(Redazione) - Specchi e labirinti - 17 - A proposito de "L’estate dell'altro millennio " di Umberto Piersanti

A cura di Paola Deplano


Non ho mai nascosto – anzi, ho piuttosto esibito, scrivendone sia qui che altrove – la mia sconfinata ammirazione per il poeta Umberto Piersanti. Del resto, quando uno è definito da più parti una delle voci poetiche più rilevanti del Novecento, c’è poco da aggiungere.
Nel mio piccolo, però, qualcosa la vorrei aggiungere: non esiste solo il Piersanti poeta, ma anche il Piersanti narratore. 
L’estate dell’altro millennio, edito da Mursia nell’ormai lontano 2013, è una delle sue migliori opere in prosa, sia per la compattezza e la coerenza di scrittura che per le tematiche trattate. 
E questo, mi preme sottolinearlo, è stato detto non solo dalla sottoscritta, ma, tra gli altri, da un poeta a me molto caro ed indiscutibilmente “enorme”, Mario Luzi, che ho avuto il privilegio e l’onore di conoscere personalmente a Siena, durante gli anni universitari. In poche righe egli traccia il miglior biglietto da visita di questo romanzo:

(Da il Venerdì - la Repubblica 06 luglio 2001):
«PIERSANTI, L’ITALIA COM’ERA
Consiglio senza indugio L'estate dell'altro millennio di Umberto Piersanti. Un libro bellissimo, che rappresenta dall'interno di un'esperienza viva la trasformazione della condizione giovanile italiana durante la guerra. In Jugoslavia, in questo caso, dove il personaggio del romanzo vive. Forse il lettore dovrà soffermarsi un po' sul linguaggio, perché Piersanti usa il parlato della lingua urbinate che gli appartiene, pur senza mai cadere nel dialettale: ma il libro si legge benissimo. Grazie ad esso ci si addentra, questa è la parola giusta, nel mutamento epocale che si svolge sulle piccole cose.
Mario Luzi»

L’estate dell’altro millennio, quindi. 
Questo titolo poeticamente allusivo nasconde fino allo sfogliare delle prime pagine l’argomento del volume, che è tutt’altro che indistinto e poetico: la Seconda Guerra Mondiale. L’amante della storia che abita da sempre Piersanti - e che ogni tanto fa capolino anche nelle sillogi - ha qui modo di dare sfogo alle sue molteplici ed accurate letture, creando uno dei «componimenti misti di storia e d’invenzione» tanto cari ad Alessandro Manzoni. Come ne I promessi sposi, infatti, anche ne L’estate dell’altro millennio sono fedelmente riprodotti avvenimenti realmente accaduti e modi di vivere e di pensare che erano propri dell’Italia del Ventennio, fatti agire da personaggi totalmente inventati, ma pienamente coerenti dal punto di vista storico e psicologico.
Lo potremmo forse definire, questo scritto, un doppio Bildungsroman, perché in esso s’intrecciano le crescite umane e personali di due ragazzi completamente diversi tra loro, vale a dire il borghese Marco e il contadino Franco, messi alla prova dalle dure vicende belliche. Intorno a loro, una fitta rete di comprimari tratteggiati con una coerenza psicologica degna dei più grandi romanzieri del Novecento.
Di particolare interesse, a mio avviso, sono le descrizioni dei legami amorosi fra uomini e donne, che vengono qua dipinti in tutte le loro declinazioni, rispecchiando fedelmente la mentalità e il “gioco delle parti” proprio del periodo. Altro elemento di originalità risiede nel fatto che la descrizione dei “cattivi” (i Fascisti, in particolare i Repubblichini, e le donne collaborazioniste) ne mantiene intatte le ragioni – benché discutibili – e ne preserva intatte l’umanità e la dignità.
Si sbaglierebbe però nel vedere in questo romanzo semplicemente un’opera in prosa. Nelle pagine de L’estate dell’altro millennio Piersanti non si dimentica di essere poeta, perché alcune descrizioni della natura che fa da sfondo alle vicende narrate hanno il tocco lieve e incantato delle sue liriche migliori, quelle dove, appunto, si riproduce la realtà della natura e della vita. Il suo marchio di fabbrica, insomma, transita fluidamente da un genere letterario all’altro, mantenendo intatta l’impronta inconfondibile dell’autore.


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