Un corpo a corpo tra Marcel e Gilberte nella Recherche (di Tiziano Mario Pellicanò)

La lotta con l’Angelo
La sensualità sadica della Pisana in Ippolito Nievo è una punta estrema nella letteratura dell’Ottocento. Il romanzo classico si piega e ingloba al suo interno forme che rasentano la contemporaneità. Un esempio di come un prodotto letterario classificabile come ‘alto’ e concepito sfruttando e utilizzando risorse essenzialmente classiche, sia, in realtà, un concentrato di tematiche spiazzanti . Il rapporto con il cugino Carlo ha tutti i caratteri di una relazione con forti addentellati erotici se non sadici. A Novecento iniziato e alle porte della Contemporaneità, troveremo qualcosa di simile, nella Recherche. Ma in Proust masochismo e crudeltà assumeranno altre valenze e connotati. Due episodi sono paradigmatici in questo senso: l’atto sacrilego di Montjouvain compiuto da due giovani amanti alla presenza del simulacro del padre assente e l’episodio della lotta tra il Narratore e Gilberte per una lettera. Il bisticcio tra l’Autore-Marcel e Gilberte ha il sapore di una schermaglia anche se il ragazzino raggiungerà una sorta di soddisfazione sessuale in questo contatto ravvicinato, mentre nel primo episodio ci troviamo di fronte ad una vera e propria profanazione. Nel descrivere la lotta che Marcel inscena con lo scopo di riottenere la lettera in cui chiedeva spiegazioni ai genitori di Gilberte del loro rifiuto a frequentare la fanciulla, Proust senza mezzi termini ci parla di un orgasmo del ragazzo nella concitazione della lotta. L’eiaculazione di Marcel rimane celata allo sguardo di Gilberte, il gioco della simulazione prende il sopravvento nell’impossibilità di una sicurezza dell’innocenza della giovane.
"Io cercavo di attirarla, lei resisteva; i suoi pomelli infiammati dallo sforzo erano rossi e tondi come ciliegie: rideva come se le facessi il solletico; la tenevo stretta tra le gambe come un arbusto sul quale volessi arrampicarmi; e nel mezzo di questa ginnastica, senza che ne venisse accresciuto l’affanno provocatomi dall’esercizio muscolare e dall’ardore del gioco, sparsi, come poche gocce di sudore spremute dalla fatica, il mio piacere, sul quale non potei indugiare nemmeno il tempo necessario ad assaporarlo; immediatamente mi impadronii della lettera (Vol.I, p. 596)".  1
Marcel spera che Gilberte non si sia accorta del suo orgasmo, ma il modo in cui lo apostrofa subito dopo è emblematico:
"Allora, Gilberte mi disse con bontà: - Sapete, se volete possiamo lottare ancora un po’. Forse aveva oscuramente avvertito che il mio gioco mirava ad uno scopo diverso da quello confessato, ma non s’era resa conto che l’avevo raggiunto. E io, temendo che se ne fosse accorta (e un certo moto retrattile e contenuto di pudore offeso, che aveva avuto un attimo dopo, mi fece pensare di non averlo temuto a torto), accettai di lottare ancora, per paura che potesse credere che non mi fossi proposto altro scopo all’infuori di quello dopo il quale avevo solo voglia di starmene tranquillo accanto a lei" (pp. 596-97).
Qui ci troviamo di fronte ad un’eiaculazione provocata dall’eccesso di piacere incontenibile. Siamo oltre la rappresentazione di un atto sessuale trasgressivo giovanile – come più tardi nella scena della masturbazione di Leopold Bloom in riva al mare nell’Ulisse di Joyce  2 - però mai con quel gioco sottile di vergogna e piacere come in questa scena. Proust gioca maliziosamente sul visto e il non visto, sigillando con quel oscuramente, tutta una dimensione di studiata progressione all’acme del piacere fisico.
