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Gabriella Cinti e Sergio Daniele Donati - dialogo poetico tra raccolte

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  Gabriella Cinti   ______________________ VEDERTI PER INTERO Ti guardo dentro l’occhio viola della notte, il silenzio in grappoli di quasi parole, mentre il tamburo dell’assenza, sorpassa il precipizio del limite. Senza orizzonte non tento neppure il naufragio e solo il vuoto asseconda il mio respiro. Il muro di indifferenza che mi stringe, non può sottrarmi il privilegio della fuga consapevole fuori da un senso estraniato. Solo così, connettendo le lamine di doppio che ti hanno attraversato, riuscirò a vederti per intero. (Gabriella Cinti, tratto da Euridice è Orfeo,  Achille e la Tartaruga, 2016) Sergio Daniele Donati  __________ _____________ RIDEVA FORTE. RIDEVA Rideva forte. Rideva.  Alta altalena, terra e nuvole.  Fragile osso. Guardavo la memoria  svanire. Risata di bimba.  Cristallina. (Sergio Daniele Donati, tratto da "Il canto della Moabita",  Ensemble ed., 2021) Foto di Noelle Oswald __________________ DETTAMI LA VITA Dettami il canto del silenzio, tacito velluto

La parola ruba, depreda, spezza

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  Foto di Sergio Daniele Donati Piccole intuizioni germinavano nelle terre umide del dubbio; e tu crescevi lento, desiderio indaco e ocra celato allo sguardo da lemure di un maestro burbero e ipovedente. Il detto e il non detto incrociavano allora sorrisi sotto l'epitelio spesso di un'esperienza aquilina e predatoria. Nel regno degli aggettivi il tempo  di un respiro è stratificazione calcarea di stalattite.           La parola ruba, depreda, spezza       la resistenza troppo sottile      di un silenzio signorile      e, se lascia scorie in dono,      è per «ricordarmi di tacere;       dicendo».     Ma io sono un amante infedele     e preferisco   di gran lunga     «dimenticarmi di parlare»     del canto     a un mondo che tacita l'imbarazzo     per gli incagli dorati     della mia balbuzie. __________ Foto e Testo - inedito 2024 - suggeriti dal «senza nome»  a Sergio Daniele Donati    

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (conversazione tra Giansalvo Pio Fortunato e Sergio Daniele Donati sul Salmo XXII)

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  Giansalvo Pio Fortunato Ho la gola secca dalla lotta e le croci dei miei padri sanno già resistere nella battaglia: un tempo i profeti coltivavano la vigna, sapevano il tempo del raccolto, conoscevano i mezzi per cantarsi la buona riuscita. Ora è la diaspora, voce secca nelle viscere dell'esilio; ora il taglio derivato dalla furia, i palmi che scrostano le superfici del martirio. Sergio Daniele Donati Che della diaspora sia colto allora  il richiamo al ritorno. È scritto.  Così come dalla suppurazione della ferita è detto che un nuovo tendine prende forma. E, se la voce tace e la gola si secca, non ci resta che il canto muto del disincanto, e una voce che - bambina - sia  scheggia   di verità per le nostre illusioni.  Il Salmista Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo. Giansalvo Pio Fortunato In questo viaggio nel confino è la storia che si narra i peccati, deridendoli. Ho lo slancio unto di uno spatriato: entrambi chiamiamo a voce alta Dio, ch

Due poeti allo specchio (Alba Toni e Sergio Daniele Donati)

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Dimmi del principio quando la pace scorreva sulla linfa segnava i tessuti circolava nelle lacune tagliava i rivoli di sangue li anticipava sotto il verderame e la lingua secca precipitava il bello. Dimmi ora dov'è se non nel mutismo che ha scelto di portare dentro il volto stampato sul telo grezzo e nel legno decomposto che si rifiuta di spiegare dimmi dove sarebbe adesso l'accessorio dimmi. Muore l'accento muore la nozione muore l'azione muore nelle mani di polvere nel rumore dell'acqua. Qui le lapidi mai viste sono solo sognate. (Non ti lascio Madre anima mia). E nei cieli passano cirri che hanno geometrie secondo l'anno della nascita il giorno il mese secondo un'ora qualsiasi. Percorrono i luoghi il tempo si mettono in fila indiana e fanno una nitida distinzione tra il prima e il dopo. (Alba Toni - inedito 2024) Era là un pietra e la tenevo in mano per dirmi un'ultima volta figlio della trasmissione, e non c'era principio né ferita allora, nell

Distici profani

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Lo sguardo assente sulla luce che svapora    per tornare poi là,    resina sulla corteccia, albero straniero nel campo della parola. "Distici profani"  letto da Lorenzo Pieri _____ Foto e testo - inedito 2024 - di Sergio Daniele Donati 

