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Il poeta e la poesia (ironia)

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  Un giorno un poeta incontrò la poesia , ma non la riconobbe e continuò a scrivere.

Stanze del «io non ho saputo»

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Lascia al cielo l'antica battaglia; la radice d'un corpo d'uomo è nel legame tra uno sguardo - gettato all'orizzonte - e il corretto appoggio dei piedi a terra. Lascia al cielo l'antica battaglia, posati sul punto più lontano che il tuo sguardo possa contemplare, e, prima del primo passo, sospira. Ogni sospiro è un tributo  - sapessi quanto giova  potersi dire « io non ho saputo» - e lasciare ancora una volta quella battaglia al cielo. Sapessi quanto giova nel ritiro potersi dire «io non ho capito» e prima del primo passo alzare il palmo a una presenza evanescente - un saluto a ciò che mai torna - Una mano che si alza - anche se non percepita - un battito di ciglia volontario - anche se nei tempi dell'occhio - spostano aria e creano spazio alla penombra che crea  mulinelli di riconoscenza all'amore non riconosciuto. Lascia quella battaglia al sole, tu affidati a uno sguardo capace d'orizzonte a un palmo capace di rende

Il canto del perdono

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  Inizia nel midollo una sorta di vibrazione che riassetta i ricordi e ricolora una tela abusata di tinte tenui. Non è dimenticanza è il passo sapiente della mano che articola lenta falangi e parole  per un fine solo; una dichiarazione di resa. Il vero si manifesta sempre nel corpo come un canto di merlo al tramonto,  e tutte le immagini che ti sei creato per negarne l'esistenza  svaniscono come nubi al soffio del vento.  La schiena si raddrizza e lo sguardo si fa nostalgico su un orizzonte che si sposta coi pensieri; è il richiamo del riconoscimento silenzioso d'un passato che tardava a passare. Quel nome innominabile diviene canto per una gola ormai matura a pronunciarne altri e nel ventre fecondo di speranza senti muoversi le primavere che sinora ti sei negato.  Poi taci, è arrivato l'istante dell'ascolto e il corpo - sede unica di ogni nostro sentire - ti dice che è ora di pronunciare ancora quella parola interdetta.  Inizia sempre nel midollo come una vibrazione d&

Un piccolo pensiero

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Dice il pensiero ebraico che non c'è peggior peccato che ricordare  al convertito le sue origini. La conversione è un mutamento radicale dell'anima. Ogni volta che ricordiamo a qualcuno ciò che è stato lo condanniamo a una pena infinita. Allo stesso tempo condanniamo noi stessi a ignorare le nostre stesse potenzialità. Siamo qui per liberare scintille, negli altri, nel mondo, nel creato: non per mettere l'accento sul fango da cui tutti, chi più chi meno, siamo emersi. Va di moda dire che il perdono è impossibile perché contiene in sé un senso di superiorità. Si dice, per non perdonare: chi sono io per perdonare? Cosa ho in più di chi dovrei perdonare per poterlo fare? L'obiezione non è stupida, ma contiene una trappola.  Perdonare è accettare non solo il cambiamento dell'altro ma, soprattutto, il nostro. Invertendo l'ordine di quell'assunto mi chiedo: chi sono io per non perdonare e ergermi a muro contro la forza del cambiamento? Oggi ho intimame

Due poeti allo specchio (Arianna Bonino e Sergio Daniele Donati)

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Kilim Nei venti migliaia d’arie e nastri centigradi d’ombre polveri di tempeste e paci intaccano il segno sul legno e sull’osso. Tra i fili il kilim tiene sabbie le belve blu sue non sono più bestie, le faune del mare hanno forme di rocce graffiate di verbi. Tinte perdute figurano macchie - fosfeni di sonno e di trama. Ma il suono mio chiuso di labbra in punta di lancia o velluto frustato su pelle o intagliato in un frutto ti volta ogni volta lo sguardo e sempre la sete mi asseti. E ancora sul fondo nel buio sogno arrovesciata da maree di sale ogni onda d’occhi tuoi ricrea luce alle stelle del mondo. (Arianna Bonino - inedito 2022) Quel vecchio Mi celo allo sguardo assorto di quel vecchio comunque troppo pieno del gesto della sua mano  per percepire la mia presenza. Tesse fili di parole dal suono diafano, intrecci di suoni arcani con la perizia dell 'antico . Non temo più la parola perché so che tra quei fili canta l'arpa della tua voce e il mio ascolt