Scambio di identità
La natura del rapporto erotico tra Marcel e Gilberte è sfaccettato, complesso, rischia di perdersi tra mille rivoli secondari. In un nostro precedente saggio abbiamo cercato di mettere in luce queste problematiche in relazione ad un’altra figura problematica: Albertine, sforzandoci di rinvenire all’interno del triangolo Narratore-Gilberte-Albertine, linee di forza che mettessero in luce la complessa grammatica del desiderio in Marcel Proust: In un passo di Sodome et Gomorrhe, è il Narratore il soggetto del dono nei confronti di Albertine: nello specifico una biglia d’agata - insieme ad una cartella - a sua volta dono di Gilberte, secondo quella logica dello scambio delle cose che è anche scambio di identità, come abbiamo visto  3. Un gesto che inoltre implica, come addizionale simbolica, una perdita dell’innocenza da parte di Gilberte, che vede un pegno del suo amore svenduto e fatto passare di mano esattamente come fosse un corpo - così come in un altro passo famoso, il polline dell’orchidea sul vestito di Odette sparso da Swann era un’allusione altrettanto esplicita di rapporto sessuale. Donando la biglia, che nella sua sfericità include il concetto di grembo e di femminilità, si concede esattamente come se offrisse il corpo di Gilberte, un corpo di donna  4. Sono atti che si consumano puramente nella sfera mentale certamente, momenti intellettuali che non coinvolgono la sfera carnale ma che la richiamano però in modo più sottile, attraverso il meccanismo della sottrazione del desiderio, della sua mancata consumazione. Il che non vuol dire che non siano espressione di erotismo allo stesso piano di un rapporto consumato. Assistiamo in questo episodio a una replica dell’episodio precedente, ma completamente ribaltato, secondo un cambio di prospettiva. Il Narratore, in quanto elemento passivo si concede a Albertine sostituendosi a Gilberte: ora è lui la donna, mentre Albertine assume il ruolo maschile. E paradossalmente è l’uomo, se si portano alle estreme conseguenze i sottocodici impliciti nella dinamica di queste offerte, che perde la propria innocenza in nome di un appagamento sempre problematico del desiderio. Torna il gioco sottile e ambiguo della mutazione identitaria, che, come in questo caso, assume nuove forme ma che è sempre e comunque riconducibile ad uno schema generale. Come nel caso dello specchio, tutto e tutti all’interno della Recherche vanno incontro a questo processo inevitabile  5. La biglia d’agata è quindi, nella nostra interpretazione, segno di femminilità che, in un secondo tempo, viene disconosciuto e addirittura consegnato ad un’altra amante: Albertine. Il rapporto sessuale non consumato viene in questo modo rimosso. La mancanza di piacere che non dà nemmeno il tempo di assaporarlo, riduce l’atto e lo mortifica. Il seme gettato, tipico dei rapporti onanistici e condannati dalla morale cattolica in quanto improduttivi, trova in questo episodio un momento di sintesi. Dietro tutta la rappresentazione si intuisce uno sfondo fatto di repressione e senso di colpa, un misto di trasgressione e religiosità dall’effetto straniante e destabilizzante. La Tradizione lavora in sottofondo dettando le sue regole. La tradizione giudaico-cristiana, innanzitutto. Il Genesi che condanna l’atto di Onan in quanto il rapporto con la moglie del fratello defunto, viene disperso in terra per negare la discendenza al fratello. Come osserva M. Stanco: “In senso lato, si può dire che sprecare il proprio seme equivalga a usare il proprio corpo contro natura.”  6 In questo mancato coito, in questa consumazione impacciata si nasconde la grande verità che il Narratore vuole e tutti i costi nascondere ai propri occhi e soprattutto al mondo: la propria diversità sessuale. Benché non ne abbia ancora coscienza, gli elementi che puntano in questa direzione ci sono tutti.
Gilberte e Marcel che fanno lunghe passeggiate a Tansonville, all’inizio de Le Temps retrouvé, costituiscono l’esempio di una promessa non mantenuta e destinata a vivere nel rimpianto: Gilberte troppo tardi confesserà di essere sempre stata innamorata di Marcel, mentre lui, nonostante le cure durante gli anni sfortunati del matrimonio di Gilberte con Saint-Loup, non tarderà a dimenticarla e addirittura a non riconoscerla. Invecchiata e piegata dalle vicissitudini matrimoniali  7, la ragazzina Gilberte d’un tempo non sarà che l’ombra di quello che era stata mentre giocava con Marvel nel Giardini delle Tuillieries.
