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Visualizzazione dei post con l'etichetta italian poetry

Sei inediti di Carla Cenci

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  Dal fondo Comprare nel disperso dei mercati i larvali fraseggi, occhi ciechi al dono dell’albatro sui tetti, nell’illusione di essere veri. Come fanno le carcasse immortali a restringersi a un pozzo? verso il freddo io me lo chiedo, mentre ascolto voci sepolte, tese a un lume del cortile, e lo scavo confitto delle unghie dal fondo, per un piolo alla luna… Domande di viaggio Cosa c’è nel girasole illeso dal buio, nei laghi di terra legati a un treno e nel merlo, che finisce contro un vetro e cade e subito rinfoglia per durare, nella donna che si piega a un bambino, così magro a ravvolgerlo nel mare perché risalga forte e nuoti via… cosa preme il mio fondo incerto, il mio cuore sfollato, arso dal guardare e sperare lungo i fari delle coste che una lampada chiami per portarlo a una vita… Dell’inverno Il fiore dell'inverno non mi domanda molto, l'acqua poca in un palmo già finito ma al fiore dell'inverno io chiedo sempre il resto di una piena che attendo, infinita. L'erro

Due poeti allo specchio (Maura Baldini e Sergio Daniele Donati)

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Dall’amplesso oscuro dei nostri nodi non nascerà mai la pace dei cuori ma il mostruoso giorno della luce, in cui ogni nostra strada brillerà del sangue che abbiamo versato. Ci divide un cargo di bugie – il vento straccia le vesti di dosso e tremiamo come bestie trafitte dai fari poco prima dell’impatto. Sopra, il cielo è un ossario di soli e ognuno compita la preghiera del tempo. Briciole cadono intanto: attendiamo d’imbottirci la gola. Ma il lusso di questa opulenza non annienta l’opificio degli orrori, gli oltraggi delle lingue sfrenate, il delirio di risibili assiomi, coltelli esibiti con parsimonia. Da fuori s’arguisce la cerimonia: è un montaggio di scene posticce. In piazza si sporge il solito mostro che non è mai chi si dice che sia, ma un proscenio di svenevoli vanità. Poi, al calare dei soli, il lavacro delle coscienze sana ogni viltà. Eppure il demone vero esiste: negli interstizi e fra la polvere, nelle narici e sotto le unghie. E noi, idoli della comodità, ap

Dialoghi poetici coi Maestri - 59 - Georg Trakl

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Silenzio Pallidi riflessi sui boschi la luna che ci fa sognare il salice vicino allo stagno scuro piange silenziosamente nella notte. Un cuore si spegne – e a poco a poco Le nebbie si diradano, si alzano… Silenzio, Silenzio! Georg Trakl - 1904 Forse perché non mi dico poeta, la luna parla poco  alle nebbie del mio sogno.  Ma quell'albero, sì, bisbiglia anche a me  d'un singulto roco di radici,  ammutolite dalla tirannia  d'un bruno silenzio. Un silenzio uterino e palindromo urla   vendetta e spezza ossa ancora giovani, senza la pietà della pietra per il seme d'olmo, mai interrato, che tengo ancora, sul palmo della mano. Sergio Daniele Donati  - inedito ,  8 settembre 2023

Quattro inediti di Antonella Lucrezia Puddu

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  Gloria Il volo scioglie i giunchi piegando all'unisono le ossa si cavano i quarti d'ora di una vita profumano di strano. Dirigono la sospensione si fanno cave le ossa in volo La Terra Profuma forte Ora Non so dire estasi o lapsus di memoria. Tu ed io Il cielo attende senza coperta il nostro sguardo. Dove sei mentre le cime di alberi diversi gareggiano dietro i palazzi senza nome affrancandosi oltre un limite senza arrivo, come falene che ruotano a giostra nella luce e rimangono incollate senza respiro al centro della lampada? Dove sei ora che le mie dita sole seguono le spalle e vedo ancora il mio sorriso nei tuoi occhi ed il tuo sorriso sul mio seno? E stringo tra le mani solo le mie di braccia fredde chinando il capo piegando il collo sfiorando lo spazio buio dell'attesa. Pretesa sacra tra le mie intime ultime cose tra le mie intime uniche rose. Ti rivedo sul sagrato nella stanza vuota sulla sedia di lato in piedi. Ti perdo. Ti predo. E le mie mani vuote e perse dalle

