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Corda di violino

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Ho danzato sul filo di lino i miei canti, i più antichi. Eri là, più lontana, più lontana, mai assente. Corda di violino, il primo passo, le mani incerte, lo sguardo venato di stanchezza. Eri là, più lontana, più lontana, celata, ferita. Fragile linea, screziatura di tramonto, tra l'abisso, indicibile, e il firmamento, troppo detto. Eri là, più lontana, più lontana, più vicina, anima mia.

L'incipit dei miei incipit

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Quando avevo circa vent'anni andai da solo in una birreria vicino a casa, armato di penna e taccuino.  Era tanto figo a quell'epoca concentrarsi su una traccia, su un'idea. Solitario, ma nel brusio del locale affollato, provavo a scrivere. Di colpo sentii una mano sulla mia spalla.  Era un vecchio dai capelli bianchi, camicia azzurra, baffi anni 70, lievemente all'ingiù.  Mi guardava dritto negli occhi, con un bicchiere in mano. Ricordo che non ebbi paura.  Anzi, era come se lo conoscessi da sempre. I miei occhi giovani e inesperti nei suoi, blu come il mare, vissuti e sornioni. "Anche tu scrivi per sopravvivenza, vero ragazzo?", mi chiese.  Non seppi cosa rispondere, ma sorrisi. Lui si fece più serio.  "Conosci Blackbird dei Beatles?", mi chiese. "Si". Risposi. "Ascoltala bene prima di scrivere di nuovo, sopravvivrai meglio", mi disse e se ne andò. Oggi, mentre scrivo, siedo in una birreria da sol; osservo la gente intorno a