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Visualizzazione dei post con l'etichetta Dialoghi poetici coi Maestri

Dialoghi poetici coi Maestri 21. - Giuseppe Ungaretti

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Giuseppe Ungaretti foto di repetorio Dannazione Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio? (Giuseppe Ungaretti - Mariano del Friuli 1916) ____ Prigione Ancor più mi chiude, Maestro, la prigione immortale; l'assenza di desiderio. (Sergio Daniele Donati - Inedito 2021)

Dialoghi poetici coi Maestri 20. - Paul Celan

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  Paul Celan - Foto di repertorio Sprich auch du Sprich auch du, sprich als letzter, sag deinen Spruch. Sprich – Doch scheide das Nein nicht vom Ja. Gib deinem Spruch auch den Sinn: gib ihn den Schatten. Gib ihm Schatten genug, gib ihm so viel, als du um dich verteilt weißt zwischen Mittnacht und Mittag und Mittnacht. Blicke umher: sieh, wie’s lebendig wird rings – Beim Tode! Lebendig! Wahr spricht, wer Schatten spricht. Nun aber schrumpft der Ort, wo du stehst: Wohin jetzt, Schattenentblößter, wohin? Steige. Taste empor. Dünner wirst du, unkenntlicher, feiner! Feiner: ein Faden, an dem er herabwill, der Stern: um unten zu schwimmen, unten, wo er sich schimmern sieht: in der Dünung wandernder Worte. Parla anche tu Parla anche tu, parla per ultimo, di’ la tua. Parla – ma non separare il no dal sì. Dà al tuo detto anche il senso: dagli ombra. Dagli ombra che basti, dagliene tanta, quanta tu sai ripartita intorno a te tra mezzanotte e mezzogiorno e mezzanotte. Guarda in giro: vedi come in

Dialoghi poetici coi Maestri 18. - Wisława Szymborska

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  A una mia poesia Nel migliore dei casi, poesia, sarai letta attentamente, commentata e ricordata. Nel peggiore sarai soltanto letta. Terza eventualità: verrai sì scritta, ma subito buttata nel cestino. Potrai approfittare di una quarta soluzione: scomparirai non scritta, borbottando qualcosa soddisfatta. Wisława Szymborska - Tratto da "Basta così" Adelphi editore - Traduzione di Silvano De Fanti _________ Poesia La poesia mai scritta è l'unica seduzione  di cui val la pena di parlare.  I cestini al contrario  dovrebbero raccogliere sempre i nostri versi; voli di tacchino.  Vola alto il vagito d'un neonato, il seme che spacca l'asfalto, il grido di guerra delle cicale nelle notti d'estate.  L'unica poesia che possiamo far leggere è un foglio bianco con in centro  una macchia d'inchiostro, non più grande d'un punto. Sergio Daniele Donati - Inedito 2021

Dialoghi poetici coi Maestri 17. - Friedrich Schiller

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  [...] Riprendo con me la vita più pura dal tuo puro altare, riprendo il coraggio esultante della gioventù speranzosa. La volontà cambia sempre regola e scopo, in forma di eterna ripetizione si svolgono le umane azioni. Ma sempre giovane, in sempre mutata bellezza, o Natura devota, tu onori, pudicamente, l’antica Legge! Sempre te stessa, per l’uomo conservi in mani fidate, quel che il pargolo in culla, quel che il giovane ti confida, tu nutri al medesimo petto le cangianti molteplici età; sotto lo stesso azzurro, sopra lo stesso verde passeggiano generazioni, vicine e lontane, unite, e il sole di Omero -vedi!- ci sta sorridendo. (Friederich Schiller : tratto da "La passeggiata" – trad. di Nino Muzzi) ___________ Onorare Che significa, Federico, parlar di stagioni e del Tempo? Quale legge posa le sue mani sui volti senza piega dei nostri veri figli? Quale sacro altare ne raccoglie i vitali vagiti? Si completa ora l'antica legge, cosciente semmai che la neonata pupilla

