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Visualizzazione dei post con l'etichetta jewish poetry

Due poeti allo specchio (Emanuela Sica e Sergio Daniele Donati)

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AUTORITRATTO DI EMANUELA SICA - 2022 © Da questo filare di venti freddi in cui s’annodano le vite dei miei compagni arse nei rivoli aciduli di fumo vedo la disfatta del cielo cadere pesante sulla mia testa. Dimmi Herr Gefängniswärter * dormi la notte pensandoci stipati tra blatte e ossa ammassate sulle travi come piante nodose, indifese, prossime al macero? Respiri dolori o li rinneghi per l’idea che ti separa dai nostri cuori dietro il filo di spinosa indifferenza carnefice per convinzione o per comando? Se, distrattamente, dovesse caderti una lacrima leggila come notizia d’umanità, sentila sulla lingua sapida, non sei morto, ancora c’è redenzione dal fango cavernoso di questi orrori. E tu madre ricomponi i pianti lasciami tornare nel tuo grembo caldo carezza il sudore, liberami dall’atroce notte foglia che si rinnesta nel ramo a diventare gemma nei sepolcri dei tuoi occhi. Portami ad un attimo prima di quel sedici ottobre urla ammutolite e mani strappate al Sukkot eravamo in casa, pr

L'antico sogno (benedizione)

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העתיק הולך לאט  לאדמה האדומה  של זיכרון עתידי  אני מברך את חלומך להישמר מהנשימה העתיקה של העתיד L'Antico procede lento verso la terra rossa della memoria del futuro. Io benedico il tuo sogno perché sia protetto dal soffio antico del futuro Testo ebraico (inedito 2022), traduzione e foto di Sergio Daniele Donati

Benedizione del Sogno

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ברכת החלום   האישה חלמה  שורשי הכוכבים  דבר האדם היה עדין  החלום היה המגן  וכל השאר דממה La benedizione del sogno La donna sognava  le radici delle stelle. Fu delicata la parola dell'uomo; il sogno fu lo scudo e tutto il resto Silenzio. Testo (inedito 2022) traduzione e foto di Sergio Daniele Donati

(ברכה לעולם בחלום) Benedizione al Mondo in sogno

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ברכה לעולם בחלום יש ברית בין שורשים מוצקים ועדינות של עלה כותרת; אדום שיש לך חלום .עדין (Sergio Daniele Donati - inedito 2022) Traduzione  (di Sergio Daniele Donati) Benedizione al Mondo in sogno C'è un'alleanza tra radici salde e la delicatezza  d'un petalo; rosso. Che tu abbia un sogno  delicato Foto di Sergio Daniele Donati

Il terzo Alef - Bet (completo)

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  ALEF Ho compreso che mi guardi e taci; e attendi il mio primo vagito per posare la tua mano di madre sul mio volto. Ho compreso che il tuo Silenzio è spazio lasciato al vento messaggero per comunicare il nuovo mondo. Là avrò posto e il mio nome, che ancora tu non pronunci, navigherà nel flusso di chi mi ha preceduto. Alef, madre eterna, con occhi di giada e sorriso evanescente. BET Porto sulle spalle una domanda che china la testa. Mi dici di andare per tornare diverso; ma la tua voce si perde nel mondo incontaminato dai miei passi. Tu vuoi che io crei lontano dai tuoi infissi. Mi giro, li guardo e ne rimpiango gli spifferi. Erano la lingua dei tuoi silenzi, il canto prenatale d'un grembo accudente. Porto sulle spalle una domanda che china la testa per varcare la tua soglia, che odora d'antico e tace del vento che mi spinge lontano. GHIMEL Un passo incerto, oltre la soglia del pensiero, manifestava l'universo di parole che non sapevamo ancora articolare. Prima era Silenzi