Attraversato dalla parola

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Prova pure a dire tua quella voce già lontana, a fermarla nella scatola del tuo nome un po' stantio. Non senti anche tu nei gorgoglii del ruscello che cerchi di bloccare con la diga del possesso una risata ironica farsi beffa  dell'artrosi delle tue mani? Meglio dirsi attraversato e dimenticare ogni verso che ha incontrato un pennino. La parola che non trattengo torna a volte la notte  a descrivere nei miei sogni l'avventura della diluizione. _____ Testo inedito (2024) di Sergio Daniele Donati 

Forse

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  Forse è ora di ignorare radici che sottoterra  si separano, e lente  sciolgono  un abbraccio  troppo antico. C'è da salvare la foglia e dare luce al frutto perché non perisca  per la nostra stessa  sete d'ombra.  ____ Foto e testo - inedito 2024 - di Sergio Daniele Donati

Lettere a una persona speciale - 61 - Marzo 2024 - "Nebbie"

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  Forse in questo carteggio folle qualche scoria, qualche residuo di un mio pensiero radioattivo resiste.  O forse ancora scriverti per liberarmi dal costante desiderio di evanescenza non è stata una buona idea.  So che, fuori dalle porte della città che mi ospita, in inverno dimorano ancora le nebbie che Milano ha espulso ormai da tempo e che avevano una funzione per me vitale.  Il Bardo ci dice fatti della sostanza dei sogni , ma anche il sogno è costituito da nebbie e il nostro - il mio -  vagare per quelle lande è in fondo un atto di resa ad un linguaggio che non si può conoscere, o decifrare, mai del tutto.  Tu ascolti, mi leggi, e so di quel tuo vizio di sussurrare ogni scrittura sottovoce , quasi a cercare nel suono delle parola una poesia che sia prima e al di là di ogni significato. Fa tenerezza quel tuo gesto bambino e antico che odora di ripetizione mantrica, di formule arcane.  Ma non farne uso per queste mie lettere, se posso suggerirtelo.  La nebbia non va ripetuta al mo

Scale musicali (l'interpunzione mettetela voi)

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  inizia in tono minore una melodia ai lobi il canto ripetuto del seme interrato c'ero e non c'ero troppo tenue la luce su pelle matura non ancora nato già mi chiedevi aiuto una chiave di chiodi e pensieri in lingua straniera scrivo di te non ancora nato al mondo sono io non tu che sorgi  prima del tuo primo vagito pensiero squamato resina tra le dita sempre in minore la melodia prende ritmo cadenze e accenti sul muro il geco espressione saggio-ebete nasconde note d'accordo sotto zampe bombate non ancora nato al mondo sono io non lui essenza statica visione capovolta del muro che chiamo dimora pensiero vacuo scatola d'opale di silenzi  si aprono varchi su crinali già battuti da parole mai dette il giardino dell'infanzia non ancora nata al mondo lingua del sogno del primo suono lingua di geco sul muro statico del silenzio d'opale dell'intuizione  ______ Testo - inedito 2024 - e foto di Sergio Daniele Donati

Dialoghi poetici coi Maestri - 68 - Silvia Bre

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  La parola è un impiglio, poi crolla come ogni monumento e l'incontro si scioglie (nell'ingorgo dei suoni s'incaglia un attimo di senso e l'attimo nel suono pare eterno smette quando di colpo lo convince la deriva del tempo lì attorno) non esiste altro evento che questo che la vita di ognuno apparsa nella croce che la toglie. Silvia Bre  - tratto da "Le campane" ( Einaudi ed.) Eppure vidi anch'io  ventidue ballerine disegnare danzando  il DNA di ogni lingua (e il prima e il dopo della parola  incombeva sospeso in un movimento a spirale. Nel deserto della rifondazione si avanza verso l'interno per meritare la terra destinata ). Poi c'era la pietra e la scritta di fuoco Non  dire mai tuo ciò che ti attraversa, per andare lontano. Sergio Daniele Donati  - inedito 2024

Viene a me

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Viene a me una voce roca un sedimento di stalattite una canto sgraziato un pentimento pagano Viene a me  una balbuzie di sirena una risacca acida una memoria monca Viene a me  lo strappo del mito la stasi acquea di Ofelia il pianto monotonico di Eco. Viene a me  - e mi disperdo - il ricordo del coro le scintille di Efesto e la fatica senza tempo di essere padre. _____ Testo - inedito 2024 - e foto di Sergio Daniele Donati 

