Parole e Vita (Oblivion - Final)
Oblivion di Sergio Daniele Donati Succede, lo so. Trasformiamo spesso la vita in letteratura, e in segni grafici le nostre voragini e abissi. E ci si accontenta; come se a quell'apnea potesse donare ossigeno un ammasso di lemmi scomposti. Dichiarando l'esistenza del nostro malessere, ne prendiamo distanza, e ci illudiamo che la parola, perché detta, non sia più viscera. Ma la parola viaggia lenta su binari che dovrebbero essere sacri. La parola trasforma, lo sai, e impone alla schiena la verticalità perduta. È una maestra inesorabile; sale sul dorso del puledro che scalpita per non essere montato, e lo rende mansueto con speroni d'argento. La vita non è materiale per letteratura e la scrittura è decifrazione; non via di fuga. Scrittura però è vita, è vero, quando rinuncia a ogni impulso e seduzione, se si pone come barriera tra il distacco e il nostro desiderio di non vedere. Scrittura è disinfettante che brucia pelli ferite per guarirle dal taglio