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(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 09 - Riflessione su MACBETH (2021) - Riflessioni tra luci e suoni

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  A cura di Stefania Lombardi Interpreti e personaggi Denzel Washington: Lord Macbeth Frances McDormand: Lady Macbeth Corey Hawkins: Macduff Brendan Gleeson: Re Duncan Harry Melling: Malcolm Alex Hassell: Ross Brian Thompson: assassino Ralph Ineson: capitano Sean Patrick Thomas: Monteith Miles Anderson: Lennox Kathryn Hunter: le streghe Stephen Root: Bertie Carvel: Banquo Per la seconda volta, in questa rubrica, si parla di qualcosa ancora in essere e non dato per visto e assimilato da tempo dai più. La pellicola in questione è di fine 2021, non tutti l’hanno vista. Si parla, tuttavia, di una tragedia arcinota, quella di Macbeth. Sappiamo tutti cosa accade, quale sia la trama e come vada a finire. Pertanto, non esiste certo un pericolo di allerta spoiler. I drammi shakespeariani sono rappresentati da secoli, ormai, a teatro e da decenni al cinema, in quella che è definita, magicamente, come la settima arte. Indimenticabile fu, ad esempio, il Macbeth di Orson Wells del

Di notte

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Anche fuori dalle aule, nel reame del sogno, restano tracce fosforescenti della maschera d'idolo - o di demonio - che altri hanno fatto aderire a un volto silvano. E  - mentre la mente canta le melodie del rapsodo e si posano passi sull'asfalto  incandescente d'una Milano indaco e senza stelle - una voce sgraziata, barbara, grigio-fumo sigaretta, recita senza sosta il dispositivo d'una sentenza da lei emessa di lontano, senza possibilità d'appello. Una voce roca che ferisce con coltello di giada un animo bambino e sopravvissuto ai cancelli che ironizzano sulla sacralità del lavoro. E non ride  - né prende sul serio - questa condanna minore il fanciullo già destinato alla nascita a un eterno ergastolo. Foto e testo (inedito 2022) di Sergio Daniele Donati

Dialoghi poetici coi Maestri - 43. Fernanda Romagnoli

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  Strada Di luglio, al lungo sole della sera le case stanno appese in un silenzio d'arnia dopo il volo, Ragazzi se ne vanno alti leggeri giù per la via. Farfalle svolano le ragazze. All'ombra delle tende azzurre gialle approda il vecchio. Siede, guarda intorno la scena: mitemente nel suo castello d'ossa si consola di farne ancora parte. Ma l'anima - è in disparte Fernanda Romagnoli Tratto da "La folle tentazione dell'eterno" Interno poesia edizioni Stasi Comincia sempre così, Fernanda, il richiamo della stasi, tra miraggi e fate morgane d'un luglio che attanaglia i pensieri e obbliga lo sguardo a posarsi sull'Altrove quotidiano. La morte e il mutamento appoggiano piedi nudi sui muschi d'una vita che palpita e scorrono via come ipotesi suoni di lira in un mito d'asfalto. Le ossa, Fernanda, testimoniano resistenza alla decomposizione del reale - la tenace lotta di chi di vuol stare là dove tutto si trasforma in pulviscoli e nutrimenti  per in

Se il libro é casa #2

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  Foto di Sergio Daniele Donati Aprii quel libro con mano tremante e polpastrello umido; era l'ultimo passo prima di trovar dimora nell'altrui parola. E si fermava di colpo ogni mia pretesa di trasformazione. Aprii quel libro con mano bambina e assenza di rughe; era l'ultimo passo prima d'immergere  nell'oblio il mio nome. E incontrava l'anima la sacra incapacità di scrittura. Fu un lampo, un'idea, un sorriso al mondo. Aprii quel libro per non chiuderlo più, e continuare il cammino che rende un uomo terreno fertile  per essere attraversato da una sapienza antica, da un canto reiterato, da un inno lento alla vita; color mirtillo per chi impara il suono piano della lettura. (Sergio Daniele Donati - inedito 2022)

