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Dialoghi poetici coi Maestri - 54. Milo De Angelis

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OMBRE Di notte le ombre si aggirano per i campi di calcio vuoti, ripetono infinite volte i dribbling non riusciti e i tiri al volo mancati dai ragazzi. Le ombre del campo rifanno di notte le partite che avevano visto al mattino. Le porte sono lontanissime l’una dall’altra e i portieri non riescono a vedersi, non sanno quello che accade a centrocampo, molti chilometri più in là, dove tutto è diverso e non è più estate: pantano, sabbia, macchie di neve intralciano le ombre dei giocatori, alcune in canottiera, altre con la sciarpa al collo. Milo Del Angelis  OMBRE Le mie no, Milo. Le mie ombre di notte inseguono lemmi e pericopi e salti nel mito del linguaggio che - fra noi possiamo dirlo - è il grande inganno ; e non solo per chi scrive. Le mie ombre di notte mi incrostano il sogno e disegnano sul muro, su cui danzano ombre cinesi, il volto divino e orribile della mia grande ferita. Un volto di donna, ça va sans dire, che non cessa di ridere degli inciampi dello

Essere padre

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(...) e forse ancora non sai ch'essere padre  è pianificare il ritiro, tacitare il brusio, rinunciare al nome di vento che ci si portava addosso per metter radice altrove. Un padre è un albero  che cammina, una montagna alla rincorsa del vuoto, la parola che rinuncia finalmente all'aggettivo. (...) ______ Foto e testo - inedito 2023 - di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Su "La distruzione dell'amore" di Anna Segre - Interno poesia editore, 2022 - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  Amore:  la parola che più compare  - o di cui più si parla, senza nominarlo - in poesia, da sempre.  Amore: l'oggetto più scandagliato, esposto e sbilanciato del nostro scrivere, specie poetico.  Amore: la parola più rimata, a volte banalmente, a volte con estrema originalità nel nostro vocabolario. Eppure, di fronte alla grande poesia l'amore torna ad essere un oggetto sconosciuto, anzi, per dirla meglio, una materia ancora grezza da raffinare di nuovo, e di nuovo ancora. Quindi amore, sì, ma da decostruire, da frammentare, da scrostare da intonaci vecchi e stantii, perché possa rivelare la sua pittura originale. Amore da distruggere, perché la fase construens non può non essere preceduta da una fase destruens.  E questo, lo pongo come domanda seria a tutti, non è forse lo stimolo che in generale ci dà la sempre la scrittura poetica di fronte al foglio bianco? Togliere, togliere, togliere eccessi di senso e di significato da ogni dire, perché la parola si riveli per ciò che

Non resta

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Non resta della parola che il vagito nano. Nessun detto è altro  che rigurgito,  sul collo d'un dio-padre appena tornato dal lavoro. Per questo mi libero dall'imperativo della scrittura; e lascio che sia cascata di silenzi la mia risata sulla malattia del mondo.  Io curo la mia  - ben più grave - recitando il mantra segreto del petalo di ciliegio che stenta a cadere perché:  "Dio mio, quanto è bello  il cielo visto da un ramo". ____ Testo - inedito 2023 - e foto di Sergio Daniele Donati 

E se io taccio (piccole epilessie)

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E se io taccio, lo sguardo vitreo sull'orizzonte che sfoca; se lascio la parola alle screziature di marmo d'una speranza che svapora - perché speranza è vapore - e se taccio dell'ilarità  recitata nel dirsi guarito - da chissà cosa, chissà da cosa? - se io taccio del ricordo di quel bimbo assente che si sentiva lontano dal vociare della vita, che ne ricevette lo stigma - e non fu quello dello sciamano - e si salvò scrivendo  parole senza senso,  sepolte nei cassetti; se io taccio, dicevo,  - se taccio ora  e chiudo quella porta - chi racconterà a mio figlio da quali battaglie è composto il sangue che ha nel corpo? ______ Foto e testo - inedito 2023 - di Sergio Daniele Donati

Due poeti allo specchio (Antonio Nazzaro e Sergio Daniele Donati)

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Antonio Nazzaro ritratto da Eleonora Buselli Caro Sergio, sinceramente non ho capito cosa vuoi che scriva ma ci provo. Prima di tutto per sopportare la compagnia perenne dell’acufene metto musica, non una qualsiasi, ma Fito Paez , cantautore argentino, visto che fra qualche giorno andrò a vivere a Buenos Aires. Già torno al mio vestito abituale ovvero quello di emigrante. Forse la poesia in fondo è questo, qualcosa che emigra sul foglio bianco e poi viaggia tra le dita di mani che sfogliano… Questa partenza spero che sia l'ultima ma visto il mio peregrinare di paese in paese degli ultimi trent’anni preferisco non dire niente a riguardo. Partire è qualche cosa che sempre mi ha fatto sentire libero di tutto, anche di dimenticare volti amici, nemici e gli amori. Ah gli amori… Lascio in quest’ultimo viaggio forse l’amore più bello e intenso della vita, che ha compiuto sessant’anni un paio di mesi fa. Si può abbandonare amore per amore? Bella domanda. Non ho una risposta ma è quello che

