(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 06 - Su MadMen (La serie perfetta. Non pazzia ma visione, iconicità)

A cura di Stefania Lombardi


Non ci sono solo i film iconici su cui fare le proprie riflessioni.
Credo che possa esserci anche tutto il mondo sommerso delle serie televisive.
E, anche se la perfezione non è di questo mondo (e per fortuna), c’è una serie che mi sono permessa di definire perfetta: parte benissimo e termina in modo superlativo.
Sto parlando della serie MadMen che iniziò nel 2007 e ha accompagnato i propri telespettatori per ben 7 stagioni fino al 2015.
La serie comincia negli anni ’60 fino a giungere al 1971.
Assieme ai protagonisti assistiamo a una società in rapido divenire, compresi, ad esempio, anche abbigliamento e acconciature.
Vediamo tutto il cinismo di una società che, dimentica delle relazioni umane, scarta tutte le persone che non riescono più a essere produttive, senza alcuna memoria per quello che sono state e che sono.
Nella serie si toccano molti temi, dagli stipendi molto più bassi per le donne, dall’alcolismo (più o meno velato) dei protagonisti, ai vari tipi di droghe, all’industria del tabacco (primo cliente importante dell’agenzia), a come era vista/vissuta e trattata l’omosessualità; e si giunge, persino, a mostrare uno stupro a opera del compagno di una fra i protagonisti e in seguito anche marito, per giunta.
I fatti si svolgono all’interno di una agenzia pubblicitaria - la “Sterling-Cooper” - di Madison Avenue e fatta di visionari, MadMen (matti, visionari, ma anche uomini, men, di Madison Avenue).
La serie abbraccia vari temi, tra cui la questione ebraica e il senso generale di scardinamento che tocca un po’ tutti.
Rachel Menken, l’amante del protagonista più amata dal pubblico, si trova nella difficile posizione di essere una donna al potere in quegli anni e anche di essere ebrea. Possiede una visione: trasformare in un posto di elite il suo Grande Magazzino. Durante un incontro con il protagonista, in cui è chiamata a esprimersi sulla questione ebraica, affermerà di sapere poco su Israele e che in ogni caso è convinta che Israele debba esistere per il suo popolo, sebbene lei medesima non potrebbe vivere lì. Sostiene, in aggiunta, di essere americana e non molto ebrea; frase che esprime quel tipo di fuga che incapsula quasi ogni personaggio della serie. Fuga nei due sensi: avere un posto sicuro dove sapere di poter tornare e, al contempo, vivere, per scelta, ben lontani da quel posto.

Figura 1. Rachel Menken in una iconica immagine

Un altro personaggio di origine ebraica è il geniale (e instabile) Ginsberg che è nato in un campo di concentramento e cresciuto in un orfanotrofio svedese fino all'età di cinque anni.

Figura 2. Una immagine del geniale e problematico Ginsberg

L’anima dell’agenzia, il protagonista assoluto e centro degli eventi è il Direttore creativo dell'agenzia pubblicitaria “Sterling-Cooper”: Don Draper (interpretato da Jon Hamm); egli è un uomo che si presenta bene: bello, elegante, raffinato. Tuttavia, c’è qualcosa di oscuro in lui, un passato terribile riappare poco alla volta e un’identità/non identità poco chiara.

Figura 3. Il protagonista Don Draper

Don Draper è una sorta di angelo della morte, perché le relazioni umane appassiscono attorno a lui, sebbene, a livello economico, è oro quel che tocca e ogni sua idea.
Sembra che ogni volta sia molto amato: dal fratellastro (che si ucciderà per amore), dalle due ex mogli (c’è stata anche una terza ex moglie che non è stata proprio una moglie e il cui affetto per lui è sempre stato molto profondo), da almeno una (Rachel) delle molteplici amanti avute. Eppure, Don, sembra incapace di amare; appare incapace di legami duraturi, si circonda di apparenze e sembra rifuggire l’essenza.

Figura 4. Una splendida immagine dell'ingenua Betty Draper, poi Betty Harris

Una ex fotomodella la prima moglie ufficiale (poi si scoprirà della ancora precedente ex moglie, non proprio moglie) e una bellissima e talentuosa attrice la successiva.

Figura 5. In questa immagine, la talentuosa Megan Draper

Meno appariscenti le varie amanti.
Ognuna di loro lo richiama, però, alla sostanza del proprio amore. E quando Don è messo davanti allo specchio della sostanza, ecco che quello specchio, ogni volta, si frantuma.
Nella sigla notiamo il disegno di un uomo senza volto e vestito come Don (i vestiti di tutti cambiano, ma non quelli dei pubblicitari uomini, come se fosse una sorta di divisa da MadMen) e che è in continua caduta in mezzo ai grattacieli che raffigurano alcune delle varie pubblicità del periodo preso in considerazione dalla serie.