Stanze d'Abruzzo

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Il bello che emerge bussa insistente su tempie arrugginite e incita ad aprire un portone  di legno antico,  troppo a lungo serrato. Ne estrae resine e gocce d'ambra e apre uno spiraglio nella stanza - s'inonda di luci prismatiche, colori tenui, portatori d'un messaggio unico e inesorabile: il bello, dimenticato, mette radici profonde anche in chi vuole dimenticare. La luce scalda tenue e costante come candela il palmo delle mani e scioglie l'animo indurito di chi ha trovato difesa nel proclamare ciò che non vive. Tacita un dire, troppo a lungo abusato, e accorda al silenzio un'intenzione pura. Il bello è un ventre materno che protegge in una gestazione lenta una parola nuova. e fa esplodere in midolli  rinvigoriti petardi sorridenti d'intuizioni ridenti e puerili. Il bello è un sarto sapiente che cuce con fili di lino e canapa la parola alla parola, il silenzio al silenzio, e richiama da terra  mulinell

(Redazione) Specchi e labirinti - 09 - Si scrive radure, si legge vulcano (su “Radure” di Maria Allo)

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A cura di Paola Deplano È pastosa, la poesia di Maria Allo, con un bel sapore agrodolce di arance siciliane – le famose lumìe di pirandelliana memoria. Pirandello si sente, nel mite interrogarsi e vagare di questa scrittura, che è siciliana e cittadina del mondo. Si sente anche Quasimodo, ma ancor di più si sentono i panici poeti greci e latini che hanno fondato non solo la civiltà di Trinacria ma anche la personalità di questa donna pronta a mettere su carta – e bene – la sua personale idea scrittura. Il potere delle radici si sente forte e chiaro in queste pagine, in questi paesaggi che sono inequivocabilmente quelli che lei vede dalla finestra e che osserva nel proprio mondo interiore. Tuttavia queste radici, quasi per sublime paradosso, volano alte, altrove, verso il lettore sconosciuto, e gli lasciano qualcosa da riconoscere come proprio, con semplicità. Rivolgersi a chi legge e restituirgli, con altre parole, qualcosa di suo è il primo dovere del poeta, sembra dirci Allo in una d

Cinque inediti di Mirjana Zarifović

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Il velo Ti vorrei donare un velo, altri occhi per i tuoi occhi, la sera, sulle tue palpebre, un filo segreto pensare – oh non saprei, non potrei al mattino, immenso azzurro lago apriresti, palpebra risorta - Dovrei tesserlo io, il velo? Madre, io sto al faro, avvisto le navi, metto via il sale. Qui, un lento animale la nuvola apre e benedice l’isola e segna il rame. Una campana sola, che i sordi odono, sul fondo senza segni, musica-ustione, sul fondo del mare. Qui la spina, e dai nidi la luna, spira, spira… Madre, sto con il mare. Stendo le reti, nell’ardore delle rocce nuoto, nuoto nel rame. A dio, tu lo sai, chiedo che rinneghi, chiedo che non m’ascolti, che non si volti, pietà gli chiedo, e che andare mi lasci nel terso nell’ustione, che non mi protegga, che io erri e mi smarrisca, pietà chiedo, mentre vado, nell’ardore, nel sole, quello, quello che beviamo, agate e sole, quello che per nascita, sulle labbra abbiamo. A sud, l’ombra è nel faro. A nord, l’angelo mangia il pane e il da

Pesce pagliaccio

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Non so nuotare se non nei cieli dei miei sogni, né so galleggiare meglio del palombaro. Eppure d'ogni cosa percepisco la fine e il cominciamento mentre sussurro lento  cantilene ai distratti pesci dell'oceano dell'oblio; così perché non le intendano che come lievi carezze d'anemoni. Già, io sono un pesce pagliaccio - anzi istrione - non dar retta, tu che leggi, ai miei boccheggi. Il mare, sì il mare,  porta ben altri messaggi  ad un orecchio attento. Ascolta il canto della balena e il fruscio dell'alga e rifiuta - sì, rifiuta - la parola d'acqua  d'un pesce clown. Foto e testo (inedito 2022) di Sergio Daniele Donati