Spleen

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  In foto il grande pianista Glenn Gould Quando la crepa si dilata e lo sterno mostra mobili tensioni verso l'alto io so che è giunta l'ora di un richiamo crepuscolare e sento la civetta lanciare moniti di risveglio. Mi culla allora un pianto senza tempo, e sollevo lo sguardo ad un cielo incrostato di stelle. E non c'è risposta per chi non pone domande; solo un singulto, un desiderio denso di sparizione. Sono tracce mielose e intense di un'infanzia mai vissuta. L'altro Sergio che creai allora per sopravvivere a cure parentali inadatte è in quest'ora stanco e si dondola nell'angolo buio di una stanza troppo piena di giochi per riuscire a nascondere la polvere di un'assenza eternamente sbattuta in faccia come vento freddo d'inverno.           Che vuoi che sia questa tua ansia - dicevano -           per noi che alla tua età abbiamo conosciuto           la fuga e lo strazio?          Sono i mostri sotto al letto di vostro figlio          -  avrei voluto

Uomini-giunco

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Li ho visti dondolarsi, lo sguardo perso in memorie di corteccia. Uomini-giunco , si piegavano al vento della preghiera per ritrovare dimora nel deserto della transizione. _____ Sergio Daniele Donati Inedito 2023

Aspettavo la fine (Oblivion)

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Il ritorno del fogliol prodigo - Giorgio De Chirico Aspettavo la fine - un cenno di mano, lo stridio di rondine in cielo - ma fu solo ghiaccio e una nota supina  tra sterno e ventre. Quel ghiaccio scioglie ora, sai, mentre attendo altra mano a porre fine al mio canto .

Due poeti allo specchio (Gabriella Grasso e Sergio Daniele Donati - sul vento)

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A buriedda (la brezza) A un dio che respirava quieto dietro le pareti delle case alito che smuoveva piano capelli e moscerini dalla fronte nelle ore calde, a un tratto, in strada o nel recinto bacato della piazza e che più volte ci ha cullato e ci ha gettato dalla cuna a un Dio che aveva tanti nomi e altrettanti clamori per le vie abbiamo dedicato un nembo di pensiero senza voce senza formule terse con una forma di gemma che sentivamo spuntare dentro il petto e in qualche modo profumava l’aria di Gabriella Grasso (dalla raccolta inedita Sciott ) Ruach   (1)                         A mio figlio Gabriel Esiste un vento, un vento divino; plana lento sugli abissi prima d'ogni parola. Non cedo alla tentazione di dargli nome. Esiste un vento, un soffio divino, prima e sopra e dentro ogni cosa. Non cedo alla tentazione di cercarlo nella notte. Esiste un vento, un aliseo divino, che rende brace l'ossidiana delle mie pupille, quando mi guardi (e io ti guardo) e il tempo s

Due poeti allo specchio (Mirea Borgia e Sergio Daniele Donati)