Figura 6. Varie immagini in caduta libera della sigla

Perché così è Don e così si sente chi segue la serie: in caduta e in frantumi.
Attorno al personaggio di Don ci sono, come satelliti, gli altri personaggi a lui collegati con le loro storie che ruotano in una sorta di sotto-trama nella trama principale che vede Don protagonista.
Margaret "Peggy" Olson è, ad esempio, la protagonista femminile della serie ed è interpretata da una superlativa Elisabeth Moss.
Inizialmente, Peggy è la segretaria di Don e, anche, una delle rarissime donne a cui Don rifiuta le profferte di attenzioni. Successivamente promossa a copywriter e pupilla di Don, è la prima donna dell'azienda con quel ruolo dalla Seconda guerra mondiale.
L’ascesa di Peggy ha dell’incredibile ed è uno squarcio di futuro per i ruoli, sempre più importanti, che le donne ricopriranno nella società.
Peggy è la controparte sana di Don, vuole essere Don e a un certo punto glielo dice anche. Tra alti e bassi i due si sostengono a vicenda; Peggy è un riferimento affettivo costante nella vita sentimentale in frantumi di Don ed è proprio lei che Don chiamerà al telefono per un ultimo saluto, oltre alla morente ex moglie Betty – la bellissima donna-bambina e madre dei suoi figli –, quando si congederà.
Peggy, a differenza di Don, troverà l’amore: sarà quell’amore di un amico che è sempre stato presente e che solo alla fine la protagonista femminile riesce a focalizzare, a scoprire, a capire, e a capirsi un po’.
Nel corso delle varie stagioni, alcuni suoi rapporti cresceranno e il suo primo amante diventerà, dopo varie divergenze, il suo migliore amico e sincero fan della sua carriera e delle sue, ormai indiscusse, competenze.

Figura 7. La protagonista femminile, Peggy Olson

Così accade anche per la bellissima e appariscente Joan Holloway, l’intoccabile office manager dell’agenzia e, in seguito, anche socia dell’agenzia. Deve farsi strada in un mondo maschile ma, a differenza di Peggy, non rinuncia alle aspirazioni materne. Joan sembra essere la più moderna fra tutte. Non rinuncia, come Betty (ex moglie di Don) alla carriera per la famiglia oppure alla famiglia per la carriera (come Peggy). Joan sa che può avere entrambe le cose e lotta per queste cose, lotta per suo figlio. Si ritrova, tuttavia, costretta a dover subire le scelte altrui, scelte di uomini che non comprendono il suo non voler rinunciare al lavoro per amore. Essi non comprendono, infatti, tutta la complessità e la modernità di una donna bellissima che non nasconde di essere provocante e pretende il rispetto da chi si ferma solo alla sua apparenza e cerca di trattarla come oggetto, senza comprenderne il valore. Valore riconosciuto dai due protagonisti, Don e Peggy, e anche dall’ex amante, padre di suo figlio e sincero amico, Roger Sterling.
Sarà Joan la vera visionaria quando coinvolgerà Peggy, all’apice della carriera, a fare un ulteriore salto nel buio in una nuova agenzia tutta loro. Joan è inarrestabile come il cambiamento.
Joan e Peggy costruiscono relazioni e ottengono l’amicizia e la stima dei loro ex amanti più importanti.

Figura 8. L'inarrestabile Joan Holloway

Don, il protagonista maschile, invece, sfalda le relazioni che tesse.
Sembra quasi egli stesso il simbolo di quel consumismo che vende con le sue pubblicità, in una società che ci mostra cambiamenti e contraddizioni.
Ci sono, nella serie, delle chicche che non possono essere sfuggite agli occhi più attenti.
In un episodio, la famiglia Draper fa un pic-nic e, alla fine, si nota quale fosse il comportamento dell’epoca: tutte le cartacce lasciate nel prato e una lattina lanciata lontano, sempre nel prato. Poche immagini a testimonianza di un consumismo sfrenato e irresponsabile.
Si assiste all’ingresso dei primi televisori a colori che, però, a ben vedere, compaiono solo nelle case degli ultra-benestanti come Don e non dei giovani pubblicitari dell’agenzia o nei vari alberghi mostrati durante alcuni episodi, ad esempio.
Si assiste alla collaborazione con Hilton, si ripercorre la morte di Marilyn Monroe e dei due Kennedy e si ritorna con la memoria anche all’allunaggio del 1969 e a come era stato percepito.
E, infine, si parla di Coca-Cola che è la promessa dell’agenzia McCann per Don Draper; l’agenzia ha inglobato la Sterling-Cooper (che, nel tempo, aveva aggiunto anche altri 3 nominativi al proprio nome originario, compreso quello di Don, per diventare, in seguito, più agevolmente, solo “Sterling-Cooper e soci”) ed è la stessa che all’inizio provò a fare un’offerta a Don, ma senza successo.
La McCann è quella che, storicamente, ha creato la pubblicità più iconica di sempre della Coca-Cola: “Hilltop”.
La canzone "I'd Like to Buy the World a Coke" (quel celebre "Vorrei cantare insieme a voi"; chi non lo ricorda?) nasce il 18 gennaio del 1971 nella nebbiosa Londra. Bill Backer, direttore creativo di McCann-Erickson (a cui pare ispirato il personaggio di Don Draper, almeno nelle sue intuizioni da finale della serie), l’agenzia pubblicitaria di Coca Cola, si trovava su un volo diretto a Londra. Doveva incontrarsi con Billy Davis, il direttore musicale dell’agenzia, per ideare e comporre nuovi spot radiofonici per Coca Cola, insieme a due cantautori di successo inglesi, Roger Cook e Roger Greenaway.
La fitta nebbia costrinse l’aereo a dirottare verso Shannon, in Irlanda. I passeggeri dovettero soggiornare nei pressi dell’aeroporto in attesa del diradarsi della nebbia, con alcuni fra loro molto scontenti della soluzione trovata. Il giorno dopo, Backer vide alcuni di quei passeggeri meno contenti del giorno prima seduti, felicemente, in un bar dell’aeroporto con davanti qualche snack e alcune bottiglie di Coca Cola. Backer disse in seguito:

