(Redazione) - Dissolvenze - 21 - Di rane, di papi, d’inganni

A cura di Arianna Bonino

Chiariamo subito il fatto che qui di chiaro c'è poco e niente, o forse molto, addirittura quasi tutto, e che, alla fine, vi dirò in ogni caso chi è stato preso in giro.
Partiamo dalle informazioni, come è giusto fare sempre, anche perché ormai tempi non sospetti non ne esistono più, se mai ce ne sono davvero stati.

Le certezze che non abbiamo:
  • chi sia l'autore
  • quale sia il titolo (se c'era)
  • quale sia il significato dell'opera
  • quante copie ne esistono realmente
  • se l'originale sia davvero perduta

Le certezze che abbiamo:
  • è un olio su tavola
  • misura 53 x 65 cm
  • è stato dipinto intorno al 1480 (peraltro con un abbondante margine d'incertezza)
  • è una copia dell'originale
  • si trova attualmente al Musée Municipal, St.-Germain-en-Laye
  • è noto con il titolo "Il prestigiatore" che però gli è stato attribuito solo diverso tempo dopo la sua realizzazione
  • è attribuito a Jeronymus Bosch, ma con riserve anche in questo caso
Ora isolerò tutti gli elementi che riesco a distinguere, raggruppandoli in tre categorie: personaggi umani/animali/cose.

