Dialoghi poetici coi Maestri - 31. Umberto Piersanti

VOLTI

volti, volti nella mente
infissi,
sempre più infissi
e incerti,
e poi così lontani,
lontani e persi,
nell’oscura veglia
mi siete d’intorno,
vicini, così vicini
alle mani
e agli occhi,
padre da un grande tempo
dimori oltre la valle
che la nebbia copre,
la grande nebbia
che sta oltre,
oltre ogni casa
e campo,
come chi ha la vista
quasi spenta
risalgo con le mani
alla tua fronte,
su ogni piega
mi soffermo e insisto,
del tuo magro sorriso
ricerco il dono

e i tuoi occhi madre
sono i più chiari,
io me li stampo dentro,
mi fanno il sangue lieto
e nulla può il dolore
che m’abbranca,
restano chiari
e azzurri
oltre lo sguardo,
lo sguardo mio
che tanto s’appanna

sorella dalla veste chiara
ora m’allacci i pattini
e spingi alla discesa,
lascia ch’io tocchi ancora
i tuoi capelli così lunghi
e scuri

l’altra ha quei tacchi larghi,
larghi e spessi
degli anni di guerra,
tra le ginestre lei
rifulge tanto
che degli occhi appannati
lacera il velo
e padre e madre,
e la bruna sorella
l’altra più chiara,
la cucina fumosa
e l’orto coi soldati,
quelle canzoni lente
e disperate
mentre il maiale cuociono
sull’erba,
tra loro un giorno
ti sei risvegliato
e loro t’hanno accolto
e riscaldato,
il tempo poi dissolve le figure
ad una ad una nel vortice
degli anni rapinate,
contro il vuoto che ghiaccia
sangue e fiato
dentro l’aria le incidi
per l’eterno

e poi c’era quell’erba
contro i mali
quella di colore scuro
come il nome,
è l’erba delle bisce
che la pozza cerchia,
se la metti a bollire
sopra un gran fuoco
e poi quell’acqua bevi
densa e nera
i mali come serpi
strisciano via
lontani

era come una radura
riparata dall’acqua
e i venti,
dai fuochi d’attorno,
l’unica che rammenti,
se altre ne ho incontrate
non le ricordo

marzo 2018
(Umberto Piersanti - da Campi d’ostinato amore, La nave di Teseo, 2020)

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VOLTI (פָּנִים) 1


Esiste una lingua antica
- la lingua della creazione -
che pone limiti all'individuo,
quando parla di volti,
e declina quella parola 
al plurale 
sia che vibri
con la nenia del Sacro
che quando plana
sulla giovanile vitalità
dell'Umano.

Mi ha abitato quella lingua
da bambino
e sentivo mio padre
chiamare i volti dell'uomo
a testimonianza d'una trascendenza
sorniona e gaia.
Là in una cucina che odorava
di ragù e carte antiche
si mescolavano le espressioni
del sacro e del fertile,
tenute assieme dal filo
di lino ironico
d'uno sguardo bambino.

Dà una certa vertigine all'inizio,
Maestro,
sentirsi abitati da voci e volti,
ché pare una rinuncia
al proprio nome.
Ma poi, nell'ora
in cui lo sguardo si inclina
benevolo
sull'imperfezione del mondo
e coglie nello spazio stretto
che unisce - e divide -
tenebre e luce
come semi d'ostinata vita,
nell'ora in cui il capello incanutisce,
dicevo,
e i segni sulle mani
diventano solchi da percorrere
con occhio notturno - di gufo -
se scrivi il tuo nome
su un figlio di carta
- e lascio il refuso, Maestro,
tu immagini il perché -
lo vedi composto dei volti
d'ogni sua lettera
e pronunciato dalle voci
di coloro che gli hanno dato
soffio vitale.

La vertigine allora svapora, Maestro,
e lascia spazio a un sorriso,
forse un po' ebete,
sull'armonica imperfezione
di questo mondo.

(Sergio Daniele Donati - Inedito 26 febbraio 2022,
in occasione del compleanno del Maestro)
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In ebraico biblico la parola volto non conosce la forma singolare; esistono sempre i volti (פָּנִים - pron. panim). Ognuno di noi è abitato da tanti volti o dai volti della pluralità e della collettività.






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Commenti

  1. Come in un caleidoscopio, i mille volti della poesia.

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    1. Ah il caleidoscopio. Quante ore passavo a guardarlo da piccolo...

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