Dialoghi poetici coi Maestri - 42. Giorgio Caproni

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L’occasione L’occasione era bella. Volli sperare anch’io. Puntai in alto. Una stella o l’occhio (il gelo) di Dio? (Giorgio Caproni - tratta da Il franco cacciatore, Garzanti, 1982) Vita Ebraica A me gela il ghiacciolo caduto a terra, o delle stelle percepire l'afasia nel tempo. Non venero gli astri se non nella loro caduta come teste e cocci degli idoli di Terach. (1) Il mio Dio si cela al mio sguardo dalla notte dei tempi. M'ha donato però grandi orecchie, per intuirne la voce di silenzio nelle pause dei mono-toni dell'assiolo, o nell'istante fugace che separa con un sorriso il sogno  dalla veglia. Non ho occasioni da cogliere, Giorgio - il tempo traccia linee e cerchi e spirali, inesorabile, senza chiedere permesso - mia è solo la scelta di affidarmi  a un udito antico  e non all'astigmatismo del mio sguardo.   (Sergio Daniele Donati - inedito 2022) ___ (1) - Padre di Abramo e costruttore di idoli per i culti dell'epoca. La loro distruzione da part

Tre poesie di Barbara Rabita

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  Agglomerati come siamo noi nel sonno sospesi solo sfere di illusioni morbide e ruvide al contempo riaccendiamo confini invisibili abbiamo bisogno di limiti navighiamo su foglie come siamo noi disgregati. ____ Indian summer Su questo terreno arso il debbio rilascia fumo intenso e ricordi incenerisce l'immagine della vergine innocente sotto fremono lapilli di vita da erodere. La quinta stagione sgocciola le ansie inizia un nuovo anno di torve inquietudini. Spero, m'insinuo tra i meccanismi degli inganni lubrifico lo sterzo per virare verso nord faccio strame di neve sporco bianchi sudari. ____ S'informano I gentili incroci che il loro destino da ora in avanti sarà parallelo e ai preamboli ci sarà obbligo di consunzione. NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE Barbara Rabita coltiva da sempre una passione per le lingue straniere: prima di laurearsi ha trascorso un anno all'estero per apprendere la lingua tedesca; dopo la laurea e un lungo periodo di lavoro in azienda, ha deciso di dedic

Dialoghi poetici coi Maestri - 41. Sandro Penna

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Era l’alba sugli umidi colli  e la luna danzava ancora assorta colle lepri del sogno. La lattaia discendeva il suo colle. Ognuno amava  la propria casa come una scoperta. (Sandro Penna) Là volsi lo sguardo a un futuro incerto; si crepò come foglia il sogno - stille di sangue verde  dalle sue vene - e iniziò allora il mio canto. (Sergio Daniele Donati - inedito 2022)

Stanze della Pietra di Annalisa Mercurio

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Immagine di Annalisa Mercurio Parlerò di pietre prone d’altre supine, e di passi incuranti che ne calpestano schiene e volti. Immagine di Annalisa Mercurio Di fughe sghembe – loro, nostre – che attendono un tocco di labbra all’ombra di bestiari e florilegi Immagine di Annalisa Mercurio Carezzo crepe di pietre. Fossero rughe – tue – ti proietterei al tocco in spicchi di cielo tra rosoni scolpiti nelle iridi – mie –aprendoti la visuale sull’eterna pazienza dei leoni al portale. Immagine da web D’umili chianche conserviamo petali odorosi di terra e ferri corrosi da silenzi animali Immagine di Annalisa Mercurio Fossimo noi, pietra, saremmo in attesa di cambi di luna dove tutto il cielo scorre tra rapaci, e rassegnati demoni. Foto di Bressaï (Gyula Halász) Testo di Annalisa Mercurio Inedito 2022  

