Albert Camus - Assurdo e Rivolta: nota di lettura della Dott. Cecilia Cohen Hemsi Nizza


Assurdo e Rivolta
Sono questi i due poli attorno ai quali si sviluppa l’opera dello scrittore.
L’assurdo è la presa di coscienza da parte dell’uomo della vacuità della sua esistenza, dell’inutilità delle sue azioni. Questo non senso viene trattato nel saggio Il mito di Sisifo di cui Lo Straniero costituisce la perfetta trasposizione romanzesca.
Sono l’occupazione nazista e la Resistenza a fargli scoprire un valore positivo, la Rivolta alla quale “la natura umana dà un senso e i suoi limiti”. A essa si ispirano le opere dell’immediato dopoguerra, La Peste (1947) e L’uomo in rivolta (1951), peraltro all’origine della rottura con Jean Paul Sartre e gli ambienti intellettuali francesi.
Per Camus, la rivolta è una protesta, un rifiuto, un appello dell’uomo contro gli eccessi del suo tempo. Vivere è far vivere l’Assurdo. Farlo vivere è prima di tutto guardarlo.
Una delle sole posizioni filosofiche coerenti è proprio la Rivolta, cioè il rimettere in discussione a ogni istante il mondo e non la Rivoluzione. Chiaro qui appare il motivo della rottura con Sartre, che Camus aveva fatto entrare nella redazione di Notre Combat, l’organo clandestino della Resistenza francese, creato nel 1941.
Scritto in piena occupazione nel 1942, Lo Straniero può dividersi in due parti. Nella prima, il protagonista Meursault non sembra partecipe della propria esistenza. È appunto estraneo a quanto gli succede, è l’uomo assurdo, senza speranza, senza amore, senza alcuna fede. Prima ancora del processo lo si vede spesso, affacciato al balcone, osservare la gente, come se fosse al cinema.
Questo atteggiamento si acuisce durante il processo, per un delitto che ha realmente commesso ma per il quale non è veramente giudicato. Infatti, i giudici ripescano quegli atti del suo passato e della sua vita presente che dimostrano la sua anima criminale. L’assurdo sta proprio in questa distanza fra la vita realmente vissuta da M. e quello che la società pensa. M. assiste al suo processo senza sentirsi coinvolto, senza riconoscersi. Capisce solo che lo stanno processando non per aver ucciso un uomo – nella Francia colonialista, collaborazionista dell’epoca uccidere un arabo non era poi così grave! – ma per non aver pianto al funerale della madre, per essere andato al cinema la sera stessa e per un’avventura amorosa iniziata l’indomani. Un mostro dunque.
Al contrario, M. non si riconosce in questo ritratto. Non si sente uno “straniero” : ha amici, ama la natura, ma lo diventa perché non accetta le regole del gioco.
Cosa ha spinto M. all’omicidio? 
Quel sole, la cui luminosità lui ama tanto, lo ha tradito, rompendo la perfetta armonia con la natura e l’equilibrio esistenziale fin qui esistente.
Ma come possono i giudici interpretare la sua giustificazione – “è a causa del sole” – se non come la prova evidente della sua anima criminale. Per i giudici quello che conta è stabilire un rapporto tra il potenziale criminale e il criminale fatto. Hanno bisogno di creare un assassino per poterlo condannare. M. è condannato ingiustamente per un delitto che ha commesso.
Nella seconda parte del libro la prospettiva cambia. Se nella prima il punto di vista è esterno al protagonista, nella seconda finalmente egli si rivela al lettore. Quello che fa scattare la sua reazione è la visita del prete prima della sua esecuzione. La sua reazione violenta gli serve a ritrovarsi e recuperare la calma che gli permette di pensare proprio alla madre e spiegare perché non ha pianto al suo funerale. Perché la madre, alla fine della sua vita, aveva trovato la felicità in un nuovo compagno. E allora, piangere significava negare quella felicità ritrovata. E, come Sisifo, che prende atto dell’assurdità della pena cui è condannato –rotolare eternamente su e giù per la china di una collina un macigno che, una volta spinto sulla cima, ricade sempre giù in basso – si sente felice.

(Dott. Cecilia Cohen Hemsi Nizza)


NOTE BIOBIBILOGRAFICHE
Cecilia Cohen Hemsi Nizza (Alessandria d’Egitto). Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne (francese) presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Dal 1970 al 2003, docente di lettere nella scuola media e poi di lingua e letteratura francese al Liceo Linguistico delle Scuole della Comunità Ebraica di Milano. È stata membro della Giunta del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea.
Dal 2004 vive in Israele, a Gerusalemme, dove nel Dipartimento di Francese dell’Università Ebraica ha tenuto un corso su Letteratura e Shoà. É stata Assessore alla Cultura nel Consiglio della locale Comunità Ebraica Italiana con cui collabora tuttora. Dal 2004 collabora con la Paravia Bruno Mondadori, oggi Pearson, sia per la letteratura francese sia per la storia.


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