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  Ti voglio parlare dell’estremo morso e di ciò che resta della forma ‒ se resta ‒ nel tempo necessario a una cognizione. Ci ostiniamo alla disobbedienza cieca fino a quando un’occhiata all’occhio che rotea pronuncia il nostro destino. Vediamo in te la belva che ci consuma (siamo tutti Uno) e ancora adesso beneficiamo della ferocia. ‒ Sei leggendaria ‒ soffiamo ad aria bassa. ‒ Eroica quasi erotica, la dolcezza                                          del lasciarti andare . Il dialogo si smorza. Mi dici che il trucco è bramare con ripugnanza ma tu perdi tempo e resti qui a contemplare. Irretire l’armonia della fine. Dilungarti nel noi che ti ingrassa. Mirea Borgia  - inedito 2023 S'io fossi chi ancora non sono saprei far uso della piccolezza di una litote - è un gioco materno    quello della parola coi nostri limiti   per dirti delle mie notti - lo sguardo fisso sul muro    bianco del sogno cosciente   cercava assonanze   con le crepe che sentivo sottopelle.   Ma ancora non son

Odiosa estate (distici inediti di Davide Zizza)

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  dico le temporanee stanchezze con pietosa e residua voce sono un congegno che incarna il disabitato nulla tutto sembra cancellato, svanito come s'io non fossi mai nato corri via estate, bastano già le tue deserte ampiezze bastano già le tue iniquità le tue misere scaltrezze ____ NOTA BIOBIBLIOGRAFICA Davide Zizza (Crotone, 1976) è dottore in Lingue e Letterature Straniere con una tesi sul Tristan di Béroul . È autore di una plaquette, Mediterraneo (2000), e di tre raccolte di poesie, Dipinti e Introspettive (2011), Ruah (2016) e Piccolo taccuino occasionale (2020).  Il suo breve saggio “ La lettura e la scrittura come etiche dell’ascolto ” è inserito nel volume Ascolto per scrivere (2014). Su “ Poetarum Silva ” ha curato la rubrica Bustine di zucchero .  Traduce poesia, in particolare dalla letteratura inglese.

Dialoghi poetici coi Maestri - 57 - Camillo Sbarbaro

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A volte, mentre vado per le strade della città tumultuosa solo, mi dimentico il mio destino, d’essere uomo tra gli altri e, come smemorato, anzi tratto fuor di me stesso, guardo la gente con aperti estranei occhi. M’occupa allora un puerile, un vago senso di sofferenza e d’ansietà come per mano che m’opprima il cuore. Fronti calve di vecchi, inconsapevoli occhi di bimbi, facce consuete di nati a faticare e riprodursi, facce volpine stupide beate, facce ambigue di preti, pitturate facce di prostitute entro il cervello mi s’imprimono dolorosamente. E conosco l’inganno per cui vivono, il dolore che mise quella piega sul loro labbro, le speranze sempre deluse, e l’inutilità della lor vita amara e il lor destino ultimo, il buio. Ché ciascuno di essi porta in sé la condanna d’esistere; ma va solo assorto nell’attimo che passa, distratto dal suo vizio prediletto. Provo un disagio simile a chi veda inseguire farfalle lungo l’orlo d’un precipizio... ( Camillo Sbarbaro )

Il lamento delle cose

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E mi pareva allora, tra ruggini e cigolii, d'intendere il bisbiglio della nenia delle cose.  Come un pianto; il lamento  della mancata cura. Attimi scivolati  nell'oblio del mondo mi portavano indietro, prima della nascita, prima del sogno, prima che imparassi a difendere  dalla mano dell'assenza  le carezze mai ricevute. _____ Testo - inedito 2023 - e foto di Sergio Daniele Donati 

Ascoltando Mahler ( a mio padre)

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  Vorrei dirti delle nebbie,  delle cataratte d'un cuore incapace ormai di danzare.  Vorrei dirti che ho l'età che tu avesti allora,  quando il mio sguardo si posava  sui tuoi limiti con sprezzo,  quasi non fossero anche i miei.  Un'ansia profuga, un'eredità densa ch'io rifiutavo allora perché troppo mia per esser detta. Vorrei dirti che ci sono riuscito a essere diverso, a diluire col tempo quel tuo passo  che appariva sicuro solo a chi non voleva vedere. Eppure oggi leggevo un libro, la fronte appoggiata alla mano destra, Lo stesso gesto che facevi tu. E ho alzato lo sguardo,  cercandoti piano. Avrei voluto dirti  io non so più... - il verbo mettilo tu, a me si strozza in gola.  Ti avrei detto d'essere stato infedele alle mie stesse promesse che la mia schiena non è ben dritta che so di sapere troppo per adagiarmi su un banale detto socratico. Ti avrei detto che ho visto ogni giorno sei milioni di nomi, i tuoi, danzare nei miei sogni  e ho provato, come ti pr