Dialoghi poetici coi Maestri 16. - Dante Alighieri

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Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero, ché 'l velo è ora ben tanto sottile, certo che 'l trapassar dentro è leggero. Io vidi quello essercito gentile tacito poscia riguardare in sùe, quasi aspettando, palido e umìle; e vidi uscir de l'alto e scender giùe due angeli con due spade affocate, tronche e private de le punte sue. Verdi come fogliette pur mo nate erano in veste, che da verdi penne percosse traean dietro e ventilate. L'un poco sovra noi a star si venne, e l'altro scese in l'opposita sponda, sì che la gente in mezzo si contenne. Ben discernëa in lor la testa bionda; ma ne la faccia l'occhio si smarria, come virtù ch'a troppo si confonda. Dante Alighieri da Commedia – Pugatorio – Canto VIII ___________ Sogni Attendi ti prego, solo un poco, a descriver il sogno. La parola spazza polveri a me sacre, lontano. Vidi anch'io angeli calare lenti sull'onda di desideri piani e udii cori e litanie sorgere da conchiglie. Alghe danzavano

Dialoghi poetici coi Maestri 15. - Gaio Valerio Catullo

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Gaio Valerio Catullo - dipinto romano (particolare) Odi et amo Odi et amo.  Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. da "Attis (Carmen LXIII)" di Gaio Valerio Catullo Odio e amo Odio e amo. Forse mi chiedi come lo faccia. Non lo so, ma lo sento accadere e ne resto inchiodato. trad. libera di Sergio Daniele Donati _________ In croce Destra e sinistra,  sacro e profano, son fissati  con chiodi di ferro alla stessa croce ignorante, e non resta che ridere della goccia di sangue che cade a terra. Sergio Daniele Donati - Inedito 2021

Dialoghi poetici coi Maestri 14. - Natan Zach

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Nathan Zach - foto di repertorio Non scordarti di chiudere la finestra prima di uscire non scordarti di chiudere la porta a chiave non scordarti di baciare tua moglie sulla bocca e sull’orecchio non scordarti di dondolare la piccola culla senza spaventare il bambino. Non scordarti la torcia elettrica e portati dietro le batterie. Tu sai quando parti ma non quando tornerai. Forse tornando la finestra sarà chiusa e la porta di casa chiusa a chiave, tua moglie non distinguerà i tuoi passi e tuo figlio non saprà più chi sei. Attento, o tu che parti per terre lontane, non metterti in cammino se intendi tornare. (Natan Zach, tratto da "Poeti israeliani" - Einaudi, 2007, trad. it. Ariel Rathaus) ___________ Dietro la porta, prima del tuo viaggio sorrisi, racconti e grida di bambini. Sul muro il ragno, immobile proietta ombre di medusa. Mentre indossi i sandali che hai comprato al mercato il ragno si sposta sul muro. Dietro la porta, all'inizio del tuo viaggio volti stretti e

Dialoghi poetici coi Maestri 13. - Mario Benedetti

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Normandia - di Sergio Daniele Donat CHE COS'È LA SOLITUDINE Ho portato con me delle vecchie cose per guardare gli alberi: un inverno, le poche foglie sui rami, una panchina vuota. Ho freddo ma come se non fossi io. Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro come un uomo con un libro, ingenuamente. Pareva un giorno lontano oggi, pensoso. Mi pareva che tutti avessero visto il parco nei quadri, il Natale nei racconti, le stampe su questo parco come un suo spessore. Che cos’è la solitudine. La donna ha disteso la coperta sul pavimento per non sporcare, si è distesa prendendo le forbici per colpirsi nel petto, un martello perché non ne aveva la forza, un’oscenità grande. L’ho letto in un foglio di giornale. Scusatemi tutti. (Mario Benedetti - Da Umana gloria 2004) _________ SUL FOGLIO Ero pronto a discutere con te, Mario, della grande nostra nemica.  Avevo steso sul prato, puliti e in ordine come sempre, arnesi e utensili  per le mie argomentazioni. Volevo che  ancora

