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Al Maestro - Trittico

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1 Ci scava gli occhi - e ne risucchia la luce - percorrere come talpa, sottoterra, gli umidi territori della nostra falsa coscienza. Abbiamo bisogno dell'abbaglio - d'una intuizione puerile - per dirci degni della falsa imago  che abbiamo  della cecità d'Omero. 2 Del Ciclope ci meraviglia l'ottuso passo, l'incapacità di trovar senso nel gioco che la Parola fa con le intenzioni del Rapsodo . La cecità del figlio del dio del mare  non è figlia del gesto di Odisseo , ma di una assenza originaria - ci vogliono due occhi per raccogliere  sotto al limo della forma la gemma preziosa dell'ironia. 3 Eppure continuo ad arrendermi al canto delle sirene  e non mi lego a nessun albero, Maestro, dal giorno in cui la tua voce è tornata al Silenzio che l'ha generata.  Tutte le foto sono di Sergio Daniele Donati e sono state scattate  al Museo Archeologico di Atene

Su "Elegia Ambrosiana" (Collettivo K - Divergenze ed.) - recensione di Sergio Daniele Donati

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Quella che state per leggere non è una recensione, né un commento a un testo che mi ha lasciato sbalordito; nel silenzio. Anzi, del testo parlerò davvero poco. Ciò che sto per scrivere è un tentativo di sintonizzazione , come facevo da adolescente con le vecchia radio internazionale che avevo ricevuto in dono da papà, girando il manopolone finché non riuscivo a beccare qualche strana stazione di Zagabria o Kiev. Leggo sul testo di Elegia Ambrosiana (Divergenze ed) del Collettivo K che “i membri di tale collettivo, gruppo di street poetry dal 1981, affidano i loro lavori a gessetto a selciati, mura e marciapiedi, perché non lascino segni sulle superfici. […] Tutti i componenti del collettivo sono stati e voglio restare anonimi, in linea coi loro componimenti […] Nella silloge del primo collettivo di street poetry d'Italia, i versi miti e infuocati comparsi a Milano e dedicati alla città proprio come un canto, un'elegia ambrosiana […]” . Poesia collettiva? Già sento il canto

Una piccola meditazione

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Foto di Sergio Daniele Donati Sto qui,  seduto a osservare  la dissoluzione del mio nome; ingombrante. Intanto scorrono immagini  e suoni. Portano poesia, sì, ma solo a chi sa dimenticarsi della propria esistenza per il tempo lento d'un eterno respiro. Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 Foto di Sergio Daniele Donati

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 03 - "La guerra è l'elaborazione paranoica d'un lutto" (Fornari, Lacan, Amichai e Ungaretti)

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A cura di  Sergio Daniele Donati “La guerra è un'elaborazione paranoica d'un lutto” dice lo psicoanalista Franco Fornari  nel suo indimenticabile saggio “Psicoanalisi della guerra” (1966) 1- 2 La frase può apparire criptica e sicuramente merita più profonde riflessioni di quelle che questa rubrica può offrire. Ad un primo livello sembrerebbe dirci che, sia per gli individui che per i popoli, guerra e conflitto sono la risposta esteriorizzata ad un dolore e lutto che si è incapaci di elaborare all'interno di sé.  E questo, sempre secondo Fornari, avviene secondo "dinamiche" che apprendiamo in età evolutiva e trovano radice nella paura della perdita della madre.  Il neonato, in altre parole, sente l'esigenza della madre, fonte di vita e nutrimento, per sopravvivere. Questo gli fa percepire una sorta di sdoppiamento perché la persona che gli dà la vita è in grado con la sua assenza,  anche eventuale, di dargli la morte.  Tende dunque, per sopravvivere a scindere

Sottopelle (Stanze)

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1 L'Antico attraversa sottopelle la coscienza, nella parola; e solletica senza sosta sia la memoria che l'oblio. Così il Mito; tace all'uomo  la presenza di Medea e sussurra l'urlo d'Edipo ai figli del pensiero. 2 Eppure c'è chi intona un canto le sere d'estate e pronuncia nomi di rugiada a cortecce e resine, sotto i pini. Là risiede la brezza che risveglia, e la nenia che procede alla conta di sogni e lumi. 3 Tu non chieder senso alle parole dell'Aedo - né armonia alle scale delle cetre del Rapsodo. Lascia, invece, che termini  quest'anno di pece perché stavolta sia data  possibilità di ritorno  dall'Ade, a Orfeo  e Euridice. 4 Il Mito e l'Antico fanno l'amore le sere d'inverno  sotto il pino, e irrorano, tra sudori e profumi di ginepro,  i muschi della speranza che il poeta riconosce nella domanda celata d'uno sguardo bambino.

Non dura

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«La notte» - foto di Sergio Daniele Donati Non dura la notte a lungo; accoglie sempre  striature da fenicottero sulla linea dei pensieri. È in quell'istante che diviene la "notte che prepara", e per farlo si snatura;  sa che la verità risiede nel passo di chi sa osservare granelli di sabbia scivolare dalle mani.