"In quel momento, ho visto la bottiglia di Coca Cola sotto una luce completamente diversa ... l’ho vista come qualcosa di più di una semplice bevanda che disseta centinaia di migliaia di persone ogni giorno, in ogni angolo del pianeta. Ho iniziato a leggere le parole “beviamoci una Coca Cola” come qualcosa di più di un semplice invito a condividere una pausa rinfrescante. Era piuttosto un modo per dire, fra le righe, “stiamo insieme per un poco”. E sapevo che in quel preciso istante, mentre io ero seduto ad aspettare un volo in Irlanda, quelle parole venivano ripetute in tutto il mondo. Quindi, ecco l’idea: vedere la Coca Cola non solo nella sua funzione primaria – una bevanda dissetante – ma come qualcosa in più, che accomuna tutti, una formula universale che tutti amano perché capace di avvicinare le persone, di aiutarle a stare insieme per alcuni istanti”.

Quando alla fine giunse a Londra, Backer raccontò a Billy Davis e a Roger Cook quello che aveva visto nel bar dell’aeroporto, da cui la sua idea: “to buy the world a Coke” (comprare una Coca Cola per tutto il mondo). Davis esternò le sue perplessità con questa frase: "Beh, se potessi fare qualcosa per tutta la gente nel mondo, non sarebbe certo comprargli una Coca Cola".
Backer chiese ancora: "Che cosa faresti?"
E Davis, senza esitazione: "Innanzitutto, comprerei a ciascuno una casa e vivrei con tutti in pace e armonia".
Allora Backer aggiunse: "Ok, mi sembra giusto! Iniziamo a buttare giù il testo e ti farò vedere come la Coca Cola si possa adattare perfettamente a questo concetto"  (Fonte Coca Cola Italia).
Adesso torniamo alla nostra serie e al nostro Don Draper. Don alla fine è stanco; ha visto, in sogno, persone che hanno fatto parte della sua vita e che poi scopre essere, nel frattempo, defunte (come Rachel); ha quasi perso tutto per una “bravata”; sembra fallito e pronto a suicidarsi, e da lì le telefonate di congedo citate all’inizio.
Si trova, come un pesce fuor d’acqua in quanto uomo del consumismo, in un raduno hippie, abbandonato da Stephanie, la nipote di quella affezionata ex moglie, non proprio moglie.
Una hippie gli tende la mano e, nella scena finale della serie più iconica di sempre, vediamo Don, perfettamente a suo agio, assieme a loro in meditazione; Don sfoggia un sorrisetto beffardo modello Gioconda.

Figura 9. Don Draper a un raduno hippie mentre medita e ha la più rivoluzionaria delle idee


Perché?
Non sarà perché, pochissimi secondi dopo, a conclusione della nota serie, appare lo spot più iconico di tutti i tempi della Coca-Cola?
Il finale è aperto e sembra che Don Draper, come una Fenice, sia ora risorto dalle sue stesse ceneri; ma anche che il consumismo abbia vinto servendosi, ironia della sorte, proprio di quegli hippie che lo contestavano, come è già stato ben arguito nella splendida recensione di Lidia Maltese del 13 gennaio, 2019 (link ).
MadMen è una serie ben costruita che fa vedere la speranza del cambiamento in un mondo migliore con i personaggi principali femminili (in contrasto a un personaggio femminile oscuro e complesso come quello di Betty).
Fa anche intuire il trionfo di Don persino quando sembrava definitivamente sconfitto, come una sorta di sguardo attento sulla realtà della nostra società consumistica.
E stimola i nostri ricordi perché, accidenti se quella pubblicità che si vede nel finale, era ben costruita e orchestrata!
Qualsiasi parola in più rischia di sottrarre bellezza alla visione di questa serie.
MadMen: la serie perfetta! 

Spot Coca-Cola del 1971, il più iconico di sempre.
Nella serie un’attrice del raduno hippie viene truccata come la ragazza con le trecce dello spot. 
In questo modo storia e leggenda si fondono perfettamente
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