Ebraicamente

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«Mother and son» di Sergio Daniele Donati L'ebreo non chini mai la testa davanti all'uomo - così è detto - ma sappia coprirsi il volto col mantello sacro, con gesto pudico, se percepisce una voce sottile di Silenzio nel brusio della Vita. Lo stesso gesto - aggiungo io - faccia il poeta quando il suo dire si trasforma in incaglio e balbuzie. Parola e Silenzio si liberano da catene arrugginite, a volto coperto tra il caldo delle lane e i ricami delle sete. Il piccolo rivela l'intreccio, scioglie il bandolo del limite e lo tramuta in canto. A volte è bene tacere, non per assenza di parola, ma perché la sua cacofonia - in testa - divenga armonia per lo sterno. L'uscita del popolo dall'Egitto fu un grande silenzio, così sia la poesia per chi sa che scrivere è sempre più rinunciare alla parola che ostentarne una falsa potenza.

Stanze (SAMECH - AYIN - PEI - TZADE - KOF)

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  SAMECH (ס) Null'altro da dire: esistono voci lontane e proteggono e custodiscono la parola ancora inespressa di una voce bambina. La prima parola d'un infante è un sibilo di accoglimento di un percorso infinito. AYIN (ע) Mi chiedi cosa sia una visione  e dove si debba poggiare lo sguardo quando un vento freddo scivola sui pori della pelle? Sull'orizzonte sotto i nostri piedi , rispondo. E quando il vento si placa, verso la luce lontana  di stelle già morte. PEI (פ) Un dente deve cadere per passare dalla negazione del creato al suo abbraccio. La parola si deve far chiara per permettere l'infinita interpretazione, eppure, già lo dissi, il mio maestro era balbuziente e sorrideva tra i suoi denti ingialliti al compito sacro della trasmissione. TZADE (צ) E non c'è giusto fuori dalla testimonianza. Né l'etica si poggia su un'intuizione afona. Il Giusto raddrizza la schiena prima di parlare e torna curvo nel silenzio. Chi lo ascolta raddrizza la schiena  di fron

חלום - Sogno

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Vladimir Lubarov - Take care of your angel Goccia a goccia da un abisso fecondo trasudano significati e segni. La notte parla una lingua sconosciuta, intuita nelle viscere; rigettata dallo sguardo, al mattino. Il Giusto olia i cardini di quella porta sacra e trascrive e traduce con tratti di luce i segni del futuro. La sua penna è sottile e congiunge lenta ciò che nasce diviso, perché non sia del Cielo l'interpretazione del Sacro, né nelle Profondità Marine la sua comprensione. Goccia a goccia da un abisso fecondo trasudano significati e segni; il Giusto - bambino - ne distilla l'essenza e la dona al mondo, perché non venga trattenuto ciò che nasce per esser diffuso.

Preghiera ‎- תְפִלָה

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הסתכלתי יותר מדי בעיני זכוכית לא היו כוכבים והחושך מסנוור אני לא רוצה דרכים ישירים עשה להם מחזורים חיים שיהיה שם לנצח זרימת הכתיבה תן לי לשכוח את שמי ולשיר את השיר מכל הדורות אינני מבקש העלאה  אני מבקש ממך להיות אדם בארץ הקודש שנתת לנו Ho guardato troppo a lungo con occhi di vetro Non c'erano stelle e l'oscurità abbagliava Non desidero percorsi diretti, rendili cicli di vita; che sia perenne il flusso della scrittura. Fammi dimenticare il mio nome e cantare il canto di tutte le generazioni. Non chiedo elevazione. Ti chiedo di essere un uomo sulla sacra terra che ci hai donato.

La lettera ‎המכתב - ‏

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La lettera - foto di Sergio Daniele Donati פתחתי את המכתב הזה אחרי מאה שנים של חשיבה פתחתי אותו כי מעטפה זה לא כלא למילים פתחתי את המכתב הזה אחרי מאה שנים של חשיבה הייתה רק אות אחת בטקסט האות הראשונה האלף שתקה כמו תמיד Ho aperto questa lettera dopo cento anni di pensieri. L'ho aperta perché una busta non è una prigione per le parole. Ho aperto questa lettera  dopo cento anni di pensieri. C'era solo una lettera nel testo; la prima lettera la Alef, silenziosa, come sempre

