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Le chiamate (Oblivion)

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"Dreaming" di Sergio Daniele Donati Ho fatto un sogno - in un sogno  non so mai se sia il passato  che bussa o il futuro che langue - e non c'eri, tu. C'erano le voci; quelle che, prima di te, mi indicavano chiaro  il cammino. Le sentivo lontane, evanescenti, né sapevo più decifrare il loro messaggio. Nel sogno scrivevo con dei gessetti  sull'asfalto. Erano lettere sconosciute, simboli arcani. Poi la bimba, comparsa dal nulla, mi guardava. "Sei tornato?", mi chiedeva, "resti?". Io non so perché piangessi mentre le dicevo che le briciole che avevo sparso  nel bosco per ritrovare  il cammino del ritorno le aveva portate via il vento.  La bimba mi guardava, nel mio  oltre me stesso, poi si sedeva tra i gessetti. "Sei tornato," diceva, "resti". Forse ti ho mentito, nel sogno c'eri. Eri nelle briciole; eri il luogo dove ho perso voci e cammino. _________ Las llamadas Hize un sueño -en un sueño nunca sé si sea el p

Alef

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Alef di Sergio Daniele Donati Ho compreso che mi guardi e taci, e attendi il mio primo vagito per passare la tua mano di madre sul mio volto. Ho compreso che il tuo silenzio, è spazio lasciato al vento messaggero, per comunicare il nuovo mondo. Là avrò posto e il mio nome, che ancora non pronunci, navigherà nel flusso di chi mi ha preceduto. Alef, madre eterna, con occhi di giada e sorriso evanescente.

Il femminile

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Ho sbagliato milioni di volte pennini, carte e inchiostri e la chiave appena intuita di quel codice arcano è sfumata in lemmi prigionieri.

Il Canto della Moabita

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  Esce per Ensemble ed.  " Il canto della Moabita" ,  la prima silloge poetica di Sergio Daniele Donati. Un percorso poetico tra sogno, silenzio e parola. Sinossi della silloge

De profundis

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Alla balbuzie di mia madre Là, nello spazio tra due lettere, sorge un'anima bambina. Chiama il silenzio, mi dà la mano; e mi porta lontano. M'accompagna sempre, ride della mia balbuzie e gratta cortecce di alberi ne succhia le resine, e ride, ancora. “Dopo ogni lettera elabora, prima di ogni lettera sogna”, dice l'uomo che posa la sua miopia sul foglio. Dopo ogni lettera la bimba sospira e prima d'ogni lettera, sì, sogna il sogno  d'un popolo celato nei boschi, d'autunno. Nello spazio tra due lettere sorge un'anima bambina e io resto incantato, senza nome, le pupille sui suoi gessetti colorati, e piango perché non esiste più dolce nostalgia di quella che dona un dito fanciullo sui tasti d'avorio d'un piano.

Scandalo

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Testa di fanciullo (Museo archeologico di Atene) Scandalo è parlar piano e dar spazio, tra le lettere, alla saetta del silenzio; è la clemenza per l'amaro che la parola impasta  su una lingua rassegnata. Scandalo è il tacere del poeta; la sua cecità eletta amplifica l'ascolto del cigolio d'una altalena avvolta dalle nebbie d'un infanzia negata.

Tango in terzine (un 4/4 mascherato - Oblivion)

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" Evanescenza" - foto di Sergio Daniele Donati Alzo piano il velo perché le aderenze non strappino tessuti appena cicatrizzati; odorano di muschio e ginepro le tracce ancora biancastre del tuo passaggio, sulla mia pelle; sapeva invece d'eucalipto lo sguardo felino, il tuo, e quel batter di ciglia. Da buon ebreo mi dondolo, sai, quando il ricordo si fa battente  e la memoria ripercorre un intrecciarsi di gambe, un mescolio di fiati - appannavano i vetri d'una stanza, troppo stretta per contener quel grido -. Mi dondolo e spero che la nenia plachi la furia  del nostro mancato ascolto. Da buon ebreo resto a guardia d'un imperativo sovrano che tacita la rivolta  e mi spezza e rende umile il mio humus - funghi gialli su terreno umido -. È stato ciò che è stato e dentro ognuno di noi una voce distinta canta lo stesso canto - in lingue lontane - e chiude palpebre senza peso. La senti lì, ancora viva, trasformata in ricordo quell' antiqua fabula ?  Due solitudini s