(Redazione) Dissolvenze - 02 - Numeri sulla pelle

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A cura di Arianna Bonino 1 Fu Péter Nádas (nato nel 1942), scrittore e drammaturgo ungherese, ad avere nel 2003 l’incarico di curatore della mostra fotografica allestita al Museo di fotografia dell'Aia, con il compito di delineare lo sviluppo della moderna fotografia ungherese dall'epoca della prima guerra mondiale alla fine degli anni '60; Nádas, prima di dedicarsi alla narrativa, fu infatti fotoreporter e fotografo professionista.  Oltre ai ben noti Robert Capa, Brassaï, André Kertész, Martin Munkacsi e Eva Besnyö, nella mostra furono esposte anche opere di maestri meno noti della fotografia vintage ungherese.  La mostra faceva parte del festival della cultura ungherese che si svolse nei Paesi Bassi con il titolo “Hongarije aan Zee”. Péter Nádas curò quindi anche il bellissimo catalogo della mostra, pubblicato nel 2004 con il titolo: “Péter Nádas e la fotografia ungherese 1912-2003”. Ne ho tradotto un breve passo: «Il negativo deve essere posato su un vetro opaco inclinat

Zain (terzo ciclo)

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Poi una voce, un monito potente: « Vai lontano, verso te stesso, ché non c'è luogo più lontano di "te stesso" nel Silenzio ». Io stavo là, con la "voce-dentro", nel travaso del dolore. «Padre,» chiesi, «perché tradisci il destino di tuo figlio?» Abbassava lo sguardo mentre mi ferivo il torace, pugnale alla mano. Un monito al monito: «Le ferite dei padri  sono numeri tatuati sulla pelle dei figli»

Nulla di più doloroso

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Nulla di più doloroso che dover ricordare  a chi svanisce  l'unica libertà che resta - a chi resta - il rifiuto d'aderire alla narrazione fiabesca  dell'abbandono. 

Se mai ti venisse desiderio (Nature boy)

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"Father and son" - foto di Sergio Daniele Donati A mio figlio Gabriel Se mai ti venisse desiderio d'inclinare l'animo  su una nota minore, d'ascoltare quel piano, in una fumosa notte, milanese, ricorda, e fai ben attenzione a non dimenticare: hai avuto un padre che su quella stessa nota ha costruito la melodia della tua nascita.

Dal treno

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"Nebbia" foto di Sergio Daniele Donati E questa nebbia che non mi lascia sentir lontano  dal mio sguardo  astigmatico, sfoca i contorni e mi fa percepire finalmente  volatili le radici del mio albero - si nutre da sempre di sogno, d'altrove e di eppure e tacita il presente  come lo tacita un padre in ricerca del figlio. "Nebbia" foto di Sergio Daniele Donati

Trittico della stanza azzurra (o del Tempio profanato)

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  "Evanescenza" - foto di Sergio Daniele Donati La stanza azzurra Esiste un luogo protetto dal mondo che custodisce il Sacro e il Progetto con la fiamma d'una candela. È il luogo - o forse dovrei dire il tempo - del nascondimento, la culla del celato ove la parola è detta per dire e i nomi del Silenzio sono pronunciati in lingua antica. Esiste una stanza le cui pareti hanno il colore del cielo che rende nuovamente bambini i passi canuti di chi si sporca la mano per tener puro il pennino. Al centro della stanza, lo immagini, un tavolo grezzo e inchiostri e penne e pergamene; e poi i sogni. Sì, proprio sogni; c'è ancora chi immagina che un segreto possa esser condiviso. (Sergio Daniele Donati - inedito 2021) "Il talento" - foto di Sergio Daniele Donati La porta Ho aperto quella porta - ne avevo la chiave - per lasciarti sbirciare la mia stanza azzurra. Non sapevo però - o forse fingevo ignoranza - che, una volta aperta, le pareti si sarebbero striate di rosso;

Mi chiedi perché (Oblivion)

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"Viso sul muro" foto di Sergio Daniele Donati Mi chiedi perché rido e non partecipo allo strazio con maschera greca o passi calcolati; da teatro Nō. Andava pur difeso quel bambino; qualcuno doveva pur insegnargli un respiro non asmatico o indicargli un possibile ascolto del tamburo battente in mezzo al petto. Andava pur difeso quel bambino e fu un vecchio Maestro a farlo - vecchio com'è vecchio un cinquantenne per un bambino -, un maestro pazzo la cui risata  separava continenti di sofferenze tra ciglia troppo giovani per concepire la sana lacrima. Non chiedermi dunque perché rido; chiediti perché ancora danzo  questa musica di sogno con il fumo uterino del tuo ricordo.

