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(Redazione) - Speciale "I Mostri" - "Ho incontrato il Golem" - un racconto (forse!) di Sergio Daniele Donati

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  di Sergio Daniele Donati “ Ho l’impressione di ripartire da zero, di dover ricominciare un percorso che credevo concluso ”. Questo pensava Max Baruch con la penna in mano e il foglio bianco come un lenzuolo davanti a sé. “ So che questi appunti mi serviranno come materiale grezzo per alcune mie future scritture e che questo non è altro che un momento di rivalutazione. Eppure la sensazione profonda di fallimento mi accompagna. La parola mi è diventata nemica, e così anche il silenzio. Ho creato in questi anni un’enorme dinamica attorno alla scrittura, ma non è altro che fango incapace di riempire di una sola goccia d’olio sacro la voragine che occupa il mio centro ”. Erano pensieri tetri, melmosi e ossessivi quelli che prendevano corpo – un corpo di gigante – nella mente dell’anziano scrittore. E la notte – sua antica amante – riempiva ora i suoi pensieri di dubbi e incertezze. “ Scrivo ormai solo per stendere lenimenti inefficaci sugli orli di una ferita ancora in suppurazione e, a p

Sperimenti

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  Sperimenti; menti e speri in un una parola. Urla il silenzio e resta sola. ____ Testo (inedito 2023) e foto di Sergio Daniele Donati 

(Redazione) - Speciale "I Mostri" - Hortus Pictus di Arianna Bonino

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  di Arianna Bonino Hortus Pictus Foliacea e radicata è la gran parte di tutto ciò ch’è vivo sul pianeta e condivide con l’anacoreta di star con ferma forza rara l’arte. Desertica o pluviale sulle carte sta disegnata dalla a alla zeta, eppure non si trova del poeta la pianta del Moly, messa in disparte. Talvolta perde un colpo la Natura dotandosi di specie stravagante: chimerica e deforme, fa paura. Ciononostante forse fu aberrante l’antidoto, il rimedio, la gran cura che mise in salvo Ulisse, l’uomo errante. Così nemmeno Dante senza Caronte e l’occhio suo di brace sarebbe giunto infine ad aver pace. (Arianna Bonino) _____ L’immagine è tratta dal Codex Seraphinianus di Luigi Serafini

(Redazione) - Speciale "I Mostri" - "Di mostruosa maternità" di Anna Rita Merico

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  di Anna Rita Merico Sono stesa qui, su questo divano, ne fisso il broccato giallino e questi fiori che paiono bocche affamate. A Villa Diodati le notti scure scendono traballanti da dentro le ombre di lampade a olio. Se penso che in questi luoghi Milton ha calcato passi mentre scriveva… non so solo un tempio sacro dell’immaginazione, come questo, può contenere tanto. Percy mi è accanto ma c’è un’esperienza dentro il mio corpo che, in questo momento, mi dona lontananze da chicchessia e vicinanze con i baratri di mondi che non conosco. Siamo tutti così scossi da fenomeni potenti. In questi giorni l’esplosione del vulcano Tambora, in Indonesia… non saprei… credo che un fenomeno del genere trasporti energie anche qui a migliaia di migliaia di distanze. Ad esempio penso che voraci temporali, come quello in cui sono ora, abbia - per colori e suoni - qualcosa che venga da lontano. Lord Byron, stasera, ha avuto un fitto colloquio con John Polidori e gli chiedeva di nervi e collassi. Claire,

Due poeti allo specchio (Marco Brogi e Sergio Daniele Donati)

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  La casa dell’infanzia mi guarda. Ho lasciato nel suo ventre le lacrime di mia madre, un barattolo di stupore. Il suo sguardo apre voragini di non detto. Pupille severe con il mio migrare in un tempo dimentico delle tecniche di volo. Pioggia di anni allaga la via del ritorno. Marco Brogi - inedito 2023 Mia madre mi guarda bambina e mi pare di vederla tornare all'infanzia che le fu negata dalla storia.  Mia madre mi guarda bambina e mi chiede mille volte  se io mangi abbastanza mentre io conto i suoi respiri come si contano i secondi che separano un sorriso da un'ultima carezza. Mia madre mi guarda bambina e io le guardo gli occhi e argino con un'ironia buffona il fiume che prepara la piena di uno strappo già annunciato.  Sergio Daniele Donati - inedito 2023   ___ NOTE BIOBIBLOGRAFICHE Marco Brogi , senese, laureato in Lettere moderne ,  è giornalista a La Nazione . Ha pubblicato il romanzo Le tre Lune (Urbone editore) e le raccolte di versi: Poesie scritte in tre