Un inedito di Ornella Spagnulo

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  Se il cuore non sanguina significa che non esiste e non può non esistere un cuore è una cosa improponibile quasi come l'estate senza il sole. Se il cuore non sanguina vuol dire che non ce l'hai allora mille volte meglio avere dubbi esistenziali e ferite micidiali rispetto all'indifferenza di chi non s'innamora più. Mille volte meglio mille cuori sanguinanti del tuo contegno da ignorante e indifferente analfabeta dei sentimenti. Ornella Spagnulo - inedito 2022 NOTE BIOBIBILOGRAFICH E Ornella Spagnulo (1982) è laureata in Critica e comparatistica alla Sapienza, ha seguito il master in scrittura creativa Luiss Writing School e nel 2017 è diventata dottoressa di ricerca in Italianistica all’università Tor Vergata. È autrice del saggio Il reale meraviglioso di Isabel Allende (Aracne, 2009), della raccolta di poesie L'avvio e la perdizione (Sillabe di Sale, 2015), del prosimetro Nuove terzine (Fuorilinea, 2016), della raccolta di poesie Come una tigre (Eretica Edizi

Due inediti di Valentina Murrocu

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  I I piatti nel lavello in Via Kramer sono indice di una mediocrità piana come i residui di sangue mestruale sulla tazza: il soggetto che agisce una tragedia minima, lo sperma sulla tuta, il velo che si squarcia in metropolitana a Gessate. Oppure, lo spazio tra l’arredamento e il mondo interno, nominare il corpo svuotandolo di senso. «Se vivere è percepire, dunque, la somma dei soggetti è una proprietà, come uno spasmo nel sonno, l’angoscia del risveglio.» La rimozione come scarto o accrescimento. II Il divano lasciato in Via Magenta rivela una coerenza al fondo delle cose, come non ci fossero i caseggiati alla periferia di Milano, le partite di calcio, la tragedia esponenziale sulla linea della metro: in sogno, sempre più spesso, una miopia minore gli viene incontro come la coincidenza nei tessuti. «Allora, la membrana regola gli scambi tra viventi come da un dio interno: l’alto e il basso contro la parete, il vintage, la pornografia, il desiderio scomposto in forze.» Dicevi che

(Redazione) Letti da Francesca - 05 - su Atlante della nostalgia, Marco Patrone, Arkadia Editore Collana Eclypse, 2021

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A cura di Francesca Piovesan L’Atlante della nostalgia di Marco Patrone è lo dispiegarsi della vita su carta lucida; quella carta lucida usata per seguire con il dito una catena montuosa, o il percorso di un fiume, il confine di un continente, o gli anelli della densità abitativa di una capitale. L’Atlante sono quattordici racconti che delimitano le tappe: adolescenza, i quarant’anni, un’epoca della crisi, e un memoriale rivolto a un vizio mortale, per quanto controllato. Ci sono le storie, ci sono i personaggi, ci sono canzoni e film. C’è la vecchia Europa, un’Italia di provincia, di periferia. C’è il sesso, fatto di ore, giorni, stanze d’hotel, incontri ricercati, non voluti, ipotizzati, sperati. Esiste la solitudine in questo Atlante, esistono le amicizie d’infanzia, degli anni universitari, esistono uomini divorziati, inghiottiti dalle strade e dai chilometri, esistono le donne deformate da una tragedia, minute come un piccolo fiore carnoso. “La vita quieta”, che si vuol calciare v

Torna traccia (Oblivion)

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Torna traccia, in quella nota iniziale e sospesa, che so già declinerà verso il basso, del ricordo d'un bosco innevato. Quel cervo mi guardava di lontano pianificando le sue vie di fuga. Io l'osservavo, stupefatto e bambino - usciva del fumo dalle sue nari quasi respirasse l'aria fredda dell'addio prima di muovere un passo. Una nuvola grigia è passata sulle nostre pelli allora: tu non desideravi più esistere e le mie mani erano troppo piccole e i miei occhi troppo pieni di lacrime per impedirti di celarti di nuovo dietro le maglie di una mera sopravvivenza. Era una nuvola grigia che copriva i fumi caldi di vita che ci uscivano dalle nari. Oh si, tu ora esisti eccome e io sono trascinato via da una malattia dal nome impronunciabile; questa non è la stagione delle nebbie ma so per certo quale alito di vita ci ha sfiorato i volti prima che ci voltassimo tramutandoci entrambi in statue di sale.

