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Dialoghi poetici coi Maestri - 37. Francesco Scarabicchi

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Da quel giorno Da quel giorno ogni giorno con te parlo, ma che dialogo muto, che silenzio dalla parte da cui non viene il vento. Tratto da Francesco Scarabicchi - Il prato bianco Einaudi editore (2017) Potrei declinare, Francesco,  in tutte le lingue conosciute ogni lemma che si è disperso  e diluito nel soffio di quel dialogo evanescente. L'assenza, lo sai, è la più ciarlona delle presenze; raramente tace per lasciare spazio al sospiro; allo spettacolo del presente. Non è più il silenzio  il mio problema; al contrario, è dirsi vinti da un nemico ectoplasmatico che mi sussurra parole di seduzione e poi svanisce, ridendo della mia incredula espressione. Tu sei il Maestro, Francesco e reciti in pochi versi i vocabolari della mia sofferenza. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 ____ NDR: Potrete trovare un altro dialogo poetico con Francesco Scarabicchi a questo  link

Il bruco

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È sempre un dilemma, una domanda mal posta la cui risposta, però, contiene la bava del vero - il vero è un bruco, non lo sapevate? e lascia bave collose sulle foglie dei nostri sogni. Restare riflessi, dicevo, o diventare astri, è la domanda di cui il bruco ride la sua vera risata verde. Sergio Daniele Donati (inedito 2022) Foto di Noelle Ozwald

Alcune poesie edite di Adriana Valabrega

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  dalla raccolta Acrobata sul filo del tempo 2009 Muta la parola scritta senza suono biblica lettera eco di aviti rotoli nell’Arca. Armonia di spazi vuoti e silenzi intesi pause fra fitte note suoni alti rotti memoria di foglietti nascosti sotto le pietre chiare del muro del pianto. Fra simbolismi rovesciati il sole batte nell’ondeggiare di vesti nere. Rondine dal petto bianco. Dalla raccolta Giochi d’acqua, 2019 Poesia 30 Silenzio arabescato D’ortica e vento Il salice è d’argento, Slitta sui sogni Di rami piangenti. Il muro sotto il cielo È immerso Nel silenzio Di vetro. Tra le pietre Del tempio antico Si leva il grido Di chi si volta indietro A cercare il suo destino. Translucido il vento Nei cieli lattei e deserti, La volta celeste Appanna La luce solare, Elastico miele selvatico Lo stormire allegro Di alberi e foglie Libertà un passaggio In mezzo al mare. Poesia 24 Nel giardino dei melograni Consacrati alla forza Dell’innamoramento, Il vento è puro. Come l’acqua, una carezza Preme

(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 06 - Su MadMen (La serie perfetta. Non pazzia ma visione, iconicità)

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A cura di Stefania Lombardi Non ci sono solo i film iconici su cui fare le proprie riflessioni. Credo che possa esserci anche tutto il mondo sommerso delle serie televisive. E, anche se la perfezione non è di questo mondo (e per fortuna), c’è una serie che mi sono permessa di definire perfetta: parte benissimo e termina in modo superlativo. Sto parlando della serie MadMen che iniziò nel 2007 e ha accompagnato i propri telespettatori per ben 7 stagioni fino al 2015. La serie comincia negli anni ’60 fino a giungere al 1971. Assieme ai protagonisti assistiamo a una società in rapido divenire, compresi, ad esempio, anche abbigliamento e acconciature. Vediamo tutto il cinismo di una società che, dimentica delle relazioni umane, scarta tutte le persone che non riescono più a essere produttive, senza alcuna memoria per quello che sono state e che sono. Nella serie si toccano molti temi, dagli stipendi molto più bassi per le donne, dall’alcolismo (più o meno velato) dei protagonisti, ai vari t

Stasi

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È come un valzer il ritmo della stasi degli oggetti. Un tempo per osservare, un tempo per dirsi altrove, un tempo per tornare. Una penna appoggiata al tavolo è ciò che ha scritto,  ciò che non ha scritto, ciò che scriverà. Così la nostra esistenza tiene quel ritmo calmo, che nemmeno l'affanno, nemmeno il sigillo alla madre che ti guarda di lontano, riesce a coprire.  La vita è sempre in tre tempi; e ciò che è stato, e ciò che è, e ciò che sarà di un uomo che più scrive  e meno comprende; di un uomo che meno comprende e più scrive. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Noelle Oszwald

Ossidiane

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La luce tenue della speranza si coltiva negli occhi dei figli. Siamo a guardia di qualcosa di cui non conosciamo il nome, né la forma, e di cui ci è ignoto il messaggio profondo.  Eppure come sentinelle teniamo su torrioni antichi  dritta la schiena, la notte. Le stelle che davanti ai nostri occhi testimoniano la luce della loro morte ci paiono eterne, come eterno è l'augurio  del padre al figlio. Si china ai suoi primi passi a pochi metri da lui, allarga la braccia e sussurra piano: « Vieni, tu ce la fai». Lo sguardo fragile  di mia madre oggi la sua richiesta silenziosa di aiuto, - una mamma-bambina dai capelli sottili che lenta svanisce - e l'ossidiana nera e certa  degli occhi di mio figlio. Io in mezzo, testimone canuto e malinconico del passaggio di testimone della vita. 