Vengono da lontano, le ventidue danzatrici

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  Tzade di Sergio Daniele Donati Vengono da lontano e io non ho la forza d'aprire la porta e invitarle a entrare. Di questo loro ridono; non hanno colmato le distanze tra galassia e galassia per entrare nella mia dimora. Sono qui per farmi uscire e mostrarmi quanto possa esser gradevole sostare davanti al fuoco e cantare antiche canzoni. Sono venute di lontano e bussano alla mia porta per mostrare a un uomo schiavo dell'abitudine i ridenti tramonti dell'Altrove. Le sento montare il campo nel cortile e accendere le braci, ridono e scherzano, poi di colpo tacciono; ascoltano il mio mugugno dentro la casa. Poi ridono di nuovo. Non hanno colmato le distanze tra passato e presente senza conoscere i tempi del futuro. Son venute da lontano e la loro regina ha occhi di smeraldo e tace su un trono di foglie. Ora non bussano più alla porta; ne grattano i legni con dita fatate, li sfiorano delicate. Non hanno colmato le distanze tra galassia e galassia senza sapere che il cambiamento

Il Sacro Vento (Ruach – רוּחַ)

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  T'han chiamato spirito, soffio, ispirazione divina. Ma sei vento e plani indifferente sui nostri volti d'acqua. S'increspa allora la nostra espressione; sappiamo che il tuo dire separa e divide e crea ciò che noi - bambini - vorremmo ancora unito. Tu, plani indifferente e poi suturi e ricuci, ma per farlo rendi evidenti le ferite sulle quali noi - bambini - chiudiamo lo sguardo. Chi non s'incanta per la maestria dei tuoi gesti? Chi mai parla della fatica dell'onda per durare quell'eterno suo istante di vita?

Tav (in tre versi)

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Foto di Sergio Daniele Donati Viene per ultimo il soffio d'un silenzio senza fine; il velo che copre ogni nostro tremore.

Resh (in tre versi)

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  La Quercia - di Sergio Daniele Donati Sono sacre le cortecce del principio del ritorno, del ricordo del futuro.

L'ascolto del Sacro (Kaddish - קדיש)

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  Tra le pieghe dell'onda vibra una voce, un sussurro che il rombo del ricordo non può coprire, una voce che avanza e ripete, a chi la sa intendere e orecchie bambine, nenie di consolazione. È il canto della qualità, la coperta di neve su tracce di felino. Non chiede attenzione e abbraccia il silenzio. Il Sacro canta, in assenza di pubblico, nelle vene d'un corpo giovane e tra le canizie e i calli del saggio. Cancella ogni memoria, ci congiunge per salto al presente e si pone come specchio davanti ai seicentotredici nomi del nocciolo della pesca. Sacro è il filo d'oro, la cucitura e l'increspo delle labbra quando abbandonano le maschere di Narciso e s'aprono al sorriso. È il tempo d'ogni riconciliazione, nelle mani che accolgono i sudori d'un figlio adolescente. È dove lo si chiama; tra le stasi delle pietre e i respiri del pastore. Nelle pieghe delle onde una voce canta un canto e i piedi del sacerdote si coprono di sabbia e acque e sale. Sacro è l&

Kof (in tre versi)

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Kof di Sergio Daniele Donati È imitazione del Sacro ogni nostra parola e cammina lento, su teste di simulacri,  il sacerdote del Silenzio.

Tzade (in tre versi)

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  Tzade di Sergio Daniele Donati Del Giusto commuove sempre il passo ignaro di ritorno verso la sua bottega di calzolaio.

Samek (in tre versi)

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Fa' ben attenzione. Il diadema nella città d'oro sostiene chi vacilla.

Nun (in tre versi)

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  Non costringerò in tre versi l'odore di mirto  dei tuoi lenimenti e il suono d'argento  delle tue nenie di consolazione

Mem (in tre versi)

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  Foto di Sergio Daniele Donati Sovrano di rame, ti prego, distilla gocce materne e carezze per la nuca di mio figlio dalle melme acide dell'abisso.