La dinamica del poetare di Cristina Polli a nostro avviso gioca molto sulla relazione tra questi due assi cartesiani, in cui il lettore compie il suo viaggio, trovando quindi le sue esatte coordinate all'interno di ogni singola composizione. 
Il movimento della parola della poeta, all'interno della raccolta, è dunque sempre in un certo senso controllato e determinato, e mai sospeso alla diluizione del dire; al contrario si concentra sempre su delle parole chiave che invito il lettore a voler scoprire in ogni componimento
Le linee (di scrittura e contenutistiche), dicevo,  sono sempre definite e, oso dire, cristalline e il lettore si trova quindi a percorre, tappa dopo tappa, un viaggio nella conoscenza di sé attraverso i luoghi che attraversa.
Questo non può che far questionare il lettore attento su ciò che cercavo sopra di delineare, ovvero la delicatezza del rapporto creato dal binomio casa/parola.
Intento, ed esito, molto profondo questo, che dovrebbe essere percorso più spesso nella poesia contemporanea, perché dietro a quell'indagine si cela gran parte del nostro essere in rapporto con la parola e coi luoghi in cui essa germina, da una scomposta lallazione sino alle vette più alte del pensiero.
La consapevolezza che ogni nostro dire è condizionato non soltanto dal tempo in cui viene pronunciato, ma anche dal luogo in cui viene concepito e vissuto, è uno dei percorsi più ricchi e profondi che chi si approccia alla poesia (sia come scrittore che come lettore) possa fare. 
E in questo la raccolta in esame ci dona un interessante punto di vista che il lettore coglie immediatamente già dalle prime composizioni. 
Siamo dunque molto lieti di potervi donare un breve estratto da un una raccolta che merita davvero tutto io vostro colto e appassionato interesse.

Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore -  Sergio Daniele Donati

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ESTRATTO DALLA RACCOLTA

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Il discendente

Mi sia guida l'astro che discende
luna mia tradita luna stanca
che rischiari la strada dell'attesa
e vegli la ricerca quotidiana

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La quarta casa
*
Dileguati nel dolore gli orli,
della vergogna è respinta l'ombra
*
Gli dei sotterranei
invasero la casa
furono echi a schianti
e crepitii
cinsero stretti
i fili del tormento

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L'ottava casa
*
Veleno di silenzio
astio e tormento
innumerevoli
avviluppa spire
ma il morso e l'antidoto
ti attraversano i polsi
è sprone la corrente
del bene annichilito cerca traccia.

*
Ogni singolo appiglio è graffio e cura
scava echi ogni singola voce
c'è un chiarore che marca le ombre
un passaggio che ferisce la carne.

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La casa dimenticata

Nella casa dimenticata
germinammo la buio
viticci le voci
risalivano la madre
eravamo non
eravamo
immagine che non ha specchio
piega d'incompiuto.

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Traslochi

Accatastata l'ora, i gesti, il fiato
mi tiene un silenzio di rovine
io come rune
ne raccolgo i semi
benedico la mancata congruenza
la linea di una vita riannodata
la geometria inattesa.
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