Ebraicamente

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«Mother and son» di Sergio Daniele Donati L'ebreo non chini mai la testa davanti all'uomo - così è detto - ma sappia coprirsi il volto col mantello sacro, con gesto pudico, se percepisce una voce sottile di Silenzio nel brusio della Vita. Lo stesso gesto - aggiungo io - faccia il poeta quando il suo dire si trasforma in incaglio e balbuzie. Parola e Silenzio si liberano da catene arrugginite, a volto coperto tra il caldo delle lane e i ricami delle sete. Il piccolo rivela l'intreccio, scioglie il bandolo del limite e lo tramuta in canto. A volte è bene tacere, non per assenza di parola, ma perché la sua cacofonia - in testa - divenga armonia per lo sterno. L'uscita del popolo dall'Egitto fu un grande silenzio, così sia la poesia per chi sa che scrivere è sempre più rinunciare alla parola che ostentarne una falsa potenza.

Alcune poesie di Federica Simionato

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Federica Simionato POESIE TRATTE DALLA SILLOGE  “MI PIOVE CONTRO” ED.  MACABOR, 2022 Tramonto Cercami lì dove si ripiega la mancanza, nella fame d’ombra che appiattisce il vuoto. Lì, dove accelera la distanza. Il peso del ricordo si allungherà ai tuoi piedi, nero di un silenzio che non si rapprende. Cercami nel sangue vivo di un giorno morente. l’orizzonte la nostra cicatrice. Controvento Chiederò al vento di portarmi il respiro del tuo sonno, la stanchezza delle tue spalle. L’ubriaca carezza di una foglia di salice, senza farla cadere, senza farsi sentire. Chiederò al vento di soffiare sulla riva bruciata del tuo mare al tramonto e darti un’onda ancora, prima della sera. Il fiato caldo di un sogno controvento. Insonnia Questa notte è solo un guardare dal respiro rallentato, la coperta troppo corta di un peccato. Un letto sfatto, il fiato corto di un incubo a occhi aperti. Questa notte è solo il freddo dei piedi scoperti, un cuscino di piume e pensieri. Ma

Contorni

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Spesso sfumano i nostri contorni; nei ricordi  assieme all'ultima parola detta, all'ultima sensazione vissuta. Ancora più spesso di noi si dimentica l'intenzione pura, pur coperta da balbuzie e inciampi, e si apre la porta cigolante dell'impietoso giudizio. I più ci entrano col capo chino; io non posso né entrarci né accettare che tu ci entri. Troppo vivo il ricordo di quando ti dicevo, d'amare di te il pacchetto completo, contorni e inciampi compresi. Io non so se questo sia perdono, e in fondo poco conta, so di essere stato capace di non perdere di te l'immagine completa, e mi piace ancora quel tuo modo trattenuto di sorridere. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Noelle Oszwald

«Sono una debole»

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«Sono una debole» - mi dicevi - «una che deve contare i centesimi nella borsa per comprarsi  un pacco di sigarette,  che te ne fai di una come me?». E per questo tuo dire io avrei dovuto amarti meno? Avevi un chiaro progetto d'allontanamento d'un sentimento scomodo; il mio,  come se fosse un dono da te elargito - e ignoravi il mio saltare i pasti, di allora, per poterti offrire una cena - E non sai quanto mi ferì quel tuo dire, perché se c'era qualcosa di protetto da un pacchetto morbido e senza filtro alcuno era proprio quel sentimento; il mio. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Noelle Oszwald

Enjambement

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  Foto di Man Ray Dedicata a David la Mantia Che vuoi mai possa finire in un verso che ha un universo da dire sulla seduzione della parola ed educa  il lettore a sbirciare sotto la gonna dei lemmi mentre un fruscio di seta testimonia l'accavallarsi di gambe? Sergio Daniele Donati - inedito 2022

Col pianto al cuore

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Ho peccato nella testimonianza - eppure fu una mia promessa - mi mancano dei nomi, delle storie; e il mio racconto  sarà sempre incompleto. Però mi rifiuto di parlar di numeri - sarebbe troppo facile dire «sei milioni»  e tacitare il mondo. Ma il numero era la lingua zoppa dello sterminatore; a noi si chiede l'onere impossibile di recitar nomi, per rendere onore alla lingua e al suono. Allora guardo le stelle  e sento voci bambine e chiedo loro perdono perché non ne conosco i nomi. Sergio Daniele Donati (inedito 2022)

Stanze (SAMECH - AYIN - PEI - TZADE - KOF)