(Redazione) - Speciale "I Mostri" - "L'uomo" di Patrizia Baglione

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  di Patrizia Baglione L’uomo è un mostro incomprensibile Blaise Pascal L’uomo è un paradosso per natura: desidera la pace ma ama fare la guerra; vorrebbe essere eterno, eppure sa di dover morire. Nessun essere al mondo è più violento dell’uomo. Ancora oggi, assistiamo all’ennesima decadenza socioculturale: le guerre sparse nel mondo, i conflitti di potere, i numerosi femminicidi. Il mostro è dentro e fuori di noi. Una volta il mostruoso si manifestava nell’atto di divorare i corpi o nel cannibalismo e nella crudeltà dilaniante di fauci insanguinate e brutali. Oggi le stesse fauci sono al nostro interno; siamo continuamente divorati dal nostro fare, dalla costante ricerca di tutto ciò che possa far nascere una scintilla di vitalità e possa esorcizzare la noia e l’attesa, ridotti a fantasmi esistenziali da relegare al regno della morte sociale. Pane come pietra come corpo da buttare, come sporco nelle unghie come nero oltre la testa. Corpo come sale come gente da guarire, come pioggia p

(Redazione) - Speciale "I Mostri" - "Notturne mostruosità" di David La Mantia

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  di David La Mantia Fredric Brown (1906-1972) Konstantinos Kavafis (1863-1933) Con riconoscenza alle Loro pagine Giunsero presto notizie allarmanti!!! Che i mostri… Che i mostri erano alle porte della città. Che uccidevano solo con la paura suscitata dal loro aspetto. Che il destino di tutti era ormai morire e che si poteva solo sperare di non soffrire. Che il loro aspetto ributtante era insopportabile alla vista. Che emanavano (lo si era capito dalle autopsie sui cadaveri di quanti erano stati abbattuti) un odore tra il salato del mare, almeno quelli che avevano tentato la fuga, e il miele delle campagne. Che i loro corpi erano spesso umidi, viscidi. Un insieme che contributiva a renderli orribili. Cosa potevamo fare? Ci eravamo organizzati con armi d’ultima generazione. Armi capaci di scardinare ogni protezione esterna. Eravamo pronti a tutto, anche a morire pur di difendere la nostra terra. E poi… Cosa volevano da noi quegli esseri? Da dove proveniva la loro volontà di distruggerci

Numeri

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Foto di Man Ray  שם אחד שתי עיניים שלושה ריקודי זמן ...ותקוות אינסופיות ותקוות אינסופיות ללמד את האדם כמו לדבר עם הכוכבים _____ un nome due occhi tre danze del tempo e infinite speranze... e infinite speranze per insegnare all'uomo a parlare con le stelle ____ Testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati (Inedito - 1.11.23)

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 25 - "Poétique propre" - su "RadioGrafie" raccolta poetica di Giulio Maffii (Il Convivio Editore, 2022) - nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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A cura di Sergio Daniele Donati La parola non nasce degna, né  pulita. Il francese conosce una locuzione molto interessante che lega la pulizia al senso di sé:  être propre nella lingua di Stendhal e Proust significa certo essere puliti, ma è una pulizia che ci rende capaci di stare dentro noi stessi e appropriati per il mondo. La parola non ha questa qualità intrinseca, sorge da fanghi e mugugni strani e se acquisisce nettezza e luce è grazie al lavoro paziente - artigiano e sperimentale -  del poeta.  Scrivere, in fondo, è anche saper dare lucentezza a una pietra grezza e sporca in modo da renderla, quasi lo fosse ab origine , lucente e netta.  Sicuramente questo lavoro di nettoyage comporta per il poeta grandi doti di pazienza e di capacità immersiva nelle profondità di ogni singolo lemma, di ogni singola parola delle sue composizioni. Saper togliere strati su strati di depositi inutili è cosa che molti pretendono di fare ma che ben pochi in poesia contemporanea dimostrano di essere

Un foglio a terra

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  Raccolsi, così per caso, un foglio da terra. Una scrittura scomposta narrava di un sogno interrotto al momento del risveglio,  di ciò che manca alla veglia, di una lingua che svapora come nebbia d'autunno dai campi. È forse ora di accogliere la perdita di ogni senso, di ricordarsi che nel sonno io non balbetto. Di questa mia tenuta è guardiano il canto omotonico dell'assiolo. ______ Testo - inedito 31.10.23 - e foto di Sergio Daniele Donati

Mio figlio è figlio della parola

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  הבן שלי  הוא בן המילה הוא מדבר אל הדממה שגר בבית שלנו והשתיקה מקשיבה לו כשהוא שר ראפ בשירותים והשתיקה צוחקת כי המילים  של הבן שלי השתיקה הזה לעולם  לא יכול היה לומר אות Mio figlio  è figlio della parola. Parla al silenzio che vive nella nostra casa e il silenzio lo ascolta mentre canta rap in bagno. E ride, il silenzio, perché le parole  di mio figlio quel silenzio mai  avrebbe potuto dirle ______ Testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati 29.10.2023