Passato

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Ora non ditemi che ignoro il progetto se il mio dire pesca sempre nel lago  - a volte torbido,  altre cristallino - d'un passato elaborato  con fatica leggera. Il futuro è rivolo sotterraneo, un mugugno antico in lingua poco umana e incomprensibile per i lobi anche del profeta . E io non sono profeta - se la voce mi parla è solo perché io trasmetta il suo messaggio ai popoli che abitano le mie viscere, non alle genti che dimorano oltre il fiume Giordano. Sono il bruco sulla foglia in attesa del dono delle ali e, se ho un corpo verde, è per parlare  al mondo di speranze - a volte vive, più volte perse  dietro le finzioni d'un sorriso di donna. Mi chiama la goccia  di miele di castagno,  la bicicletta legata al palo - una stasi che tutto dice delle peripezie del mondo. Perché io fui assente a me stesso negli anni della formazione, fui acqua e poi cielo; mai terra. E non ho memoria; un sassolino, forse, in una tasca bucata che perde ricordi per lasciar spazio al  ric

Due poeti allo specchio (Annalisa Mercurio e Sergio Daniele Donati)

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Di Annalisa Mercurio - inedito Come se avessimo avuto un numero di parole un contratto a termine tra le nostre corde vocali. Abbiamo sprecato tutto imprecando, sporcando di pece boccioli di myosotis. Avessimo centellinato le spine avremmo ancora qualche 'ti amo' vivo tra lingua e denti un'altra mano da giocare. Schiena a schiena stiamo fissando le ultime otto parole in calce su quella parete sbiadire. Di Sergio Daniele Donati - inedito Non può che finire in assenza di parola l'eccesso di parola. Avessi taciuto allora non mi fermerei ora - lo sguardo umido - a raccogliere verità scritte a pennarello su un muro. Ma ogni parola  è eco lontana e seme di fiori azzurri in scorza nera. Tu questo lo sai e sai del legame tra una scrittura  mancina  e la bellezza  della sbavatura  d'inchiostro;  sul foglio bianco. Si dice , alle volte,  sperando  che un inciampo attenui la verità della parola; perché al vero non siamo pronti, ma l'assenza del

Due poeti allo specchio (Gabriela Fantato e Sergio Daniele Donati)

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  Battiti (inedito di Gabriela Fantato ) Il battito del corpo affogato nel bianco, sarebbe facile prendere un giornale   e cercare - là fuori ,   nei giorni di sale dentro la secca , la riduzione del movimento,  l'assenza del ritmo quotidiano, quel silenzio che dà                       la scossa, serotonina nelle vene, il punto zero. Sarebbe facile orchestrare la solitudine per le strade del cervello, nello scarto infinito del lenzuolo, sarebbe facile. Vagabondo invece tra gli oggetti mi dicono che non c'è -  nessuno là fuori.    Nessuno. Invento il passo nell'andirivieni opaco dove tutto è dato completamente - storto . Ci fosse un metodo avrei la nozione da seguire. Nessuno risponderà al segnale, nessuno sa decifrare battiti senza alfabeto. Bianco (inedito di Sergio Daniele Donati ) La tela è bianca  per l'occhio disattento     -  pulviscoli grigi dicono       di quell'assenza       l'origine magmatica. E chiamiamo interno ciò che mantiene mistero ai nostri