I water-closets e la maitresse dalla parrucca rossa
Poco prima della scena della lotta tra Marcel e Gilberte, si inserisce un episodio la cui stranezza contrasta con l’andamento generale del racconto. Ad un certo punto, Françoise si deve assentare e porta con sé il giovane Marcel verso dei padiglioni del parco che non sono altro che bagni pubblici – in francese water-closets o lavabo come dicono gli inglesi secondo uno strano gusto dell’inversione linguistica. Questo segnale linguistico è già di per sé significativo.
‘Dovetti lasciare Gilberte per un istante; perché Françoise mi aveva chiamato. Mi toccò accompagnarla a un piccolo chiosco ingabbiato in un traliccio vegetale, abbastanza simile agli ex-caselli del dazio della vecchia Parigi, e dove di recente era stato installato quello che in Inghilterra chiamano lavabo e in Francia, per un’anglomania male informata, water-closet. Dai muri umidi e antichi dell’ingresso, dove rimasi ad aspettare Françoise, esalava un fresco odore di chiuse che, alleggerendomi di colpo delle ansie connesse alle parole di Swann riferite da Gilberte, mi inondò di un piacere che non era della stessa specie degli altri, i quali ci lasciano più instabili, incapaci di trattenerli, di possederli, ma era, al contrario, un piacere consistente cui potevo appoggiarmi, delizioso, calmo, ricco d’una verità duratura, certa e inesplicata.(…) Ma la custode del chiosco, una vecchia signora dalle guance incipriate e dalla parrucca rossa, si mise a parlarmi. (…) La marchesa in questione mi consigliò di non restare al fresco e giunse ad aprirmi la porta di un gabinetto dicendomi: - Non volete entrare? Eccone uno bello pulito, per vpoi sarà gratis-. (…) In ogni caso, se la ‘marchesa’ tradiva un debole per i ragazzi, schiudendo loro la porta ipogea di quei cubi di pietra dove gli uomini erano accovacciati come sfingi, doveva perseguire in questi suoi atti di generosità non tanto la speranza di corromperli, quanto il piacere, che si prova nel mostrarsi vanamente prodighi verso chi si ama, dal momento che accanto a lei, tranne una vecchia guardia forestale addetta al giardino, non ho viato mai visto nessun visitatore’ (Vol I, pp. 594-95).
Il luogo viene gestito da una signora con parrucca rossa, un tempo marchesa – a detta di Françoise – la cui figlia ha contratto un matrimonio vantaggioso. L’atteggiamento della signora è ambiguo, caratterizzato da quella che non è difficile qualificare come una propensione verso i ragazzini. L’invito ad entrare in uno dei gabinetti, pulito e l’immagine successiva di uomini seduti intenti ai loro bisogni come sfingi, rende tutto il contesto ai limiti del grottesco se non del perverso. Sembra una discesa agli inferi o in un bordello, in un posto in cui albergano bisogni primordiali – a cominciare dalla minzione e dalla defecazione. La signora imparruccata ricorda certe maitresse, e certi ricordi del protagonista – una fioraia che gli faceva gli occhi dolci – inscrivono questo episodio in una cornice ad alto contenuto erotico. La donna ha connotati ctoni, inferi: elementi che la collegano ad una dimensione carnale e malata, corrotta del desiderio. In questo mondo sotterraneo immaginario regna sovrano il vizio, una realtà deformata e ridicola – gli uomini seduti simili a sfingi. Sono segnali di iniziazione all’esperienza sessuale che preludono a quello che avverrà di lì a poco, non consumato. Ci si muove su due piani speculari ma contraddittori: quello del bordello sotterraneo e quello dell’innocenza in superficie: Mondo sotterraneo Mondo in superficie
Bordello- Maitresse Giardini- Gilberte
I due mondi, si dicevano, sono in apparente contraddizione, perché, come abbiamo visto, non si può considerare Gilberte una bambina ingenua. Il suo atteggiamento ambiguo durante la lotta eroica lo sta a dimostrare. Questo episodio si inserisce come una parentesi apparentemente scollegata dal resto della narrazione ma, come abbiamo visto, sottintende una carica eversiva che è propedeutica all’episodio che sta per essere inscenato subito dopo. Proust mette in scena un dramma dall’andamento onirico, come se la discesa in quel sottomondo avvenisse all’insegna di un ottundimento della ragione, sulla scia di una trance. Quando ne uscirà finalmente fuori, qualcosa sarà cambiato.
