(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 12 - Fedro, chi sei? (PARTE SECONDA-LA DINAMICA DEL VIAGGIO)

 

A cura di Sergio Daniele Donati

Nel precedente articolo sul Fedro di Robert Pirsig (per leggerlo cliccare qui) ho accennato alla dinamica del nascondimento, delle voci che si dissolvono nel silenzio delle praterie che accompagnano il lettore nel racconto, in altre parole dell'evanescenza di ogni dire nel flusso di un tempo tiranno. 
La voce narrante e protagonista del romanzo si trova, nella sua ricerca di tracce,  proiettato in un viaggio, reale ed onirico  allo stesso tempo, in cui i tre tempi (presente, passato e futuro) si manifestano in relazioni fra loro inusitate.
Robert Pirsig è maestro di queste "divagazioni" tra un presente, denso di insegnamenti filosofici attuali, e il recupero di un passato personale critico. 
Sono i limi, scivolosi ma fertili, della rielaborazione del passato sotto la luce del presente.
E il futuro?
Il futuro il protagonista lo porta dietro di sé, sul sellino della moto. È il figlio adolescente Chris che assorbe la stranezza di un padre quasi obbligato a rivivere un passato ingombrante per dare respiro al presente suo e di suo figlio. E, credetemi, questo non è un ruolo che Chris inizialmente accetta con facilità. 
Sue sono le domande che disarcionano il padre dai suoi propositi di narrazione e, in un certo senso, lo riportano al dato urticante ed impellente di un presente da risolvere...adesso. 


Ma a ben vedere, questa dinamica relazionale tra i tre tempi è uno degli ingranaggi di ogni narrazione, e, se vogliamo estendere il campo, di ogni vita, se vissuta con coscienza. 
E così, leggendo, ci troviamo proiettati in ardite tesi in cui la manutenzione della motocicletta diviene pretesto per ripetere a sé stessi la storia del pensiero filosofico, umano e di Fedro, su ben più pregnanti temi.
Allo stesso tempo, ed è questa la parte più terribile del romanzo, il protagonista sa bene che riattualizzare il proprio passato, che ogni dirsi come flusso, ogni Chautauqua, comporta il rischio profondo di una perdita di ancoraggio, di senso, un sorta di follia narrativa che va dominata con l'astuzia di Odisseo davanti al canto delle sirene. 
Raccontandoci per piccoli segni, cercando le tracce del nostro stesso passaggio, rischiamo di perderci nella stessa boscaglia che stiamo esplorando. 
Ma il protagonista fa una scelta almeno in parte contraria a quella di Odisseo. Per Ulisse l'indagine di elementi pericolosi comporta un fissare il corpo ad elementi soliti e inamovibili (si lega all'albero maestro della sua imbarcazione per evitare di essere spinto dal canto a raggiungere a nuoto l'isolotto delle sirene). 
Quindi il suo è un passaggio poco attivo davanti al pericolo della seduzione, o quantomeno un passaggio immobile. Il movimento della barca fa da contrasto con l'immobilità, con la legatura di Ulisse. 
Invece il protagonista del romanzo di Pirsig, alla ricerca di tracce evanescenti e scampoli di memoria, trova la propria ancora di salvezza nel moto donato alla sua ricerca dal viaggio (interiore e motociclistico). 
È il movimento di pistoni e ruote a permettere al protagonista di continuare nella sua auto-narrazione e non a caso le maggiori crisi (personali e col figlio Chris) si manifestano nei momenti di stasi, a moto ferma (durante il sonno, in un motel e così via). 
Questo elemento dinamico del viaggio è fondamentale nella lettura del libro, perché diviene l'ancora per lo stesso lettore il quale percepisce, come in pochi altri romanzi, che i paesaggi nel romanzo descritti sono sia i luoghi di passaggio della presenza ectoplasmatica di Fedro, sia lo strumento attraverso il quale lo scrittore impedisce al lettore di rinchiudersi in una lettura claustrofobica e ansiogena. 
Così pure le minuziose descrizioni ed elencazioni delle componenti del motore della moto divengono sia lo strumento di conoscenza del particolare rapporto del protagonista con tecnologia, sia il proficuo messaggio attraverso il quale lo stesso (ma anche il lettore) mantengono il contatto con la concretezza della vita e del recupero nel presente di ogni loro passato. 

I bulloni e le viti della moto sono dunque sia simbolo che segno del movimento a spirale che deve compiere chi si mette, in mezza età, alla ricerca di sé; e, avanzando nella lettura del romanzo, ci si rende conto che siamo noi lettori ad avere il dominio nella manopola dell'acceleratore e dei freni, che siamo noi che incliniamo, leggendo, la moto di Chris e suo padre verso un recupero del proprio futuro (il primo) e del proprio passato (il secondo).  

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