(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 02 - "Il mio nome è Nessuno" - tra favola e filosofia

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A cura di Stefania Lombardi Non è un mistero che i film mi piacciano e adoro concentrarmi sui film cult su cui, data l'ampia diffusione, non si parla più di recensioni ma di riflessioni. Da cui il titolo della rubrica. Che dire di "Il mio nome è Nessuno"? Questo film entusiasma non solo per il romantico ed evocativo richiamo a tutti i “nessuno” fautori del cambiamento e non solo per i rimandi a Ulisse: il cambiamento fatto persona espletato nella metafora del viaggio continuo che non basta mai a soddisfare la sete di conoscenza. Riguardo il cambiamento portato avanti dai molti e differenti “Nessuno” capaci di creare, addirittura nuovi universi, rimando a uno dei fumetti di Dylan Dog, dal titolo: "Storia di Nessuno". E, soprattutto, Nessuno, non cerca il cosiddetto “successo”, cerca tempi migliori. Non cerca riconoscimenti personali ma fatti che influiscono sulla collettività. È l’idealismo incarnato. Ho già fatto considerazioni simili in passato sul mio account

Due poeti allo specchio (Rita Bonetti e Sergio Daniele Donati)

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Post mortem Dovevamo sgombrare la stanza e facemmo un mucchio gettato a terra di maglie camice abiti foulard impregnati del suo odore perle infilate da pochi soldi un borsellino di plastica blu Così buttammo tutto quanto sangue e cuore l'anima in dono agli altri vecchi, se serviva Per noi, qualche borsetta l'oro era poco ed è sparito chissà chi l'ha venduto nemmeno quella cena in suo ricordo come si era detto Sono niente si sa le cose accumulate in una vita lo leggo sempre ogni giorno nei sottotitoli (Rita Bonetti - Inedito 2021) ____ Prima che nasca qualcosa Prima che nasca qualcosa - qualsiasi cosa; un soffio, un silenzio; una cattedrale - lo sguardo inclina verso terra; nel luogo dell'abbandono, dove macerano foglie e rametti e ricordi d'una vita vissuta piano a sperare il futuro. Rinasce forte, più forte, chi sa soggiornare in quel luogo, in quel tempo antico, di coperte spesse e brune e parole attaccate al palato, come mieli, a sperare, sì, che il passato ci pa

Due poeti allo specchio (Paola Deplano e Sergio Daniele Donati)

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Ulisse Limpidi occhi felini fianchi dolci pelle di velluto calda da carezzare lento, fino all’alba. L’incanto del tuo corpo, Penelope preziosa, abilmente nasconde la feroce mente eccelsa che certo mi ha tradito e mi fa soffrire e gioca a dadi con la mia vita e sempre vince. Paola Deplano - inedito 2021 ______ Penelope Abbonda in aggettivi e complimenti, Odisseo, chi nasconde al suo sguardo la rabbia nelle pupille e alle sue narici l'odore della paura, sulla pelle della moglie che abbandona. Sergio Daniele Donati - inedito 2021 _____ BREVI NOTE BIOBIBLIGRAFICHE PAOLA DEPLANO (Siena 1966) insegna lettere in una scuola secondaria di primo grado. Ha pubblicato Pinocchio fuma (Nuova Santelli 2006), Ulisse con cipolle (Publigrafic 2014), L’ultima Cenerentola (Progetto Cultura 2018) e Ultima fermata Spoon River (Progetto cultura 2020). È redattrice del Litblog Poetarum Silva e collabora con Pelagos e con la Newsletter dell’Italian Oscar Wilde Society. ___ SERGIO DANIELE DONATI (FEDRO) (Mi

Due poeti allo specchio (Elena Deserventi e Sergio Daniele Donati)

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Chiedi al mio silenzio se parla coi fantasmi e lascia rivoli di parole sfatte livide anche al latte di Selene appese a stralci di lucciole estreme Chiedi al mio silenzio se parla a chi lo sente entrare nell'impervio defluire nelle gocce di lacrime o pioggia fino all'oceano cupido dell'orizzonte Non chiedere nulla se la tua scelta è soffocare il non detto con zeppole di segatura e torsioni ininterrotte da insetti devastanti Chiedo al mio silenzio la clausura in un eremo tra nuvole gonfie di morbidezza un nido d'aquila Il volo a baciare la luna l'occhio a cogliere il sole Vietato ogni suono umano non chiedermi ormai del mio silenzio Elena Deserventi - Inedito 2021 Non pongo domande a un silenzio che impera sovrano e si stende come coperta di lino sacro  sui miei singulti, sulle colle -per diluirle- che attaccano al palato parole mie sdentate. Non pongo domande a un silenzio che si fa miraggio e oasi per la mia sete di ritorno e mi bisbiglia piano in lingua arcana moni

Un inedito di Daniela Favretti

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di Daniela Favretti Muta svelta al posto Della tua faccia ogni parola E' solo l'inferno la traccia Dal dolce al veleno in un velo Nell'inverno che resta, una bava Fa in fretta a farsi gelo. _______ Dice di sè l'autrice: " Nasco in un giorno di gelo bianco padano. Il primo film che ho visto è stato Il dottor Zivago: Lara mi ha segnato. Il secondo film è stato Il posto delle fragole. Da piccola credevo che il caval Donato fosse stato trattato ingiustamente e allora quando mi è stato possibile mi sono iscritta alla Facoltà di Filosofia. Parlar d' arte è un insulto nella maggior parte dei casi. Amo la carta, i segni, le ombre, l' inchiostro che macchia le dita, i gatti che graffiano, l' oceano che schiuma, il jazz. Il silenzio. E poi, sono un pittore." Daniela Favretti