Like a bird without a feather - סֶלָה

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R. L. Burnside La mia penna è figlia del freddo e cade ai primi calori estivi; è allora che mi rivolgo alla mia voce nera che dice yeah come il salmista dice סֶלָה   _______ Selah (ebraico: סֶלָה, anche traslitterato come selāh) è una parola utilizzata 74 volte nella Bibbia ebraica e 71 volte nei Salmi. Termine molto difficile da tradurre, il suo significato è intuibile con locuzioni tipo "pausa, e pensa a questo" o "fermati e ascolta".

Conosco il Tango (Oblivion)

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"Infanzie" di Sergio Daniele Donati Conosco il tango, ma non lo ballo, da sempre mi abita una regola - non so da chi imposta - che m'impedisce di star al centro delle altrui praterie. Osservo di lato passi stranieri sulla sabbia della mia evanescenza, questo sì; danze che parlano una lingua che non m'appartiene e fa vibrare le mie scintille. Mi sono riavvicinato poi ai miei alfabeti bislacchi quando la chiamata s'è fatta troppo insistente per essere ignorata. Io da sempre vado lontano, fuggo, e cerco sottoterra un'infanzia mai vissuta. Là tra lombrichi e gemme ho imparato a scavare a mani nude, troppo tardi per essere bambino troppo presto per esser uomo. Per questo fuggo; ciò che manca al cominciamento canta per sempre l'inno dell'assenza e separa e divide e riempie di liquidi collosi le vibrisse d'un uomo-gatto innamorato della luna. Ma forse uso simboli strani per le tue orecchie di cristallo, troppo fragili per sopportare il suono d'una v

Due poeti allo specchio (Arianna Bonino e Sergio Daniele Donati)

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Max Dupain: "nude in sunlight" (1937) Meridiana iconantidiptica (di Arianna Bonino - Inedito 2021) Se tu decidessi di collocare un sistema di prismi davanti all’obiettivo di un piccolo cannocchiale fissato su un cilindro di pietra e se il Sole in quel momento non si trovasse sull’asse ottico del cannocchiale, i prismi produrrebbero uno sdoppiamento dell’immagine solare e il tuo occhio scorgerebbe le immagini simmetricamente disposte rispetto al centro del campo di vista. Ma se il Sole si approssimasse al centro del campo di vista, le due immagini si avvicinerebbero. E se tu attendessi l’arrivo del Sole sull’asse ottico del piccolo cannocchiale, le due immagini finirebbero per coincidere. E se tu avessi avuto cura di porre l’asse del piccolo cannocchiale sul piano meridiano, le immagini coincidendo determinerebbero esattamente il mezzogiorno vero del luogo di osservazione con un’approssimazione compresa tra cinque e dieci secondi. Se il tuo piccolo cannocchiale fosse correttam

