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Io non imiterò mai i tuoi lemmi

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Io non imiterò mai i tuoi lemmi. Li lascerò scendere su un prato di silenzio, ciglia sottili verdi, tenui foglie, filtri di timidi barlumi di coscienza. Io non imiterò mai i tuoi lemmi, né svelerò al mondo avaro le loro fragili radici Piccoli passi di infante in un bosco antico, io non imiterò mai i tuoi lemmi. Mi accuccerò per terra, legato a nodo doppio al loro suono. E sarà un tiro alla corda sublime tra il desiderio di dirsi liberi e quello di dirsi vinti.

Possa il tuo sogno

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E sia la parte più ritrosa e celata di te protetta dal mio sguardo Ed il tuo sogno ritmato da un incedere costante E la fatica del cammino e i suoi inciampi, gioia del tuo Ascolto E il tuo Sguardo alto, fisso sull'orizzonte attento e severo. Poiché severo è il giudice e arduo l'incedere, ma vitale è il sogno di stella che lanci nel firmamento a custodia dell'Uomo

Il foglietto azzurro

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"E se il vento, repentino, carezza i miei ricordi, dove giace, immobile ed eterna, la mia speranza? Apro gli occhi ed assaporo l'esistenza in me di ciò che altri, pavidi navigatori del razionale, hanno definito con scherno "sogno". Poi, con un gesto antico, mi alzo e, lo sguardo sulla linea dell'orizzonte, grido al Cielo: Io sono l'Uomo". Il foglietto fu posato dalla donna, con gesto lento, meditato e rispettoso sul sedile del treno. Prima di scendere, la donna diede al foglietto azzurro un ultimo sguardo. Sorrise e se ne andò. L'uomo, qualche ora dopo, lo trovò sul sedile accanto al suo sul treno. Lo sguardo stanco, forse troppo rivolto al suo dolore, si posò quasi per caso su quel pezzo di carta. E fu la sua indolente mano che, senza nemmeno pensarci troppo, decise di raccogliere quel foglio. Leggerlo fu un gesto spontaneo e poco meditato. Ci volle qualche minuto prima che il significato di quelle parole raggiungesse la sua coscienza.

Abissi ebbri

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Alla quarta birra tutto appare chiaro. E si mollano gli ormeggi, l'etica vola alta. L'emozionale, pur non negato, si assoggetta alla legge dello spirito. E dello strazio e delle ossa polverizzate e del respiro che si blocca in gola e di quei pensierini che negano l'esistenza, quasi non esiste più traccia. Ci si sente centrati. Infusi di una saggezza antica. E si ha il coraggio di dire: "che sia, io lascio andare". La vocina che, fino ad un secondo prima, ti frantumava i polmoni, tace, e tu, vecchio saggio dalla barba bianca, dispensi le tue vette a te stesso e a chi, malauguratamente, ti sta ad ascoltare. Tripudi, grida di eccitazione: "Bene, bravo, bis". Alla quinta birra, però, sordida, la vocina si fa risentire. "Sei certo di farcela a lasciar andare?". "Come farai senza la tua essenza?" Alla sesta birra ti addormenti. Si addormentano i tuoi sensi ed anche la tua etica. E tu, figlio bastardo di un D.o minore, se non

Il rapporto olfattivo col diritto

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Conoscevo un giudice del Tribunale di Milano al quale quando passavi il fascicolo d'ufficio, perché ne analizzasse gli atti, essendo mezzo orbo, se lo portava ad una distanza quasi millimetrica dagli occhi, il naso in contatto col cartone, e lo scorreva tutto quasi fosse un moderno scanner. La cosa, esilarante per la maggior parte dei colleghi e me, provocava battute sarcastiche nei corridoi che per pudore non ripeto. Un giorno diedi un'interpretazione diversa alla cosa che lasciò molti inizialmente interdetti. Dissi " Ma non avete capito un cavolo! Il giudice X ha un rapporto olfattivo col diritto. Lui non fa scanning, lui il fascicolo lo annusa, lo odora e dagli odori (profumi mi parrebbe troppo) dei fascicoli, moderno segugio di commi ed articoli, determina torti e ragioni". Ovviamente tutti risero e mi diedero del matto e la cosa a me, giovane neo avvocato, fece piacere perché nell'ambiente passare per mattacchioni non guasta, ed io penso di riuscirci