Un dire monco

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Io non so più dire della potenza del lampo, del bruciore della ferita, del clangore delle spade; né so più parlare di firmamenti e acque o grandi luminari. La mia parola è da tempo incatenata a un rivolo sotterraneo che m'abbassa lo sguardo  alla ricerca della deflagrazione del passo della formica, delle ginocchia sbucciate d'un bimbo, della fatica che la natura tace a sé stessa per perpetuare la propria esistenza. Mi chiedi perché non parli mai d'amore e non ascolti la mia voce balbuziente, né guardi il palmo delle mie mani sporche di terra. Là risiede quella parola di cinque lettere; tra i calli d'una mano diventata vecchia, ancora bambina. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto dello stesso autore

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 09 - una lettura "ebraica" della Silloge "Altri universi imprevisti" di Donato Nitti (Gazebo ed)

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A cura di Sergio Daniele  Donati Uno dei piaceri più grandi della lettura consiste, a mio avviso, nel saper planare sulle parole senza lasciarsi condizionare, prima facie, da ciò che so, o fingo di sapere sull'autore. Parlo sopra di finzione perché la pseudo-conoscenza dell' altro da noi  è un materiale strano, poco plasmabile ed a volte può divenire un impedimento alla reale comprensione delle cose. D'altronde il riferimento anche biblico è chiaro. Prima del primo atto creativo, si legge in Genesi,  un vento divino planava sulla faccia delle acque.  Sono molteplici le interpretazioni, anche mistiche, di questo preambolo alla creazione ma a me piace pensare che, tra i milioni di spiegazioni possibili ci sia anche quella che riguarda la necessità della assenza di preconoscenza della cose.  Una sorta di planare lento e inconsapevole sulle cose, un abbandonarsi al loro profumo, così come il corpo e il movimento sopra e dentro di esse ce le fa percepire, è il necessario carbura

Odisseo

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Non posare la tua mano  sulla mia spalla. Io sono un vento che porta via; sono il buco nel secchio che raccoglie i tuoi sospiri. Non posare la tua mano sulla mia spalla; ho lo sguardo fisso sulla battaglia persa della memoria; io sono il vento che mi porta via  e mi canta, con voce di sirena,  l'illusione del ritorno. Non posare la tua mano  sulla mia spalla; completa la tua tela di ragno, tacita il richiamo a tornare dall'abisso - il tuo abisso e chiudi le tue orecchie al sussurro dell'inganno che ti dice - che mi dice - impossibile a morire. Sergio Daniele Donati - inedito 2022

(Redazione) - Inediti di Lara Pagani (a cura e con note introduttive di Paola Deplano)

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Ecco la scrittura, la poesia di Lara Pagani: semplice, senza essere piatta; complessa, senza essere astrusa; originale, senza la ricerca dell’effetto a tutti i costi; femminile, senza perdere di vista ciò che accomuna gli esseri umani. (Paola Deplano) ______ Réglisse Al mondo esistono diverse maniere di mangiare le dolci rotelle nere, di quelle alla chimica liquirizia: c'è chi le addenta, chi le spezza, chi le allunga a non finire più. C'è poi chi le divora in fretta, per correre con la mano giù a cercare quella dopo (se è rimasta), e il piacere dell'istante se lo guasta frugando al fondo del sacchetto. Poi ci sei tu, che di tutto il resto del mondo non hai nulla: e mentre seduti fissiamo il vuoto la srotoli come un tappeto scuro sulla lingua, calmo e assorto. In attesa della fine imminente ti guardo e mi frulla contorto un solo pensiero per la testa: siamo entrambi strani, la tua perizia è non celarlo, pensarlo normale. Voce del verbo Fammi sirena prega