I personaggi umani sono undici:
  • un prestigiatore che intrattiene la folla
  • un credulone, figura (di cui non è certo il genere) che sputa rane di fronte al prestigiatore
  • un ladro (complice del prestigiatore) che sfila la borsa al credulone
  • un bambino che guarda il credulone sputa-rane
  • una suora
  • una giovane dama con cappello
  • un tizio cerca di attirare l'attenzione della dama sul furto in corso (ma lei rimane ipnotizzata dal prestigiatore)
  • quattro figure maschili variamente abbigliate, due delle quali con colori e/o fogge che richiamano ordini religiosi
Gli animali sono:
  • rane sputate dal credulone
  • un cane che indossa una cuffia da giullare
  • sul tavolo, una rana dai grandi occhi, ipnotizzata dal prestigiatore
  • un gufo che sbuca dal canestro del prestigiatore
  • un uccello dal lungo becco che si staglia contro una luna scissa, rivolto verso il cielo
Gli oggetti rimarchevoli sono:
  • un tavolo sul quale sono presenti gli strumenti del prestigiatore: bicchieri, palline, una bacchetta
  • un cerchio appoggiato al tavolo, di lato
  • una pallina nella mano tesa del prestigiatore
  • un mulinello a vento giocattolo (girandola) nelle mani del bambino
  • un sacchetto di denari del quale viene derubato il credulone
  • una grande chiave alla cintura del credulone
Alcune cose interessanti e alcune idee che ne derivano:
  • il prestigiatore e il credulone sono speculari, sia per fisionomia che per postura (complicità)
  • i colori dominati su cui è giocata la scena sono il rosso e il bianco che, quando si presentano in combinazione, evocano la follia nella tradizione iconografica fiamminga
  • la postura del credulone, così chino e proteso su un tavolo che sembra un altare, evoca quella di un agnello che sta per essere sacrificato, decapitato
  • nel libro "Proverbia Communia" (che è una raccolta del XV secolo di proverbi olandesi) si dice che “Il gufo è come la bugia, vola di notte e vuole essere segreta" e il gufo è un animale ricorrente nella pittura di Bosch
  • le rane sono associate al il diavolo e in particolare all'eresia, come da Apocalisse 16:13: "Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane: sono infatti spiriti di demoni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente". E specificamente nella tradizione fiamminga, la rana era un simbolo del bestemmiatore e, data la sua pelle glabra, era l'incarnazione della miseria. Ma non solo: la parola puit (rana) si utilizzava per denotare una persona cattiva e depravata; senza dimenticare l'espressione popolare fiamminga "inghiottire le rane", che indicava la credulità umana e l'estrema ingenuità.
  • nelle leggende fiamminghe i cani compaiono come protagonisti in una miriade di trucchi e inganni biechi e raccapriccianti e demoni dalla testa canina sono presenti anche nella "Tentazione di Sant'Antonio" di Bosch
  • l'unica figura della quale si può individuare con precisione il ceto sociale grazie all'inequivocabilità degli abiti che indossa è la suora, il cui sguardo è incantato dall'ingannatore
  • la persona ingannata ha tratti non propriamente né maschili né femminili, quasi a rappresentare l'umanità nel suo genere e non uno dei generi dell'umanità, tutta e senza distinzioni soggetta quindi agli inganni di ciò che appare e spesso è dissimulato. Nella commedia morale fiamminga esiste una figura alla quale si può ricondurre questo androgino, detta Elckerlyc ("Ciascuno").
  • nella tradizione fiamminga esiste un proverbio che recita: "Chi si lascia ingannare da giochi di prestigio perde denaro e diventa lo zimbello dei bambini", che pare esplicitamente richiamato dalla presenza della figura del bambino con la girandola di carta e dal complice del prestigiatore che ruba il sacchetto coi denari.
  • a proposito di proverbi, non si può evitare di ricordare quello che recita “Nessuno è più sciocco di chi vuol esserlo", che compare sempre nel già menzionato "Proverbia Communia", sicuramente noto a Bosch e ai suoi contemporanei e che sembra perfettamente rappresentato in quest'opera, tanto da poter pensare che sia esattamente questa l'intenzione dell'autore e cioè figurare quel proverbio. Certo, Bosch però non ha mai fatto qualcosa del genere e cioè dipingere un proverbio, ma andiamo avanti
  • analizzando oltre la prima pelle dell'opera e cercando di collocarla e di connotarla fedelmente rispetto alle possibili intenzioni dell'autore (soprattutto se di Bosch effettivamente si tratta), si deve ricordare che intorno al 1461 si concentrarono ad Arras persecuzioni a streghe e maghi e l'opera è proprio successiva a quegli anni. Era un momento storico che rimase segnato dalle pratiche spietate della Chiesa e dell'Inquisizione nei confronti di chi fosse ritenuto eretico, infedele, seguace di pratiche stregonesche e demoniache. La prima pubblicazione del noto "Malleus Maleficarum" è proprio del 1484, libro la cui prefazione fu scritta dal papa in persona, quell'Innocenzo VIII che sostenne fortemente lo sforzo persecutorio di Henry Kramer e James Sprenger, i due monaci domenicani a cui il famoso trattato va attribuito. Ed ecco che, perché no, il dipinto di cui stiamo parlando potrebbe allora essere in realtà qualcosa di più di un'allegorica rappresentazione di un proverbio. Potrebbe essere addirittura la condanna dell'Inquisizione: non si possono forse scorgere in quella figura china su un tavolo/altare segni che ricordano proprio la simbologia del papa, qui parodiato salacemente, nella sua goffa postura, ma pur sempre in abiti dai colori rosso e bianco e con quella grande chiave che richiama quella di San Pietro? E se quello è il papa, chi lo sta derubando è un domenicano: veste proprio in bianco e marrone, i colori dell'ordine e deruba il papa, esattamente come facevano gli zelanti esecutori delle torture e condanne dell'Inquisizione, sottraendo e tenendo per sé parte dei beni di cui spogliavano le vittime. E a questo punto il prestigiatore svela le sembianze di un predicatore che si fa beffe della chiesa, ma può essere anche la vittima sacrificata, come anche un mago imbroglione. È una figura così ambigua da non permettere di dissipare completamente i dubbi interpretativi che, anzi, amplificano il fascino di questo dipinto
  • visto che abbiamo fatto trenta...non va omesso che la struttura dell'opera rispetta il canone medievale della rappresentazione del Cristo che compie miracoli e predica alle folle.
  • e lo sfondo? A prima vista si tratta di un muro posto a richiamare l'hortus conclusus. Ma questo dipinto non ha niente di chiaro e immediato e anche in questo caso non si deve stare alle apparenze: il muro para la vista, più che proteggere, e ancora una volta sembra parodiare simboli di purezza, accusando i creduloni e dicendoci, beffardo, che la realtà è tutto un travestimento, un travisamento in agguato.
In conclusione, possiamo almeno dissipare un dubbio e dire che questo "prestigiatore" (o chi diavolo mai sia), l'ha dipinto Bosch? Beh, possibile e anche probabile, ma non certo.
E la storia come finisce allora? Non finisce, ci mancherebbe solo questo.

Ah, a proposito: dato che, come tutti sappiamo, ci sono tanti e differenti punti di vista, potrebbe essere oltremodo simpatico ruotare la tavola e guardarla anche da un'altra prospettiva.
D'altronde si sa: il trucco c'è, ma, se non si è scaltri, non si vede.
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