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Meditazione in Normandia

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  Furono cento, e poi uno, i miei passi. Poi finalmente la stasi nel territorio di una marea ritirata,  patria del paguro e di intuizioni  in scala di grigio.  Mi stupiva l'odore della distanza  e una premonizione cantava  in lingua arcaica il canto del mio ritorno. Abitavo allora, forse per la prima volta,  la dimora del mio stesso sogno, senza la folle pretesa  di ricordare il mio nome.  ______ Foto e testo - inedito 2024 - di Sergio Daniele Donati   N.d.R : al link qui di seguito potrete trovare tutte le  Poesie di Sergio Daniele Donati (Fedro)  pubblicate su  Le parole di Fedro

(Redazione) - "Viaggiando attorno all'Io" - nota di lettura di Daniele Donati sulla raccolta poetica di Lucia Triolo "Il paese degli Io" (Macabor ed., 2023)

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  Che sia come richiamo alle persone che simbolicamente ci abitano o al contatto con tutto ciò che è altro da noi stessi, non v'è dubbio che ciò cui diamo l'onere e l'onore di definire la nostra identità profonda nasce, si nutre, cresce e vive nel segno della pluralità. E questo primo paradosso e ossimoro che incontriamo all'atto della nascita - anzi, già prima nelle memorie sonore prenatali - è allo stesso tempo padre e figlio, in un certo senso, della matrice, del seme del linguaggio.  Io non so chi sono se non mi pongo in relazione con l'altro da me, io non so chi sia io se non so percepire la diversità e molteplicità di manifestazioni interiori che posso ricondurre all'unico elemento costante del mio vivere dal primo all'ultimo respiro: il nome.  Siamo tutti abitati da voci, dicevo, che compongono il puzzle sottile che chiamiamo identità e allo stesso tempo possiamo, attraverso la parola, ri-scoprire il senso profondo dell'appartenenza a una plurali

(Redazione) - Una "folle non-nota di lettura" di Sergio Daniele Donati a proposito della raccolta di Patrizia Sardisco "Nuàra" (Il Convivio ed., 2021)

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Mi capita spesso di leggere testi e libri in lingue da me sconosciute e di trovare tra le righe richiami a sonorità a me familiari perché figlie di quella culla della parola che chiamiamo Mediterraneo .  Sono intuizioni sperse e sfuse le mie, suoni che mi conducono nel reame dei false friends che -lo sapete bene - per me rappresenta un vero e proprio laboratorio linguistico dell'immaginario a cui, fuori da ogni disquisizione etimologica, che pure non ignoro, do sempre un grande peso.  Certo ho poi bisogno della traduzione perché di quel gioco, ad esempio tra ebraico e lingua siciliana, resti solo una traccia evanescente che il significante nega quasi sempre ma che dona alla lettura delle vere e proprie nuances preziose.  In altre parole e so che può apparire folle, poco mi importa se una parola in lingua sconosciuta richiama il suono di altra che nulla ha a che vedere con le precedente come estensione semantica. Mi basta che il richiamo sia avvenuto e, forse goffamente, come di tac

(Redazione) - "Un familiare straniamento" - a proposito della raccolta poetica "Pianure d'obbedienza" di Marina Minet (Teresa Anna Biccai) (Macabor ed., 2023) - nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  Raramente - ed è sempre stato un dono - mi sono ultimamente imbattuto in raccolte poetiche la cui lettura è stata capace di donarmi una sensazione di un paradossale e ossimorico familiare straniamento. E questa preziosa sensazione, legata a doppio filo con una sacralità diffusa della parola dell'autore, quasi sempre mi porta ad un silenzio meditativo che lascia solo nello sfondo, e per lungo tempo, la necessità di dirne.  Ma, poiché credo nella funzione di eterodirezione della parola  e, in fondo, credo che faccia parte dell'etica della parola non trattenere solo nel proprio foro interiore ciò che un dire smuove, superata la fase di decantazione, sento, quasi sempre, di fronte a raccolte di tal fatta, la spinta a scriverne, quasi a volermi mettere in dialogo a distanza con l'autore.  Non me ne voglia quindi  Marina Minet, autrice   della splendida raccolta Pianura d'obbedienza (Macabor ed., 2023), se ho atteso lunghi mesi prima di trovare -  e se ci sia riuscito dovre

Tre poesie inedite di Laura Valentina Da Re - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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___________________ Il mio lichene sensibile sverna nel mento dipinto quando diventa capsula chiusura perfetta dell'universo e crea l'albero, l'attaccamento la parola decapitata come il lombrico avvolta, per bene su sé stessa. Si salva, poi, il sibilo di terra non c'è più un corpo che pende senza dire niente, ho a cuore l'insonnia del vuoto. (©️ Laura Valentina Da Re  - inedito  01 marzo 2024) ___________________ Perché invochi l'orrore nel basso delle risa e da nessuna (altra) parte? Io so come ti estendi mentre sei pura verso la follia la disobbedienza del volto sulla spalla marea di spine. Quello che era, era scavo nella donna forte, passeggera la zagara segreta intera in solitaria, cresciuta con l'errore. (©️ Laura Valentina Da Re  - inedito 04 marzo 2024) ___________________ Io sono poca farfalla nel sasso di giada, lo vedi? O l'oppio dei miei parassiti è per davvero capace di illudere? Ti mangio il collo miserabile di sale e sopra la visione muta

(Redazione) - "La fragile geometria dell'amore" - A proposito della raccolta di Antonella Caggiano "La vena delle viole" (Capire edizioni, 2023) - Nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  Io non so parlare d'amore (né in poesia, né in altri contesti) e provo sempre una sorta di imbarazzo a scriverne perché il dato emergente per me è sempre quello di un certo incaglio tra parola e il principe dei sentimenti. "Io non so parlare o scrivere  sull'Amore", dicevo, eppure non per questo non sono capace di leggerne, né disconosco che le diverse declinazioni dell'amore fanno parte dell'ossatura del poetare dall'alba dei tempi.  Eros e Thanatos sono uno dei registri fondamentali su cui si muove da sempre l'arte poetica. Certo ne esistono altri ma ben pochi hanno avuto nella storia della poesia uno sviluppo così ampio, perché, in fondo (ma anche in superficie) l'essere umano da sempre si questiona sul rapporto con l'altro da sé , e l'amore ne è una delle manifestazioni più persistenti. Saper leggere, poi, e saper anche valutare il valore delle parole che sulla geometria mobile dell'amore poggiano, senza false modestie, è un dono

(Redazione) - Fatuari - 01 - Il nome è la fine; il nome è il principio.

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  Diego Riccobene L’ Enūma eliš racconta che, successivamente alla creazione del mondo, Marduk dovette placare l’ira di Tiāmat, intenzionata a vendicare la morte del dio primigenio suo compagno Apsū, l’abisso, il custode dei segreti. L’avvicendamento tra le due forze vide la necessità che entrambe si armassero di tutto punto per sostenere il tremendum dello scontro, la prima in particolare: “Tra le sua labbra egli teneva stretto un incantesimo, / mentre tra le sue mani stringeva una pianta per contrastare il veleno di Tiāmat” 1 . La pianta – un talismano; e ancor di più, la parola stretta in bocca, quella che dovrà decretare il potere sull’altro, soggiogandone le volontà. Una tenzone verbosa è quanto i due ancestrali mettono in atto, da subito, per primeggiare l’uno sull’altro: “Tiāmat lancia il suo incantesimo, senza neanche voltare la testa / tra le sue labbra stringe falsità e menzogna” 2 . Solo successivamente si verifica il ferace corpo a corpo materico, che vedrà la cruenta dip