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Visualizzazione dei post con l'etichetta poesia

(Redazione) - Echi di Fedro (dialoghi poetici) - Marco Brogi con Paola Deplano

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  È questa l’ora di aprire le gabbie e liberare le parole rondine lasciando che si posino sulle costole del mondo, sulle attese annegate. La mano sulla fronte di un calvario sempre vivrà in simbiosi con l’eterno. (Marco Brogi) Tesso parole su un telaio stanco rondini alte sotto un cielo stretto passa la sera a fili rossi e bianchi quel sole morto m’incatena i fianchi. Sillabe sorde s’accostano tremende passa la sera e ‘l modo ancor m’offende. (Paola Deplano) _____ N.d.r: I l dialogo è composto da testi totalmente inediti (2024) _____ MARCO BROGI - NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE Marco Brogi , senese, laureato in Lettere Moderne, è giornalista a La Nazione. Ha pubblicato il romanzo Le tre Lune (Urbone editore) e le raccolte di versi: Poesie scritte in treno (Prospettiva Editrice), Il Paese Incantato (zona editore), finalista al premio Narrazioni, Sorella Toscana (Alsaba), L’aria intorno alle altalene (Bertoni editore), uscita pochi giorni fa con prefazione di Bruno Mohorovich e postfazione

Gabriella Cinti e Sergio Daniele Donati - dialogo poetico tra raccolte

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  Gabriella Cinti   ______________________ VEDERTI PER INTERO Ti guardo dentro l’occhio viola della notte, il silenzio in grappoli di quasi parole, mentre il tamburo dell’assenza, sorpassa il precipizio del limite. Senza orizzonte non tento neppure il naufragio e solo il vuoto asseconda il mio respiro. Il muro di indifferenza che mi stringe, non può sottrarmi il privilegio della fuga consapevole fuori da un senso estraniato. Solo così, connettendo le lamine di doppio che ti hanno attraversato, riuscirò a vederti per intero. (Gabriella Cinti, tratto da Euridice è Orfeo,  Achille e la Tartaruga, 2016) Sergio Daniele Donati  __________ _____________ RIDEVA FORTE. RIDEVA Rideva forte. Rideva.  Alta altalena, terra e nuvole.  Fragile osso. Guardavo la memoria  svanire. Risata di bimba.  Cristallina. (Sergio Daniele Donati, tratto da "Il canto della Moabita",  Ensemble ed., 2021) Foto di Noelle Oswald __________________ DETTAMI LA VITA Dettami il canto del silenzio, tacito velluto

(Redazione) - Echi di Fedro (dialoghi poetici) - Giusi Busceti con Gabriela Fantato

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In questo testo con Giusi Busceti ciò che mi ha colpito di più è stata la dimensione di malinconia e  nostalgia che lo attraversa, sottolineata anche dai colori (bianco, nero e grigio), tutte sfumature della malinconia . Anche la presenza dell'infanzia, con i giardini dei giochi e l’uso dei diminutivi (i sassolini , i cavallini ) evocati dal testo. Per questo, la sua poesia mi ha suscitato un testo che racconta di un sogno, dove mia madre, che non poteva di fatto accompagnarmi nei giardini a giocare (lei non poteva camminare), era invece era vicino a me. Solo nel sogno, quell’unione di me, bambina che gioco e di mia madre che mi vede correre, si era realizzata. (Gabriela Fantato) Bianco e nero Quando si insinua in inverno primavera tra i capelli tirati dal cerchietto ai giardinetti è bionda la malinconia stretta al gelato da passeggio, sguardi cerchiati dalla montatura scura l’insenatura colma della madre Mi guarda    lo stupore ha le pupille sgranate, i sassolini troppo aguzzi pre

"Nella patria di nessuno" - sei poesie inedite di Ilaria Palomba con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  È davvero un piacere poter pubblicare su  Le parole di Fedro  sei poesie di Ilaria Palomba   tratte dalla raccolta poetica ancora inedita " Nella patria  di nessuno ".  Sono poesie, come potrete  vedere, dal ritmo incalzante e battente in cui emerge quasi sempre, come per incanto, una domanda centrale attorno alla quale la poeta costruisce come una rete protettiva costituita da lemmi fermi e definitivi.  L'effetto di un dire che si fa pietra di marca, miliare, è amplificato dalla ripetizione dei verbi, dalla preziosità degli scarsi, e proprio per questo centrali, aggettivi eletti nei testi e soprattutto nell'uso sapiente del modo verbale infinito, al posto del corrispondente  sostantivo, che pone il testo in un quasi-tempo, in una dimensione, in altre parole in cui il tempo stesso ha un peso relativo, rispetto al significante veicolato dalle parole.  Siamo dunque molto felici di potervi proporre questi testi come stimolo ad approfondire la lettura di una interessant