Due poeti allo specchio (Antonella Sica e Sergio Daniele Donati)

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Fra le rughe bagliori intermittenti nascoste lucciole, stupore di scirocco che sorprende dopo l'ultima curva s'arrende benevola la notte a questo gioco di code di cometa crune di luce, intrecci fra i rami piccole mani fiorite ancora ignare al peso del frutto.  (Antonella Sica - inedito 2022) Parole - le tue - che giungono di lontano e strappano sorrisi  al teatro della disperazione. Lucciole che richiamano  infanzie ilari e retini, o il desiderio adolescente  di catturar la luce dell'amore, prima di capire d'essere pesce per quell'esca. Nei solchi secchi delle mie mani vissute la tua parola, sì, semina  fiori di zafferano, piccoli e gialli e preziosi, belli da guardare all'alba di un giorno  che si fa radioso di speranza. (Sergio Daniele Donati - inedito 2022)

Quella parola...

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Che quella parola non vada detta a chi non è pronta a riceverla è cosa che ho imparato a mie spese. Che quella parola non vada trattenuta nemmeno davanti al volto che sai la rifiuterà è cosa che ho imparato a mie spese. A conti fatti, ho speso tanto per quella parola. È una parola pericolosa e spigolosa che forse sarebbe meglio espungere da ogni vocabolario. Basterebbe dire « io ti » e lasciare al vento il suo ruolo di messaggero.

Melanconia

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È quando ti pare che vivere si riduca a quell'aliseo e senti il richiamo di ferite antiche, come se nel sangue fosse scritta una memoria velenosa e latente, e l'ombra del giudizio alza la sua voce baritonale e ripete il tuo nome mille e mille volte, e mille e mille altre volte sciorina la lista della tue colpe; allora si alza un vento contrario che non può che essere che di triste coscienza. Ciò che è stato è stato, e tu allora non avresti potuto essere diverso. Avviene in quell'istante una docile resa una sorta di perdono materno, una carezza sulla nuca, mentre si alza forte il canto paternale dell'impossibilità di ricevere perdono, né di donarlo a sé stessi. La melanconia è rimanere là in mezzo a quegli opposti venti e desiderare di sparire  da un palcoscenico senza spettatori dove si recita  la commedia del proprio fallimento.

Due inediti di Roberto Crinò

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Bestiaio Si chiama mortaio perché porta la morte, avesse portato la vita si sarebbe chiamato vivaio, ma ciò che l'uomo coltiva, spesso l'uomo avvelena e diffonde il morbo della morte l'infernale bestiaio. Icaro, cadendo Precipitare d'abisso è lo sfaldarsi di petali di rose appena aperte sull'orizzonte al crepuscolo di mani dimentiche, di carezze apolidi. Fatidiche note mute gocciolano su muri di borragine fiorita, acido pasto d'indomite api esperte ai voli e alle scie fertili. Cosa manca al computo delle ore, al compito del Grande Fattore? Cosa è questo deficit che perdura dai tempi aurei, che impedisce l'armonia? Sinossi di Lettere dal passo di confine   Lettere dal passo di confine è un estratto di dieci liriche. Il titolo volge al plurale quello, al singolare, di una delle dieci poesie. Se la lirica omonima è il “manifesto” della mini-raccolta, tutto l'estratto si compone di poesie percorse da un fil rouge tematico. Queste poesie sono tes

Due poeti allo specchio (Sandra Manca e Sergio Daniele Donati)

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  Soppravivere sacrificando l'esistere incatena l'adesso a un passato stantio; puoi legare la frenesia, tagliarti la lingua ma dal nulla ti strapperà l'istinto. Adagiarsi sulla presenza dell'altro è convivere nell'assenza, ritrovarsi nello specchio della solitudine. Tu leggi i gorgheggi dell'affanno e impari, germogli di parole io scaglio sul tuo cuore e, con un sorriso, ti restituisco alla vita che seppur duole finge d'essere infinita. Sandra Manca © 1 aprile 2022 Mai ho pensato prima di quello strappo che la vita potesse mutare in sopravvivenza in un battito di ciglia. Sempre ho vissuto, prima di allora, la folle frenesia di un futuro sempre possibile. C'è più insegnamento in un respiro asmatico e nell'odore dell'assenza che fra le fibre d'un progetto di vita. Sergio Daniele Donati © 1 aprile 2022 Montaggio musicale e video di Annalisa Mercurio

Una sorta di testamento

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  Se attendessimo  solo qualche istante a tradurre i suoni in parole e ci soffermassimo sul sorriso  della voce della natura, lenta si farebbe strada la lingua del vento quella che, ad esempio,  narra d'Odisseo il ritardo nel ritorno e una brama di sconosciuto che ignora  la mistica dell'ordinario. Cadono a grappoli, come bombe, le nostre interpretazioni  su quei suoni - il massacro dell'ascolto  profondo mancato - e si sovrappongono  al brusio della vita, che è suono caldo, di magma. Alle lingue divise di Babele sopravvive il canto del soffio, ma ci devia  la selva dei significati che ignora l'armonia  di un dittongo. C'è un prima e un dopo in ogni parola, e confondere i tempi della comprensione è negare il brivido  sulla pelle, il massaggio profondo, l'accordo del suono alla vibrazione  delle nostre cellule. Per questo, prima di scrivere, non ho mai nulla da dire che non sia già stato detto dall'antico lemma della natura. Per questo ciò che scrivo  nel pro