Complessità semantica
L’episodio della lotta, alla luce di quanto abbiamo detto, si configura in tutta la sua complessità. In esso confluiscono elementi eterogenei- biblici, onirici, mitici – che lo rendono passibile di una decodifica multipla. La dimensione sessuale, con tutti i suoi meccanismi di autocensura, esplode prepotentemente sotto la patina di un quadretto quasi di maniera: quella di due adolescenti che litigano per una lettera all’interno di un parco pubblico. Marcel vede in Gilberte un oggetto del desiderio che però sfugge continuamente, come tutte le figure femminili nella Recherche, tutte êtres de fuite. Questa impossibilità a raggiungere una soddisfazione sentimentale si incancrenisce fino a minare irreparabilmente l’immaginario erotico del ragazzo condizionando i suoi atteggiamenti futuri. Per tutto il resto del romanzo Marcel si muoverà lungo i binari di una percezione malata e insoddisfatta del mondo femminile, sempre in bilico tra dubbi e domande inevase – quasi tutte aventi contenuti sull’orientamento sessuale delle proprie amanti, un’indagine che censura il core autentico della questione: la sua stessa omosessualità. L’accanimento con cui persegue questo compito è la spia di un disagio personale e una non accettazione della sua stessa diversità. Il periodo dell’adolescenza sarà determinante nel delineare le future strategie amorose di Marcel. I due episodi che abbiamo preso in considerazione – la lotta e la discesa nelle water-closets – sono interconnessi secondo una logica che elude la razionalità del dettato immediato e che trova le sue ragioni più profonde nella complessità dei simboli che li strutturano. La lettera, la lotta, la discesa, vanno a formare uno spettro semantico che denotano un’immersione nella psiche di Marcel. Le figure femminili – Gilberte, Françoise, la tenutaria dei bagni pubblici – sono altrettante facce di un’unica realtà: la complessità dell’universo femminino che può assumere sfaccettature inaspettate, il tutto correlato a una visione duplice del piano simbolico – sopra/sotto, sotterraneo/superfice – che si riflette nella natura antitetica del femminino – Gilberte/Angelo, la tenutaria/creatura infernale. Il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza in Proust viene indagato senza risparmiare colpi bassi, amare verità. La grande avventura della Modernità si concluderà proprio con lui, e niente sarà più come prima.
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NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Tiziano Mario Pellicanò si è laureato in Lettere con Giulio Ferroni all'Università di Roma "La Sapienza". Si occupa di Letterature comparate e critica letteraria, in particolare del periodo storico tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Ha pubblicato, oltre a interventi in varie riviste specializzate: Identità e mascheramento in Proust, in AA.VV., And love finds a voice of some sort, Roma, Carocci, 2020; Albertine e i fiori di syringa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2022, e il romanzo Villa Lysis, Abrabooks, 2021. In preparazione il volume: Le rose di Eliogabalo. Identità, Trasgressione, Marginalità: incursioni nella letteratura moderna (1850-1915).
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NOTE
1 Marcel Proust, Á l’ombre des jeunes filles en fleurs, édition présentée, établie et annotée par Pierre-Louis Rey, Gallimard, 1988. Traduzione italiana di Giovanni Raboni.
2 J. Joyce, Ulysses. Episodio ‘Le Rocce’, Nausicaa. Leopold Bloom si lascia andare a un atto di onanismo in riva al mare alla presenza di una zoppa, convenuta lì con alcune amiche e i loro fratellini.
3 Vol. IV, p. 151.
4 Vol. IV, p. 272.
5 Tiziano M. Pellicanò, Albertine e i fiori di syringa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2022, p. 26.
6 Michele Stanco, Omosessualità e gravidanza poetica. Figure dell’amor platonico da Shakespeare a Forster, in La retorica dell’eros, Figure del discorso amoroso nella letteratura europea moderna (a cura di Stefano Manferlotti), Carocci, Roma, 2009, p. 43.
7 Ne Le Temps retrouvè, Gilberte appare creatura totalmente devastata dall’azione corrosiva del Tempo.








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