Tre poesie di Floriana Coppola

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  Accade così. Un momento definisce un bivio, un incontro, un inciampo e allora la solitudine diventa un abito stretto che non contiene più e si lascia andare   una dopo l’altra le strade e i vicoli scuri la rapida scesa dagli angoli ancora bui il chiarore, così incandescente e bianco,  bagna la fronte  umida, la ringhiera del piano  e il davanzale pieno di piante  un passero nascosto tra i vasi una finestra scalza, lo spigolo duro del balcone il sole, inseparabile prigionia lo spazio tra il corpo e la luce prende a piene mani il vento  rovista nei panni  stesi tra i fili appena rigidi  ponti sospesi tra le case e le ciminiere tra le cucine e i focolari accesi stana il canto la rosa scarlatta, il piacere infinito la danza sbagliata ritorna, la carta capovolta del Mago la Stella sulla pelle svapora il canto  delle sue ciglia nere    così sul marmo sciupato degli scalini su ogni carezza, il manto liscio della schiena     la tigre si struscia nel salotto buono di casa  aggroviglia la coda

Infinito

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Incollare le figurine del passato all'album dell'oblio e crescere - crescere lenti - nella sensazione di qualcosa che batte alla parete di gomma delle nostre dimenticanze. Respirare, quasi fosse un atto dovuto, e dimenticare il patto, il sigillo, per poter vivere - soli - l'illusione della solitudine. E dialogare con ombre e voci semite la notte senza comprenderne la lingua sapendo che i piedi non sanno camminare sul terreno instabile  del sogno se non sorretti da un'etica verticale e onirica. Ascoltare timidi il monito  e ricordare che il sogno è dedica  e che dei nostri viaggi notturni  si nutrono i nostri figli. E allora pregare - sì pregare - un dio assente e non creduto e sentirne il mugugno lento, chè il divino è risvegliato e liberato dalla nostra parola; la parola vera e unica ed eterna d'un uomo troppo piccolo  per non dirsi potente, come l'atomo. E vivere ogni mattino l'ossimoro del risveglio  e sapersi strani  al mondo, forse deliranti

Il "piccolo male"

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  Diedi a quella ferita un nome - poi due, poi cento, poi mille - e mi costruii un castello di piaghe  che suppuravano paure e richieste d'aiuto - negato.  Dentro il bozzolo  non percepivo seta, ma una sete di volo  che poi fu - certo - ma su cieli stranieri. Mi salvò una voce di cicala e il ritmo di nenia ripetuta di una Musa indifferente, cui faceva da controcanto il sacro mono-tono dell'assiolo. Mi chiedi perché ci sia del nero sotto le mie unghie spezzate e ignori lo sguardo sbarrato  d'un bimbo   che ottenne  salvezza leccando le resine dense del portone dell'Altrove. _____ Foto e testo - inedito 2023 - di Sergio Daniele Donati 

Odi Sannite

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Frontiere Poi ci sono le frontiere, quelle che io non varco, perché figlio di un imperativo cogente. E le vorrei rispettate da tutti - quelle frontiere - come Colonne d'Ercole. Eh sì, ci sono le frontiere, le barriere che io non varco conscio che saper stare "al di qua" di una ribellione adolescente e immatura, a un millimetro dall'abisso è il segno d'una assunzione piena di ruolo. "La postura della sentinella sul crinale del limite. È questa la mia ribellione". E li vedo - gli altri - varcare ebeti quella soglia, incoscienti della fatica di un "no protratto" al canto delle sirene. E ne sento le urla, mentre si spezzano le ossa contro gli scogli acuminati dell'incoscienza. Sì, ci sono le frontiere che io non varco per poter stare a guardia di un limite che mi dà nome. E lascio che che le varchino altri e ne ripeto in silenzio l'urlo di terrore per lo schianto, tanto simile a quello di un uccello contro un vetro. È questo l'unico mod