La linea di fuoco

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  Costa uno sforzo enorme lasciar lo sguardo libero di posarsi su altro che non sia la linea di fuoco - il crinale di schegge - che separa due pelli aliene. Eppure è proprio in quella ustione che si opera uno scambio molecolare che ci dice diversi dal prima e identici a un poi che già dimora i nostri midolli. ____ Ispirata alle opere di Emilio Tadini Testo di Sergio Daniele Donati 29 Ottobre 2023

Lo iato

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Separare per creare, per dirsi nel vuoto  capace di portare un nome al di là di un confine  che pare di pietra. In ogni iato risuona un canto che risponde a una domanda e il deserto che mai visitai  è la terra su cui poggia l'ossidiana del mio sguardo. Ogni iato è legge - risveglio dell'ermeneuta - e le parole che mai lessi sono la dimora della mia comprensione. Ogni iato è urlo di voci bambine; lontane e il gesto che mai feci rende il mio pugno carezza. _____ In foto opera di Emilio Tadini Testo di Sergio Daniele Donati  

(Redazione) - Dissolvenze - 24 - Lituo

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  A cura di Arianna Bonino E quel che mi convien ritrar testeso, non portò voce mai, né scrisse incostro, né fu per fantasia già mai compreso Dante, Paradiso, XIX, 7-9 Piano pianissimo nella notte seguo il mio piede antenna, sempre allerta fuori dal lenzuolo. Scivolata via dal letto, a occhi chiusi, fiuto il buio, un buio di casa. Le dita sui muri, le infinitesime nervature sfiorate, risvegliate dai glifi della pelle, le assi sotto i passi, le chiavi ferme e zitte nelle toppe. Un pentagramma di legno il corridoio, costellato dalla via lattea contraria dei suoni che lascio nelle impronte, nel moto funambolo e sonnambulo verso un punto preciso del mondo. Casa io chiamo le mie carte di guardia, guardiane che guardano il mio sguardo, i tagli di piede bianco d’ifa, fosforici barlumi che segnano la strada, miei piccoli fantasmi. Casa è l’unghia anulare che tira di fioretto con dorsi, costole, unghiature, alette. Casa è lì di notte dove parole orizzontali tutte nude stanno, e parlano alla voc

Un canto di morte - שיר מוות

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Foto di Man Ray פתחתי את ידי לנשמת העולם אבל הדממה עכשיו אין יותר  קול הרוח רק שיר מוות עולה מן הארץ Ho aperto la mia mano all'anima del mondo ma il silenzio ora non ha più  la voce del vento; solo un canto di morte sale dalla terra _____ testo e traduzione dall'ebraico di Sergio Daniele Donati

Il quinto Alef-Bet (binomi) - 03 - Ghimel e Dalet

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  Dopo il primo passo una porta azzurra e, dietro, pensieri celati al mio stesso pensiero.           Occorreva farsi piccoli allora           e rinunciare a parole di muffa           per dare nutrimento puro           al nòcciolo di pesca           che abita i miei midolli.  Varcai nel sogno quella soglia con la coscienza che al risveglio  il colore dei miei occhi sarebbe mutato.  La varco oggi nel ricordo di ciò che cercai di essere per poter stare al tuo fianco.           Si tinge  di indaco e cobalto,           di paura e desiderio           il gorgo senza fondo           della tua assenza           per un uomo incapace           di parlar d'amore.

(Redazione) - Sulla raccolta "D'argilla e neve" di Maria Pina Ciancio (Giuliano Ladolfi Editore, 2023) - nota di Sergio Daniele Donati

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  Corpo e natura: due archetipi tanto cari alla poesia di ogni tempo, due domini che comunicano con fertili risultati da sempre nella scrittura poetica.  Nella raccolta di  Maria Pina Ciancio  " D'argilla e neve " (Giuliano Ladolfi Editore, 2023 ) si sente vibrare intensamente questa relazione in cui il corpo assume sia le vesti di strumento di percezione della  natura, sia perimetro e quasi confine che segna la distanza tra l'umano e il naturale.  Argilla e neve sono peraltro due elementi che richiamano in maniera indiretta, ma patente, il rapporto dell'Autrice con la scrittura.  Argilla è ciò che l'uomo sa plasmare, ciò a cui la poeta sa dar forma e senso e significato. Neve è ciò che della parola è destinato a diluirsi, lasciando brevi tracce liquide, destinate all'evanescenza. E questo è qualcosa che chi scrive poesia in profondità non ignora: una relazione sempre stretta tra la natura sfuggente della parola e la nostra pulsione creativa.  È questo un