Dialoghi Poetici coi Maestri 12. - David Sylvian

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  David Sylvian - immagine di repertorio BRILLIANT TREES When you come to me, I'll question myself again; Is this grip on life still my own? When every step I take Leads me so far away, Every thought should bring me closer home. And there you stand, Making my life possible. Raise my hands up to heaven, But only you could know. My whole world stands in front of me, By the look in your eyes. By the look in your eyes. My whole life stretches in front of me, Reaching up like a flower, Leading my life back to the soil. Every plan I've made is Lost in the scheme of things. Within each lesson lies the price to learn. A reason to believe Divorces itself from me; Every hope I hold lies in my arms. And there you stand, Making my life possible. Raise my hands up to heaven, But only you could know. My whole world stands in front of me, By the look in your eyes. By the look in your eyes. My whole life stretches in front of me, Reaching up like a flower, Leading my life back to the soil. (Da

Dialoghi poetici coi Maestri 11. - Fernando Pessoa

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  Fernando Pessoa - Immagine di repertorio AMO TUTTO CIO' CHE È STATO Amo tutto ciò che è stato, tutto quello che non è più, il dolore che ormai non mi duole, l'antica e erronea fede, l'ieri che ha lasciato dolore, quello che ha lasciato allegria solo perché è stato, è volato e oggi è già un altro giorno. (Fernando Pessoa - da “Una sola moltitudine” a cura di Antonio Tabucchi traduzione di Maria José de Lancastre ) __________ IL MERLO A volte lo ascolto - il merlo sul tetto - e mi pare che il tempo si fermi; che ogni suo fischio resti eterno tra cavi elettrici e tralicci. L'assenza del tempo è, forse, la burattatura della mia pietra folle. Ne rido mentre l'orecchio si posa sugli intervalli di settima di quell'uccello; ne ride anche lui e canta; sa che di eterno in questo mio scrivere c'è solo la ripetizione della stessa promessa. (Sergio Daniele Donati – 2021 Inedito)

Dialoghi poetici coi Maestri 10. - Franco Battiato

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  Franco Battiato -  foto di repertorio OCEANO DI SILENZIO Un oceano di silenzio scorre lento senza centro né principio Cosa avrei visto del mondo senza questa luce che illumina i miei pensieri neri. (Der Schmerz, der Stillstand des Lebens Lassen die Zeit zu lang erscheinen) Quanta pace trova l'anima dentro scorre lento il tempo di altre leggi di un'altra dimensione E scendo dentro un oceano di silenzio sempre in calma. (Und mir scheint fast Dass eine dunkle Erinnerung mir sagt Ich hatte in fernen Zeiten Dort oben oder in Wasser gelebt) (Franco Battiato – da Fisiognomica 1988) _________________ LE DISCESE Mi faccio goccia, sulla pelle di mani amiche. So che culleranno la mia esistenza prima di immergersi - d'immergermi - nelle acque dell'oblio. È di quelle mani di madre il calore che non mi svapora e discende la mia evanescenza in prismi e arcobaleni. Vado, e così fai tu, e sorrido alla fine d'ogni fine, al diluirsi lento del mio nome in una luce calda d'a