La domanda al Minotauro

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  Foto di Noelle Oswald Incontrai il Minotauro allora,  tra fuliggini di pensiero e stralci di memoria. Senza via di fuga  nei tranelli della compassione incontrai allora il Minotauro. In assenza di timore allora incontrai il Minotauro. E posava triste sulle mie ali il suo sguardo bovino, incapace di un verbo scarlatto di liberazione. Incontrai allora il Minotauro e con gesto della mano  gli chiesi  il perchè della Luna. Un muggito di solitudine frantumò i mattoni del labirinto. Fu allora libero, il Minotauro, di bestemmiare, contro un cielo tiranno,  il suo ultimo respiro. _____ Video lettura di Lorenzo Pieri ______ Testo - inedito 2024 -  di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - "Il passaggio alla diluizione" - a proposito della Raccolta "Errore Cronologico" (il Convivio ed., 2023) di Irene Sabetta - nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  Esiste un luogo - e un tempo - in cui la parola poetica si diluisce, o quasi evapora, per lasciare un segno di presenza tenue, una sorta di ricordo, una traccia evanescente, ma allo stesso tempo persistente nella mente del lettore.  Sono queste delle scritture rare che sanno bilanciare con la perizia dell'orafo artigiano, o del farmacista esperto, i loro ingredienti costitutivi senza mai ignorare che ciò che guarisce nella giusta dose, può altresì avvelenare se presente in eccesso. La preziosità sta nel saper dire il nulla di ciò che eccede e il tutto di ciò che è essenza.  L'effetto finale, per chi con loro viene in contatto, è quello di una delicatezza avvolgente, di un rispetto profondo per la parola e per il lettore, di un'etica della scrittura che è allo stesso tempo metro di misura e limite al dicibile.  Tutto questo ho trovato presente nella splendida raccolta " Errore Cronologico " (il Convivio ed., 2023), di Irene Sabetta. La poeta ci dona una scrittura

Tre poesie inedite di Elena Mearini con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Elena Mearini Chi vi scrive sostiene da sempre  - lo sapete - che una visione   funzionale o finalistica della poesia sia quanto di più deleterio si possa cercare.  Figlio del Fedro di Robert Pirsig de Lo zen e l'arte della Manutenzione della motocicletta  e dell'antica saggezza del pensiero ebraico e nipponico, so bene che la Qualità,  come un manto invisibile, copre le nostre azioni, pensieri e parole, al di là della finalità con cui li esercitiamo.  Non si " scrive per (l'oggetto mettetelo voi)"   in poesia, ma si vive la scrittura come fenomeno di attraversamento profondo; di ascolto delle voci della alterità dentro di noi.  Lo diceva il grande Maestro Giuseppe Ungaretti in una famosa intervista (la potrete trovare a questo  link ): " Si fa poesia perchè occorre   farla". La scrittura come impellenza , come esigenza , come fenomeno di attraversamento del proprio corpo  che il poeta non può che osservare nella sua crescita ed espressione, dentro d

Meditazione in Normandia

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  Furono cento, e poi uno, i miei passi. Poi finalmente la stasi nel territorio di una marea ritirata,  patria del paguro e di intuizioni  in scala di grigio.  Mi stupiva l'odore della distanza  e una premonizione cantava  in lingua arcaica il canto del mio ritorno. Abitavo allora, forse per la prima volta,  la dimora del mio stesso sogno, senza la folle pretesa  di ricordare il mio nome.  ______ Foto e testo - inedito 2024 - di Sergio Daniele Donati   N.d.R : al link qui di seguito potrete trovare tutte le  Poesie di Sergio Daniele Donati (Fedro)  pubblicate su  Le parole di Fedro

(Redazione) - "Viaggiando attorno all'Io" - nota di lettura di Daniele Donati sulla raccolta poetica di Lucia Triolo "Il paese degli Io" (Macabor ed., 2023)

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  Che sia come richiamo alle persone che simbolicamente ci abitano o al contatto con tutto ciò che è altro da noi stessi, non v'è dubbio che ciò cui diamo l'onere e l'onore di definire la nostra identità profonda nasce, si nutre, cresce e vive nel segno della pluralità. E questo primo paradosso e ossimoro che incontriamo all'atto della nascita - anzi, già prima nelle memorie sonore prenatali - è allo stesso tempo padre e figlio, in un certo senso, della matrice, del seme del linguaggio.  Io non so chi sono se non mi pongo in relazione con l'altro da me, io non so chi sia io se non so percepire la diversità e molteplicità di manifestazioni interiori che posso ricondurre all'unico elemento costante del mio vivere dal primo all'ultimo respiro: il nome.  Siamo tutti abitati da voci, dicevo, che compongono il puzzle sottile che chiamiamo identità e allo stesso tempo possiamo, attraverso la parola, ri-scoprire il senso profondo dell'appartenenza a una plurali