( Redazione ) - Piccola nota di lettura sulla silloge "Sintesi dalle radici” di Antonia Santopietro (Ensemble editore)


Foto di Sergio Daniele Donati

Non fatevi ingannare dal titolo di questa nota di lettura. La piccolezza è riferita ad un preciso sentire di chi scrive. 
La silloge di Antonia Santopietro, Sintesi dalle Radici, Ensemble editore, meriterebbe un'edizione critica completa ed approfondita, considerati i suoi contenuti profondi e ricchi.

Il primo approccio con la lettura di questa silloge pone il lettore di fronte ad una scelta di ritmo. 
Sintesi dalle radici va affrontata con la lentezza della goccia, insistente e cadenzata, soffermandosi su ogni parola e pausa che l'autrice, con maestria rarissima, sa imporre all'incedere dei suoi versi. 

Una volta accolto il giusto ritmo, al lettore si apre il mondo dell'ecologia della parola, della misura e del metro dell'influsso del naturale nel nostro essere umani (uomini e donne).
E viceversa si percepisce come per l'autrice l'umano sia richiamo al naturale.
Così ad esempio in Terra Donna leggiamo:

Nullo il passo, è velo.
Mani sul ghiaccio
danza ferma -

Sostano le ciocche
respirano -
sulla sponda estrema della schiena
sospesa, astratta neve -

la donna ha grembo. 

Vergine, è viva.
Essenza lieve.
Per metà del tempo - dici - sei stata amata.

La corporeità si fonde qui con elementi naturali solo apparentemente antitetici; una immobilità, ad esempio, (nullo il passo - danza ferma) che richiama direttamente ciò che di vitale l'apparente fissità del ghiaccio copre. E tutta la poesia si muove sulla linea della lievità, del silenzio, di una non citata attesa, in cui si fa sorgere il dubbio - per antitesi al verso vergine, è viva - che la perdita di verginità comporti la fine d'una certa vitalità. 

Nel rapporto con la scrittura poetica, poi, Antonia Santopietro, si pone in una posizione di essenzialità sintetica, come dichiara  ne Il conforto della poesia

Prima ci sono le ore di lettura
poi il canto dei filosofi
le figure dei poeti che spostano il torpore
- aggravandomi-

Si dice di linfe che dissetano
di fari che illuminano.
Io amo la sintesi.

Ascolto ogni sintomo
allargandomi, alleggerendomi.

Infine nutro linee assomiglianti
a dimore affollate e confuse.

In questa magnifica di Antonia Santopietro i tempi e le scansioni sono precisi, così come le sequenze degli effetti. (ore di lettura, canto dei filosofi, poeti che spostano il torpore con un effetto di aggravamento). Chi legge non può non chiedersi dunque dove stia il conforto della poesia di cui al titolo. 
Ebbene la risposta è nel finale della poesia. La scrittura si fa linea per l'autrice che, benché simile a dimore affollate e confuse, riportano la poesia, o meglio l'idea di scrittura, ad una essenzialità geometrica della cui necessità, forse, dovremmo tutti renderci conto. 
Anche in questa poesia l'autrice sembra lanciare un monito contro la sovrabbondanza della parola poetica, e dei significati che non reggono su radici solide e profonde; un'ecologia della parola che si faccia linea, geometria dello scrivere, dell'essere sintesi sincera della parola che, in tanto è poetica, in quanto è capace di sfrondare inutili lirismi e soprattutto di attesa.
Nella modesta opinione di chi scrive l'attesa è il personaggio nascosto di questa silloge, il burattinaio che tira i fili di lino della magnifica scrittura di Antonia Santopietro, una lettura che chi vuole vivere una diversa relazione col dire poetico non può mancare.

Per la redazione de Le parole di Fedro
Sergio Daniele Donati


NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Antonia Santopietro vive a Verbania, laurea in lingue russo e inglese e MA in Marketing & Sales. Dopo vent’anni nella consulenza e formazione, oggi insegna lingua e letteratura inglese. Nel 2016 fonda il sito «ZEST Letteratura sostenibile» per divulgare letteratura e sostenibilità e, nel 2020, la rivista «Tellūs. Quaderni di Letteratura, Ecologia, Paesaggio».
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