(Redazione) - su Synagoga (Fallone Editore, 2023) di Diego Riccobene - nota di lettura di Sergio Daniele Donati


La parola Synagoga deriva dal latino (syn, assieme e ago, condurre) e significa letteralmente luogo dell'adunanza, della riunione. 
Pur avendo origini in culture molto diverse, la parola in esame ha un immediato portato nella cultura ebraica dove viene fatta coincidere dai più col luogo della preghiera. 
In realtà la cultura ebraica aggiunge un elemento in più alla definizione dei luoghi di culto chiamandoli spesso Beit HaKenesset (la casa della riunione).
Perché ci si possa riunire in preghiera, in altre parole, non è sufficiente una pluralità di soggetti ma è anche necessario che il luogo dove ciò avviene sia percepito come luogo protetto e familiare, una casa per l'appunto. 
Tuttavia sia la tradizione ebraica che quella latina suppongono un certo modo di orazione e, in particolare, talune preghiere fondamentali, non possano essere svolte da soli ma necessitano della presenza di una collettività di persone, da un lato, e di una pluralità di voci, dall'altro. 
Amidà e Kaddish ad esempio non possono essere recitati se non in presenza di almeno dieci ebrei. 
Dietro a questo discorso si cela un'idea molto forte e potente, ovvero quella che vuole che certe parole per farsi invocazioni o evocazioni non possano che sorgere dalla coralità degli intenti.

Diego Riccobene  è autore di un poemetto dell'evocativo titolo Synagoga (Fallone Editore, 2023), composto di dodici liriche in cui, a parere di chi vi scrive, viene magistralmente descritta un tipo di adunanza che ha direttamente a che fare con la costituzione della parola in pensiero. 
Potremmo definire questa raccolta come l'adunanza della parola (o delle parole), la quale parola, se per tutti noi é da considerare sempre eterodiretta, ha quasi sempre bisogno del sostegno di parole altre  per diventare significato e senso. 

La parola sorge come suono e diviene significato nel contatto, latente o espresso, con altri logos. 
Anche se ne si pronuncia - o scrive - una sola essa prende forma e senso in quelle che il lettore al suo fianco silenziosamente appone. 
Il poeta, evidente maestro di queste alchimie, conosce bene i passaggi che portano la parola dal suo celarsi ritroso al suo completo disvelamento attraverso il contatto - prima goccia a goccia, poi vero e proprio fiume - con altre parole, e con parole altre. 
Il lessico dell'autore, sempre colto e ricercato, impone al lettore poi uno sforzo di approfondimento, ed è quasi un monito a non accontentarsi di un poetare veicolante solo significanti patenti. 
È difatti il latente che interessa all'autore disvelarci attraverso la sua adunanza prima di suoni - poi di significati.
Lo si percepisce dall'uso di neologismi dal sapore e dalla sonorità molto antica e di arcaismi di una modernità assordante.
Nulla infatti è più contemporaneamente moderno che richiamarsi a ciò che dell'antichità della parola abbiamo  dimenticato, a parere di chi vi scrive. 
E non a caso ciò avviene nella divisione precisa della raccolta in tre sezioni, che rappresentano un preciso percorso iniziatico dai profumi molto antichi. 

La prima sezione ha nome Adescare (lat. - catturare con l'esca) ed é proprio questo che fa la parola quando ancora essa stessa è solo suono. Attira il nostro orecchio e ci trascina in un altrove limitrofo alle nostre propensioni alla comunicazione. 

La seconda sezione ha nome Orare (lat. - pregare) e il lettore ivi riscopre il senso profondo non tanto della poesia come preghiera ma, al contrario della preghiera come dire poetante.

La terza, infine, ha nome Confidere (lat. - confidare, aver fede) e ci si ritrova a percepire il senso profondo della parola - adunanza, della parola che si fa veicolo verso l'Altruità, ma come messaggio della pluralità e collettività.
Esistono difatti due modi di percepire il tragitto della parola verso l'altro da sé (in realtà ne esistono infiniti, ma in questa sede sarebbe fuori luogo parlarne).

Il primo è unidirezionale e crede in una parola che da me giunge a voi, dallo scrittore al lettore, dalla Musa Ispiratrice allo scrittore, sempre e solo in un senso e in una direzione.
Il secondo è multidirezionale e crede in una coralità di voci e parole che si uniscono in un cammino in parte comune, per poi dividersi. 
Il richiamo della seconda visione all'Antico é evidente (coro greco, ritualità ebraica e paleo cristiana, collettività buddiste salmodianti o recitanti mantra  ecc.) così come é evidente il richiamo al rifiuto di percepire la parola poetica come figlia di un solo autore, ma piuttosto legata a un flusso che quell'autore attraversa e che lo stesso poeta poi interpreta e traduce. 

Essendo composta la raccolta di sole dodici poesie riportiamo come estratto una sola di esse, invitandovi però a non perdere una così ricca e densa opera che, ve lo assicuro, non lascerà mai il lettore identico a come era prima di gustarne suoni e significati.

Per la Redazione de LE PAROLE DI FEDRO
il caporedattore -  Sergio Daniele Donati

___
Dalla sezione "Orare"
VIII

Il corbame, da luce ischeletrita
che lebbrosia conculchi, che ne faccia
dirupo al guardo. Poi ne sopraddice
la testa di vitello, se crepata

da bolo e lucro adeso alla matrice
di questo Male.
____
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Diego Riccobene (Alba, 1981) vive in provincia di Cuneo. È laureato in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Torino; è poeta, docente, musicista. Suoi scritti e interventi sono apparsi su antologie, webzine e riviste quali Poesia del Nostro Tempo, Menabò, Laboratori Poesia, Critica Impura, Inverso, Versante Ripido, Suite Italiana, L’Estroverso, Neutopia, Leggere Poesia. Collabora con la redazione di Menabò online. Ha pubblicato Ballate nere (Italic Pequod, 2021) e Synagoga (Fallone Editore, 2023)
stampa la pagina

Commenti