Il solito poeta

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Nottata di sogni densi di significato e sonno finalmente profondo e ristoratore. Al mattino molto presto il terrazzo è un luogo fatato, silenzioso e calmo. Il cielo commuovente. Sembra invitare a guardare lontano, sia nel presente che nel passato, con morbidezza e soprattutto con speranza.  E poi lui, il seme, il primo seme ti guarda, timido, coperto dalle foglie delle belle di notte che, dopo aver diffuso colori e profumo sotto alle stelle, si cominciano a chiudere stanche. La bellezza stanca, va protetta. Il primo seme di quest'anno da me colto. E forse il primo cielo di quest'anno da me guardato in questo modo. Accogliere le primizie come un dono è uno dei più ricchi insegnamenti dell'ebraismo. Ad ogni primizia, ad ogni frutto assaggiato, ogni cosa colta per la prima volta nell'anno si dedica una particolare preghiera: Benedetto sia tu nostro signore che ci hai mantenuto, conservato, portato fino a questo tempo. E anche se recitata singolarmente que

Strange fruit

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Scrivere racconti accompagnandosi a degli standard jazz è un'impresa titanica. Uno sforzo disumano che ti strappa gli occhi dalle orbite. Bisogna saper armonizzare le parole con la musica, diminuire di mezzo tono, almeno, il suono dello scritto, perché non si sovrapponga al testo del brano, aggiungere i contenuti del racconto poco alla volta perché seguano vie sottili e non rompano l'armonia musicale ma la rafforzino. Tessiture da alchimisti, da chi si diletta a immaginare che battere sulla tastiera del computer sia come suonare il pianoforte. Viola questo lo sapeva bene. Ne aveva già scritti più di trenta. Si accese una sigaretta. Fumare affacciati alla finestra, nell'afa notturna di un luglio milanese ti porta veloce verso atmosfere jazz. “Forse ho sbagliato”, pensò, “dovrei chiamarlo”. Chiuse immediatamente gli occhi. Lo faceva sempre quando voleva scacciare una sensazione sgradevole. Spense la sigaretta mentre la Simone lasciava cadere lenta come un foglia mo

L'avvocato è stanco (nature boy)

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Il colloquio col giudice era stato stimolante e proficuo. Avevo usato ogni arma a mia disposizione per far passare come sostenibile quell'assurda mia linea difensiva. E, dallo sguardo che la dottoressa aveva posato nei miei occhi, avevo intuito che un qualche barlume di dubbio ero riuscito a seminarlo. Ma lei continuava a guardarmi, anche quando avevo smesso di parlare. Uno sguardo enigmatico, di chi ne ha viste tante, forse troppe. Solo i giudici, anzi solo i migliori tra loro, sanno tenere quello sguardo. E io, nonostante i miei trent'anni di arti marziali, i miei discorsi sullo sguardo del samurai e sulla capacità di chiudere gli occhi quando necessita, mi ero sentito nudo e inerme di fronte ai suoi occhi. Mi ero limitato a tacere, guardandola come un bimbo guarda una mamma arrabbiata dopo aver commesso qualche marachella. "Avvocato, ho capito", aveva detto, "e le prometto di valutare con attenzione le sue parole. Non tema. Ci sono ancora dei punti

Il sogno

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Non parlano più. Non pensano più. Chiudono gli occhi, le loro palpebre come serrande sulle ansie della vita, sulla povertà delle loro esistenze. Un vetro rotto sullo sfondo diviene finestra sul creato. Lo senti anche tu il lento passo del Sogno, del nostro Sogno, avanzare, ignaro, o forse indifferente ai cocci di vetro che calpesta per terra? Sorridono, sapendo che un attimo di sospensione può spostare intere galassie. Lo sanno nonostante la povertà dei loro strumenti, forse a causa di quella stessa povertà. E a me, che osservo quella docile mano su una robusta spalla, corre un brivido lungo la colonna vertebrale. Taccio e faccio il tifo per loro, che hanno mantenuto viva la loro fede, nonostante tutto, nonostante i calli sulle mani e le ferite nel cuore. E guardandoli so perché scrivo. Lo faccio per chiudere gli occhi anch'io e rinnovare ancora una volta lo stesso loro patto, nonostante tutto. Si scrive per chiudere gli occhi e vedere meglio o, forse, per cominciare a

La quercia

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Ferma.  Roccia del deserto,  opaca.  Immobile presenza  millenaria, solitaria.  Indifferente al dubbio,  solletico per la corteccia,  attenta ai messaggi del vento,  Ascolti.  Ponte tra l'indicibile e il firmamento,  eretta avanti la mia scelta.  Silente, in un mondo senza Verbo.  Torre d'ossidiana, memore della lava.  Io, canna al vento,  stanca guardia senza sguardo  sulla mia scelta afona.