(Redazione) - Figuracce Retoriche - 04 - ANADIPLOSI, EPANADIPLOSI, EPANALESSI, EPIZEUSI

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A cura di Annalisa Mercurio Oggi, vedremo altre figure di ripetizione, figure di ripetizione che impareremo in un battibaleno. Sarà semplice, fidatevi di me, e vedrete che sarà semplice. Le scopriremo piano piano e, una volta imparate, vorrete conoscerne ancora, ancora, ancora… Forse non ve ne siete accorti, ma in questa introduzione ho appena usato tutte le figure retoriche che tratteremo in questa puntata, ma facciamo un passo alla volta, e sarà tutto più chiaro. ANADIPLOSI A nadiplosi (guarda un po’ che strano) deriva dal greco: ἀναδίπλωσις,  anadíplosis , che significa duplicazione o  raddoppio . I latini chiamavano questa figura retorica  reduplicatio . Bene, fin qui ci siamo, ma DOVE andiamo a raddoppiare? Come abbiamo visto nella precedente puntata per distinguere alcune figure retoriche da altre, è fondamentale conoscerne la posizione all’interno del periodo. Nell’ anadiplosi la ripetizione avviene a fine e inizio frase successiva, cioè  cominciando una frase, ripetendo una o

Due poeti allo specchio (Rossana Nicotra e Sergio Daniele Donati)

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Nel Nadir  si piega sul corpo pesante, dorme sente l’odore di morte. È un animale in agonia, non vede  che è stato amato come ha dettato l'universo che l'ansia e la voglia di vivere sono un'unica spinta. Che morto non è.     Nadir perdonaci perchè non sappiamo riconoscere il profumo della rosa che raggiunge  la sua mano che il movimento della lontananza ci viene incontro. Gettaci come cenere dal punto più alto. Ricomponici nel canto caduto. (Rossana Nicotra - inedito 2023) A volte chiudo gli occhi - sempre troppo aperti a fissare il vuoto dell'illusione. Li chiudo per sentir il chiodo che mi trapassa la retina, e il peso della palpebra sulle mie orbite irritate da una luce che - lo sai - non m'appartiene. E poi cado come corpo morto cade senza nemmeno il conforto d'un Vate che  di quel mancamento segni  linee d'eroismo poetico. Eppure, quando riapro gli occhi, è proprio di rosa il profumo che sento tra le nari. Ed è un coro divino, 

Non resta niente

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Non resta niente al poeta della parola se non singulti vani che chiamiamo sillabe. Arduo é dirlo ma non vivon certo per l'uomo parole bianche, figuriamoci per la statua monca, d'argilla brunita chiamata poeta . La parola c'inganna sempre come le stelle di cui ammiriamo estasiati luci già morte nei giorni della Creazione _____ Foto e testo - inedito 2023 - di Sergio Daniele Donati

Parlami ancora (orfano di sé stesso)

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Parlami ancora voce sottile, cricchiare acuto di foglia secca; goccia che doni senza nulla chiedere, lezioni antiche dalla piccolezza.  È là, nei tuoi volti stretti, che trova ristoro la pelle mia crepata da un isterico vociare dis-graziato e infelice - il piccolo che soccorre e accoglie un pianto antico di bimbo orfano di sé stesso. Foto e testo - inedito 2023 - di Sergio Daniele Donati

Un inedito di Daniela Favretti

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Daniela Favretti - Appunti per un saluto (200x120) - Cera e collage, 1985. Poco prima dell’arrivo Del mio vuoto La tua mano ha salutato Me che partivo Ma che restavo sulle tue scapole a chiedere all’aria spostata Quante fossero le traversine  Da una città all’altra quante le finestre illuminate di tutte le stanze da lì a Bologna.Vermiglie le mie scarpe, la falcata sorvegliare con costanza dimostrare di sapere fare senza. Daniela Favretti - inedito 2023

(Redazione) - Estratto da "Il diario segreto di Giuliettta" di Emanuela Sica (Controluna ed., 2023), con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Cosa significhi nel 2023 scegliere di scrivere un Poemetto é evidente a tutti.  Significa andare, per scelta, controcorrente e abbandonare l'idea di una scrittura strutturalmente veloce - sia per chi la compone che per il fruitore - per adagiare il fluire dei propri lemmi su un ritmo lento e attento alle sfumature. Poi, diciamolo pure forte e chiaro, appellarsi alla tradizione è ricordarsi dell'elemento vivace e dinamico che la tradizione stessa (intesa come traditio=consegna ) porta sempre con sé e rappresenta. L'opera di Emanuela Sica ( Il diario segreto di Giulietta - Controluna ed., 2023 ) rappresenta a parer di chi scrive proprio questo, un richiamo ideale alle forme della tradizione, pur in assenza di metrica fissa e rigida, ma anche un tentativo molto ben riuscito di rientrare a contatto della tradizione per ciò che attiene il contenuto espresso.  Siamo difatti di fronte a una sorta di diario/confessionale   di quella Giulietta del dramma shakespeariano che dipana de