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  SAMECH (ס) Null'altro da dire: esistono voci lontane e proteggono e custodiscono la parola ancora inespressa di una voce bambina. La prima parola d'un infante è un sibilo di accoglimento di un percorso infinito. AYIN (ע) Mi chiedi cosa sia una visione  e dove si debba poggiare lo sguardo quando un vento freddo scivola sui pori della pelle? Sull'orizzonte sotto i nostri piedi , rispondo. E quando il vento si placa, verso la luce lontana  di stelle già morte. PEI (פ) Un dente deve cadere per passare dalla negazione del creato al suo abbraccio. La parola si deve far chiara per permettere l'infinita interpretazione, eppure, già lo dissi, il mio maestro era balbuziente e sorrideva tra i suoi denti ingialliti al compito sacro della trasmissione. TZADE (צ) E non c'è giusto fuori dalla testimonianza. Né l'etica si poggia su un'intuizione afona. Il Giusto raddrizza la schiena prima di parlare e torna curvo nel silenzio. Chi lo ascolta raddrizza la schiena  di fron

(Redazione) Specchi e labirinti - 06 - Su "Diario amoroso senza date" di Antonio Nazzaro ed Eleonora Buselli

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  A cura di Paola Deplano Sono cresciuta in una casa piena di donne – di cui due fanciulle in età da marito – nei primi anni ’70 del secolo scorso, quindi non deve stupire il fatto che io abbia imparato a leggere, oltre che da Topolino, anche dai fotoromanzi che invadevano qualsiasi spazio e che tutti – maschi e femmine - leggevamo con piacere, accanto a Pirandello, Deledda, Asimov, al quotidiano “La Nazione” e al settimanale “Intimità”. Letture onnivore, quindi, senza nessuna preclusione di genere e di gusto. C’era tempo-luogo-bisogno di tutto e ciascun testo rispondeva a diverse esigenze e aveva un suo spazio ben preciso nell’arco della giornata e della settimana. Tornando ai fotoromanzi, era stato facilissimo imparare a leggere da quelle scarne didascalie che corredavano foto del compianto Franco Gasparri che guardava languidamente negli occhi Claudia Rivelli. Erano storie semplici, ben aderenti al genere letterario della commedia: cominciavano con dei casotti pazzeschi e finivano s

Fenice

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Non credere che ciò che cede e si cela e diviene evanescente si dissolva nelle terre dell'oblio. Fenice eterna, cerca  una nuova forma per risorgere. E se provi poi,  ammirato dalla sua trasformazione, ad accarezzargli le piume l'ustione sul tuo palmo sia testimonianza di quando hai cessato di credere nelle sue potenzialità. Oggi mi manca una voce, una sola, eppure mille. Le cerco tra le mie lettere e tace non solo la Alef, come è solita fare dalla notte dei tempi, ma anche la Tzade, canterina. Ha paura che il suo messaggio di giustizia oggi non sia adatto per un uomo con le ossa rotte. Si corica al mio fianco, come sempre, la Nun e mi canta una nenia antica e di miele; una nenia, la sua, di sole tre parole: Tu sei l'Uomo. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Noelle Oszwald

Il poeta e la poesia (ironia)

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  Un giorno un poeta incontrò la poesia , ma non la riconobbe e continuò a scrivere.

Stanze del «io non ho saputo»

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Lascia al cielo l'antica battaglia; la radice d'un corpo d'uomo è nel legame tra uno sguardo - gettato all'orizzonte - e il corretto appoggio dei piedi a terra. Lascia al cielo l'antica battaglia, posati sul punto più lontano che il tuo sguardo possa contemplare, e, prima del primo passo, sospira. Ogni sospiro è un tributo  - sapessi quanto giova  potersi dire « io non ho saputo» - e lasciare ancora una volta quella battaglia al cielo. Sapessi quanto giova nel ritiro potersi dire «io non ho capito» e prima del primo passo alzare il palmo a una presenza evanescente - un saluto a ciò che mai torna - Una mano che si alza - anche se non percepita - un battito di ciglia volontario - anche se nei tempi dell'occhio - spostano aria e creano spazio alla penombra che crea  mulinelli di riconoscenza all'amore non riconosciuto. Lascia quella battaglia al sole, tu affidati a uno sguardo capace d'orizzonte a un palmo capace di rende

Il canto del perdono

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  Inizia nel midollo una sorta di vibrazione che riassetta i ricordi e ricolora una tela abusata di tinte tenui. Non è dimenticanza è il passo sapiente della mano che articola lenta falangi e parole  per un fine solo; una dichiarazione di resa. Il vero si manifesta sempre nel corpo come un canto di merlo al tramonto,  e tutte le immagini che ti sei creato per negarne l'esistenza  svaniscono come nubi al soffio del vento.  La schiena si raddrizza e lo sguardo si fa nostalgico su un orizzonte che si sposta coi pensieri; è il richiamo del riconoscimento silenzioso d'un passato che tardava a passare. Quel nome innominabile diviene canto per una gola ormai matura a pronunciarne altri e nel ventre fecondo di speranza senti muoversi le primavere che sinora ti sei negato.  Poi taci, è arrivato l'istante dell'ascolto e il corpo - sede unica di ogni nostro sentire - ti dice che è ora di pronunciare ancora quella parola interdetta.  Inizia sempre nel midollo come una vibrazione d&