Dialoghi poetici coi Maestri 9. - Pablo Neruda

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Pablo Neruda  - Foto di repertorio CHIEDO SILENZIO Ora, lasciatemi tranquillo. Ora, abituatevi senza di me. Io chiuderò gli occhi E voglio solo cinque cose, cinque radici preferite. Una è l’amore senza fine. La seconda è vedere l’autunno. Non posso vivere senza che le foglie volino e tornino alla terra. La terza è il grave inverno, la pioggia che ho amato, la carezza del fuoco nel freddo silvestre. La quarta cosa è l’estate rotonda come un’anguria. La quinta cosa sono i tuoi occhi. Matilde mia, beneamata, non voglio dormire senza i tuoi occhi, non voglio esistere senza che tu mi guardi: io muto la primavera perché tu continui a guardarmi. Amici, questo è ciò che voglio. E’ quasi nulla e quasi tutto. Ora se volete andatevene. Ho vissuto tanto che un giorno dovrete per forza dimenticarmi, cancellandomi dalla lavagna: il mio cuore è stato interminabile. Ma perché chiedo silenzio non crediate che io muoia: mi accade tutto il contrario: accade che sto per vivere. Accade che sono e che conti

Dialoghi poetici coi Maestri 7. - Leonard Cohen

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  Leonard Cohen - Foto di repertorio YOU WANT IT DARKER If you are the dealer I’m out of the game If you are the healer Means I’m broken and lame If thine is the glory Then mine must be the shame You want it darker We kill the flame Magnified and sanctified Be Thy Holy Name Vilified and crucified In the human frame A million candles burning For the help that never came You want it darker Hineni Hineni I’m ready, my Lord There’s a lover in the story But the story’s still the same There’s a lullaby for suffering And a paradox to blame But it’s written in the scriptures And it’s not some idle claim You want it darker We kill the flame They’re lining up the prisoners And the guards are taking aim I struggled with some demons They were middle-class and tame I didn’t know I had permission To murder and to maim You want it darker Hineni Hineni I’m ready, my Lord Magnified and sanctified Be Thy Holy Name Vilified and crucified In the human frame A million candles burning For the love tha

Dialoghi poetici coi Maestri 6. - Salvatore Quasimodo

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  Salvatore Quasimodo - Foto di repertorio ALLE FRONDE DEI SALICI E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. (Salvatore Quasimodo: dalla raccolta Giorno dopo giorno, 1947) _______________________________ PROLE ACCECATA È sottoterra che, seppellita, la parola germina, tra bave cieche di lombrichi e maceri infedeli di rami secchi; la parola tradita, come prole accecata nel sogno. E non basta dirsi vinti né cedere il passo a un silenzio nazista. Occorre avere la folle pazienza di chi illumina di fuochi fatui le macerie d'un dire senza segno. Speranza è parola sporca; odora di fango e muschi decomposti e si cela nell'attesa d'una pioggia che ne liberi i fa

Dialoghi poetici coi Maestri 5. - Rainer Maria Rilke

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  Rainer Maria Rilke -  Foto di repertorio PRIMA ELEGIA Chi mai, s’io grido, m’udrà dalle schiere celesti? E d’improvviso un angelo contro il suo cuore m’afferri, − io svanirei di quel soffio più forte. Ché il bello è solo l’inizio del tremendo, che noi sopportiamo ancora ammirati perché sicuro disdegna di sgretolarci. Sono gli angeli tutti tremendi. Così mi trattengo e soffoco in gola il richiamo d’un oscuro singhiozzo. Chi mai ci aiuterà? Né gli angeli ahimè né gli umani – e gli animali sagaci ormai sanno che non molto tranquilli noi stiamo di casa in una foresta di segni. Un albero forse ci resta lungo il pendio, da rivedere ogni giorno; ci resta il cammino di ieri e la fedeltà viziata di un’abitudine, che presso di noi si compiacque e non se n’è andata e rimase. E la notte, oh la notte, quando il vento del mondo il viso ci scava, − a chi mai non rimane, l’agognata, che soavemente delude, e grave attende il cuore del solitario? È forse più lieve la notte agli am