Dialoghi poetici coi Maestri 23. - Patrízia Cavalli

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Patrizia Cavalli - Foto di repertorio Addosso al viso mi cadono le notti  e anche i giorni mi cadono sul viso. Io li vedo come si accavallano formando geografie disordinate: il loro peso non è sempre uguale, a volte cadono dall’alto e fanno buche, altre volte si appoggiano soltanto lasciando un ricordo un po’ in penombra. Geometra perito io li misuro li conto e li divido in anni e stagioni, in mesi e settimane. Ma veramente aspetto in segretezza di distrarmi nella confusione perdere i calcoli, uscire di prigione ricevere la grazia di una nuova faccia. Patrizia Cavalli - tratto da Poesie (1974-1992), Einaudi, Torino, 1992 _______ Mi capita a volte di contare i passi verso una meta  che perde a ogni istante contorni, cadenze e tempi. L'errore non è nel calcolo, o nel tentativo di misurare  uno spazio infinito. Cerchiamo d'altronde ordine da sempre e tracciamo linee immaginarie  nel cielo per orientarci la notte e far approdare  le nostre navi in porti di sogno. È questo l'Uom

Sequenze

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Foto di Noelle Ozwald A ben guardare sono sequenze  aritmetiche,  giochi di proporzioni auree,   a regolare il volo planato degli uccelli del presagio e i vortici delle nostre emozioni. Non annega il matematico nei gorghi del sentire; ne percorre la spirale  fino al punto in cui il ritorno  è movimento ineluttabile. Sì, anche lo strappo e l'abbandono hanno una loro geometria che il poeta non nega nelle sue metriche giambiche.  Sa che esiste un noi capace di avvolgere ogni nostro solipsismo, e che, se qualcosa ci trafigge - nell'ora in cui lo sguardo si volge alla nostalgia color pruno d'un perduto stupore - è una lama d'ambra, un globo che protegge il fossile della nostra completezza.  (Sergio Daniele Donati - Inedito 2021)

Val d'Ayas (Francesca)

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Antagnod - Val d'Ayas L'incontro con la bellezza - ricordo radente - fu un batter di ciglia su un crinale adolescente. La Valle odorava di fine estate e io non ero più solo; m'accompagnavano l'intuizione puerile del ginepro e lo sguardo adulto del falco.  Francesca era lì, luce di smeraldo grezzo sul mio profilo mediorientale. Fu allora che smisi di rimpiangere un'infanzia troppo segnata; - troppo sognata - e cominciai a percorrere  la lenta via che drizza la schiena e fa combaciare l'orizzonte  dei nostri abbracci  con la clemenza per gli inciampi  del mondo.

Giudice-Geometra

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Foto di Noelle Oszwald Parola esile/Parola esule Tu sottrai, poi separi i miei sguardi stupiti dal mondo d'erba che vibra sotto i miei calcagni pronati; e togli valore alle mie parole stentate. Mentre cerco di dar suono all'indicibile, tracci una tangente alla circonferenza delle mie balbuzie. Giudice-geometra, armata di compasso, ti prendi gioco del mio limite, del territorio paludoso da cui sgorgano come singulti e strozzi le mie intenzioni. Ci leggi fango - e fango è - ma al tuo setaccio troppo fine manca il potere del mago, la capacità di cogliere nella mota le qualità dell'argilla. Resta il tuo sguardo sbarrato sulla perfezione di poliedri senza vita. In cielo invece cantano da sempre ventidue lettere balbuzienti il canto della creazione; e la carezza d'un bimbo poliomielitico regge ab aeterno le sorti della nostra speranza.

Mi chiedi perché scrivo

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Autoritratto  di Sergio Daniele Donati Comincia con un soffio - un arco che si tende senza freccia una linea di desiderio - e poi si posa come piuma nel parco-giochi dei ricordi; là, tra salti all'elastico e grida di battaglia. Mi chiedi perché scrivo? Ero il bambino solitario, sull'altalena e il cielo mi chiamava a rifiutar la terra Mi chiedi perché scrivo e ignori che i miei solchi erano letti d'un fiume che andava ben riempito; per non morire. Non chieder mai perché scrivo se non vuoi udire di lontano il cigolio arrugginito d'un'altalena vuota.