(Redazione) - Echi di Fedro (dialoghi poetici) - Vincenzo Thoma con Annalisa Mercurio

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  Affondi nel ventre dei nostri giorni così come disgrazia di un'impronta d'ombra sulla neve e comprimi l'aria che ci serviva per far respirare quel che restava dei sogni avanzati da ogni notte che ci siamo pensati senza poterci nemmeno sfiorare ( Annalisa) non c’è averti più profondo di quando mi sei perimetro di niente attorno e spesso al buio ci rivedo assorti a fare coordinate della vita prima del tuo inatteso evaporare ai sensi alle speranze alle mie mani e ti ritrovo polvere sul tempo delle mie cose, tante ed inattese, e tu, fra tutte, ad evocarmi il mare che senza te non potevo solcare (Vincenzo) Sai, quando finiremo di lottare e di chiamare 'nobili' le guerre cadremo a croce su sabbie mobili per essere inghiottiti dai fantasmi dei buoni propositi che ardono – stanchi, emaciati– da che siamo nati e che si faranno poi brina e gelo soffocando le voci nei brividi opachi urleremo in seno a sconfitte e torneremo cominciando a dar vita a noi. A copie di quello che

La parola ruba, depreda, spezza

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  Foto di Sergio Daniele Donati Piccole intuizioni germinavano nelle terre umide del dubbio; e tu crescevi lento, desiderio indaco e ocra celato allo sguardo da lemure di un maestro burbero e ipovedente. Il detto e il non detto incrociavano allora sorrisi sotto l'epitelio spesso di un'esperienza aquilina e predatoria. Nel regno degli aggettivi il tempo  di un respiro è stratificazione calcarea di stalattite.           La parola ruba, depreda, spezza       la resistenza troppo sottile      di un silenzio signorile      e, se lascia scorie in dono,      è per «ricordarmi di tacere;       dicendo».     Ma io sono un amante infedele     e preferisco   di gran lunga     «dimenticarmi di parlare»     del canto     a un mondo che tacita l'imbarazzo     per gli incagli dorati     della mia balbuzie. __________ Foto e Testo - inedito 2024 - suggeriti dal «senza nome»  a Sergio Daniele Donati    

Otto poesie inedite di Zeudi Zacconi

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  LA MEMORIA DELLE IRIDI Attingere agli occhi le iridi sanno la strada del sogno brucia la scorza della terra e ci guarda accadere nel getto di un lampo restare sopra il tuo corpo i tuoi giorni di fiamma ammassati la sera sulle promesse più grandi di te sui palmi, dove è carezza raggelata la storia guardarsi di spalle alla boria del fiume ~ come facciamo a restare, come facciamo? mi scuoia, la vita mi svena era intatta anche la cera destinata a colare sopra agli occhi, la tenerezza che non ci siamo dati resterà in mano ad altri e di noi, tesoro di noi solo le iridi avranno memoria. MORIRE DI POESIA Persi dentro pelli radioattive siamo versi accidentali di tensione materia disillusa e sproporzioni vortichiamo in stati inquieti, illineari dietro strette decadenze dove la chimica dei corpi è già in disuso, dove alle morti manca il nome la resistenza è un atto terminale finché la scienza dell’abuso ha assoluzione l’ultimo bagliore è una scommessa, l’unica salvezza è morire di poesia. SPA

Tre poesie di Gabriella Cinti, tratte dalla raccolta "Prima" (Puntacapo ed., 2024), con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  Esiste un luogo, o forse dovrei dire un tempo,   in cui poesia, natura, terminologia del dominio scientifico, mito e simbolo si scambiano sguardi di seduzione reciproca. Sono territori preziosi e in gran parte inesplorati in cui chi legge è sospinto da un vento di comunione. Su quelle praterie del dire poetico i neologismi ossimoricamente richiamano all'antico, come in un gioco musicale dal netto profumo contrappuntistico. Ed è là, tra quei declivi, che l'armonia dei contrasti si manifesta con una pienezza che si avvicina alle pennellate di un maestro rinascimentale.  Il simbolo, per questo gioco sapienziale della versificazione, prende ogni sua sfumatura attorno ad un nucleo centrale di significanti, allo stesso tempo emergenti ed evanescenti. Per chi legge trovarsi in quelle lande significa vivere una profonda esperienza di trasformazione della parola in corpo e del corpo in parola e ci si ritrova a dirsi nuovi nel "déjà-vu", arricchiti da nuove striature di un se