Dialoghi poetici coi Maestri 4. - Jorge Luis Borges

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  Jorge Luis Borges -  Foto di repertorio DIMENTICANDO UN SOGNO Tratto da La cifra (Mondadori, 1982) trad. it. D. Porzio Nell’alba dubitante ho avuto un sogno. So che nel sogno c’erano più porte. Il resto l’ho perduto. Il mio risveglio ha lasciato svanire stamattina quella favola intima che adesso è più inafferrabile dell’ombra di Tiresia o di Ur dei Caldei o dei corollari di Spinoza. Ho passato la vita decifrando i dogmi che avventurarono i filosofi. È noto che in Irlanda un uomo disse che l’attenzione di Dio, che mai dorme, raccoglie eternamente ogni sogno ogni vuoto giardino ed ogni lacrima. Continua il dubbio e la penombra cresce. Se sapessi che è stato di quel sogno che sognai, o che sogno aver sognato, saprei tutte le cose. ________________________________ SCORIE DI DESIDERIO (Sergio Daniele Donati - 2021 - Inedito) Sulla linea di fuoco del sogno siamo ermeneuti affannati dal segno che scolora; ne decifriamo in fretta i tratti sbiaditi prima che inchiostri simpatici lascino scart

Dialoghi poetici coi Maestri - 3. Konstantinos Kavafis

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Konstantinos Kavafis  - Immagine di repertorio MURA Senza riguardo, pudore, compassione mi han costruito alte mura tutt'intorno. E ora sto qui seduto a disperarmi. Non penso ad altro: mi rode questa sorte; perché avevo da fare molte cose fuori. Mentre la costruivano, come non mi accorsi? Non udii mai strepiti e voci di muratori. Inavvertitamente mi hanno escluso dal mondo. (Konstantinos Kavafis - tratto da "Poesie scelte" 2025 Crocetti Editore trad. dal greco Nicola Crocetti) LE DIMORE Ogni ritiro è foglia e linfa, e sudore su palmi, meticci. Non mi appartengono quei palmi, né le mani. E dimorano nei miei polmoni ossigeni altrui. Trovo riposo in cucine, tra odori di spezie inusuali. E suoni di lingue sconosciute cullano il ricordo di me bambino. Il luogo del mio ritiro è dove il mio nome non varca soglia. Perché fu nella lingua dei miei avi che il palato di mio padre pronunciò quel nome, luce rifiutata d'un seme di coscienza. (Sergio Daniele Donati - 2021 Inedito)

Dialoghi poetici coi Maestri - 2. Ronny Someck

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  Ronny Someck - Foto di repertorio GRANO Un campo di grano fluttua sul capo della mia donna e su quello della mia bimba. Quanto appare banale descrivere così  il biondo, eppure, là cresce il pane  della mia vita. Ronny Someck  - tratto da "Il bambino balbuziente" 2008 Mesogea Edizioni trad. dall'ebraico Sarah Kaminsky e Maria Teresa Milano MANGROVIE Siamo mangrovie, Ronny. Le nostre radici si nutrono di cieli umidi  e simboli eterni  giocano a Monopoli con gli sguardi dei nostri figli, senza passare mai dal via. Sergio Daniele Donati  - 2021 Inedito

Dialoghi poetici coi Maestri - 1. Osip Mandel'štam

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  Osip Mandel'štam -  foto di repertorio Dimmi, disegnatore del deserto, geometra delle sabbie arabiche, la furia sfrenata delle linee ha davvero ragione del vento? -Non tocca la trepidazione dei suoi giudaici affanni; dal balbettio lui modella l'esperienza, dall'esperienza beve il balbettio. (Osip Mandel'štam – novembre 1933 comparso in Quasi leggera morte - Ottave Adelphi Ed. - Nona ottava a cura di Serena Vitale) Perché mai dovrei gettarle lontano? Sono chine secche, assetate di pioggia, speranze di diluizione e assorbimento su fogli porosi. Che cantino loro la roca brama d'esistenza; nostra è la danza e, forse, la preghiera se inciampa nei passi del silenzio. (Sergio Daniele Donati – marzo 2021 inedito)