Lettere a una persona speciale 57 - 65

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  Foto di Man Ray 57 Il femminile "Il femminile", dicevi. "Il femminile", ascoltavo, e già la mia mente si perdeva. Perché nel cuore di un uomo il femminile è voce nascosta, volto velato. Nel cuore di uomo il femminile è il lontano abbaiare di un cane in una notte d'estate. Un addio soffocato (perché? perché io? perché a me?) e una lucina accesa poi in sguardi nuovi (vieni, completami, colmami) Nel cuore di uomo femminile non è mai evidenza. È velo, ricordo, urlo strozzato, affogato in pinte di birra. Nel cuore di uomo il femminile è apparizione e sparizione Sono mani tese verso un vuoto che acceca. "Il femminile", dicevi, "dobbiamo riscoprirlo". E rallentava il respiro. Il mio. Perché quella scoperta nel cuore di un uomo è atto di coraggio. Estremo. È battaglia contro l'assenza, il nascondimento. È strapparsi dai volti maschere d'argilla nella speranza di una completezza nascosta in un firmamento lontano. Per questo ho bisogno della

Sitar e Tiorba

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Il suonatore di Tiorba  Mi parlavi del tuo Sitar - di come le sue note diafane ti trascinavano lontano, là, nell'altrove eterno che era la ricerca dei tuoi occhi, Maestro - Io sorridevo stupito al ricordo del suono della mia Tiorba - ché per me è l'Antico il fiume in piena  in cui immergo le mie malinconie - Sei sempre stato più avanti di me, Maestro, e di questo mio seguir le tue impronte ormai coperte dal velo bianco della dimenticanza  ancora una volta elevo il canto. Fu diafano il nostro incontro e antica la sua tessitura. Erano fili d'argento su un arazzo persiano in cui il mio sguardo semita e il tuo passo franco parlavano la lingua comune  - e mai dimenticata -  della goccia d'olio sacro su palmi di mani vissute.

Diaspro

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Che la carne muti in pietra è scritto nelle pieghe dell'esistenza - mantiene il colore del sangue l'anima che langue sotto i colpi dell'assenza e s'indurisce l'aorta se nessuno pronuncia il nostro nome con cadenze silvestri - Più raro è il miracolo d'un cuore indurito dallo strappo se dona lacrime minerali a un mondo di nebbia e lo irrora della speranza che lui stesso non osa più sperare.

Un folle

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Autoritratto di Sergio Daniele Donati Lo sai, se non sento la chiamata  - l'appello del fuoco all'aria - se non attraversano la mia mente disunita  voci roche dell' Altrove, se al mattino si sfilacciano troppo lesti  i legami col sogno io non scrivo. Sono schiavo d'un richiamo e la mia penna  traduce sempre i suoni gutturali d'una voce femminea.  Le parole sono scintille e il mio cuore - sterpaglia - prende fuoco, spesso fatuo, ma non divampa. Mi accende invece  la capacità di tacere del mondo, il canto lento di chi dimentica in ogni istante il suo nome. È inchiostro al mio pennino la culla e il vagito, l'inciampo e la balbuzie, lo strozzo e la ritrosia.  Scrivere è atto di testimonianza senza autore, scrivere è atto di sopravvivenza a se stessi; è urlo taciuto, e lo sguardo smarrito del primo insuccesso giovanile. C'era un uomo oggi, un folle, sull'autobus. Lo sguardo sbarrato su un futuro inenarrabile, tracciava linee  con le dita nell'aria, come s

Eloquio dell'epitelio

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"Il crinale" di Sergio Daniele Donati Tace il silenzio e apre varchi all'eloquio dell'epitelio; passi di daino su asfalti urbani. L'occhio dell'allievo si posa  sulla ruga del maestro; tace del silenzio e percorre i crinali  della parola. Sul palmo della mano cola una goccia  d'olio sacro, e tace e attende in silenzio la chiamata d'ambra, il geode di septaria, la seduzione  dell'eterno femminino. E ciò che è detto e ciò che non è detto là - e qua e in mezzo - senza verbo né punto