M'appartiene

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M'appartiene l'antico - anzi sono io a esserne schiavo - lo sguardo rivolto a un passato immaginario. Il presente mi pare l'illusione di sufficienza a sé stessi. Il futuro è una spinta verso ciò che già conosco e danza col passato sensuali passi di tango. Poi mi perdo tra lettere e parole cercando senso in una confessione monca, in una scrittura senza foglio - l'inchiostro servo d'un pennino pigro.

Un inedito di Maria Concetta Giorgi

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  … Silenzi e disaccordi, come mutano le ore a distanza di città nuove come cambiano i silenzi delle parole, non ci sono, forse non ci sono mai stata. Neppure le ombre mi trovano, eppure c’è qualcosa che mi lega in modo indissolubile a ciò che afferro. Colgo con forza ogni pensiero chiedo (voglio pensare di tenerti per mano), che il mio corpo accompagni il tuo. Maria Concetta Giorgi NOTE BIOBIBLOGRAFICHE Maria Concetta Giorgi è laureata in Lettere Moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Urbino. E’ presente nell’Antologia collettiva di racconti e poesie “Voci sparse” e “Poetesse in estate” editi in e-book dalla Scuola di Scrittura di Roberto Agostini di Milano. Per Vajo Edizioni è inserita nell’ Antologia “In Vita Poesia Contemporanea” Per il Centro Tipografico Livornese è presente in un e-book dal titolo “Poesie d’estate” e premiata in due concorsi di poesia “Liburni arte e cultura” . Per Emma-Books è presente in “Brevi ma bravi” , un’antologia di sho

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 06 - Eugenio Montale e la lingua di Dio (una sovra interpretazione biblica)

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  A cura di Sergio Daniele Donati Conoscere la parola significa conoscerne i contorni, esplorarne le assenze e soprattutto godere dello stupore delle sue mutazioni semantiche. Lo stupore non è una semplice fanciullesca sensazione legata al nuovo. Almeno non soltanto. È il motore di ogni ricerca, ciò che ci spinge alla scoperta e a nuove interpretazioni di un testo.  I contorni della parola sono poi costituiti, prima ancora dei significati che essa veicola, dai suoni che la compongono e dai silenzi che la sorreggono.  Ogni parola è sempre anche un richiamo all'ossequio per tutte le parole che abbandoniamo per eleggerne una sola.  Per questo è detto che: «ogni parola comporta un sacrificio. E la memoria di ciò che non si dice è uno dei sensi profondi del dire» Il testo biblico, ad esempio, è denso di richiami alla sacralità della parola, di parole che svelano e rivelano e che rendono eretta la schiena in una tensione essenzialmente etica.  Il testo biblico è però anche denso di ri

Due poeti allo specchio (Agnès MK e Sergio Daniele Donati)

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Senza peccato (gioco di parole) Mi piove addosso tocco che m’infiora risuona come un tuono in corpo, assente dà vita, in soffi, ai figli della mente se rompe l’acqua della mia parola (Agnès MK - Inedito 2022) ____ Col pugno chiuso (gioco di parole) Col pugno chiuso e le nocche ormai bianche ho cercato di onorare la serietà del creato; fu un boato dal cielo - una risata cristallina - ad aprirmi le mani e a fare cadere a terra petali di gigli.  (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022) _____ Dicono di sé gli autori Agnès è la “pazza con la violetta” de “l’Immortalità” (intesa come duello tra morte e rinascita) di Milan Kundera, alla quale lo scrittore fa dire che, quando un giorno l’assalto della bruttezza fosse diventato insostenibile, lei avrebbe comprato una violetta per tenerla sempre davanti agli occhi. Il “gioco di parole” è come una violetta: un abito leggero sopra uno sguardo talvolta doloroso. Fedro è il fantasma che si appalesa in tracce labili de " Lo zen e l'arte della

L'ascolto del silenzio

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L'ascolto del silenzio si compone di frammentazioni scomposte, di elencazioni senza termine di suoni invadenti. Il silenzio non è altro che un   eppure che si sovrappone al brusio della vita; il basso continuo d'una intuizione feconda; il direttore d'orchestra della sinfonia delle stagioni.