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Simmetrie

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Seduto, la schiena dritta, solo al tavolo, tace.  La simmetria delle sue posate trasmette un senso di immutabilità o di disturbo possibile.  Nessun gesto di nutrimento può avvenire senza che quella simmetria venga interrotta, spezzata, distrutta.  Il bicchiere di vino rosso, non viene toccato e il suo livello di riempimento corrisponde esattamente ad un terzo di quello della caraffa d'acqua frizzante al suo fianco.  Guarda nel vuoto.  Pensa? Ricorda? Progetta? Non so dire.  La simmetria dei suoi silenzi non può essere spezzata da una interpretazione esterna.  Semplicemente tace e, forse, ricava, da quel silenzio il senso profondo del suo vivere.  Il vociare del locale – ne sono certo – non è per lui di nessun disturbo.  Sono su un altro piano le sue riflessioni. Un piano inclinato, obliquo, ruvido e tenace.  Lui ci si aggrappa, come lo scalatore su una parte verticale quasi liscia, approfittando di ogni minima asperità del muro per tenersi nel vuoto.  Per non cadere nell'abisso

Lettere a una persona speciale (41-56)

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Dipinto di Lucian Freud 41 Asimmetrie  Oggi ho giocato con la mia immagine, e in fondo lo faccio ancora. Anche se ora lo faccio in modo più serio. Perché quando osservo il mio volto lo vedo che è il regno dall'asimmetria. E sorrido di questo mio essere sempre un po' a destra, o a sinistra, in ricerca di un centro. Il mio maestro la chiamava claudicanza. È un valore positivo. È la ricerca della stabilità a partire dei propri limiti. Umanità insomma. Ho sempre percepito le periferie del mio corpo, i suoi squilibri come un dono. I miei occhi sono diversi, nel colore e nel posizionamento, ho il naso storto e rotto (benedetto aikido). E questo, lo so, significa che l'occhio destro vede "altro" rispetto a quello sinistro e la narice destra odora "altro" rispetto a quella sinistra. E tutto questo si mescola, come si mescolano, apparentemente a caso, le mie parole ora. Poi mi rileggo e un senso in ciò che scrivo lo percepisco. E però un centro esiste, petalo, e

Lettere a una persona speciale (31-40)

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  Foto di Francesca Woodman 31 Woodman  Un anno fa circa scrissi su questa immagine qualche piccola parola. Erano altri momenti e le intuizioni di allora erano guidate dalla necessità di risorgere. Ora, dopo più di un anno, posso dire di essere altrove. E mi guardo indietro e sorrido perché in questa magnifica foto di Francesca Woodman era già scritto tutto. Il percorso, il petalo che lo avrebbe guidato e pure la necessità di spoliazione da inutili strutture linguistiche e relazionali. È bello, petalo, a volte girarsi indietro per vedere il percorso che si è svolto senza temere di trasformarsi in statue di sale. La vetta è ancora lontana ma mi fermo un attimo a bere acqua fresca felice dei passi svolti sin ora, cercando la tua delicata ombra. 32 Aikido e la via della delicatezza  Era il 1997. Il grande maestro di aikido André Cognard venne a Milano per la presentazione del suo libro e per un seminario di pratica di tre giorni. Fu un po' un evento. Durante il seminario passava a cor

Lettere a una persona speciale (21 - 30)

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L. Fontana 21 La gioia d'un incontro  La gioia di un incontro dicevo tra me e me. E un piccolo sorriso mi mutava l'espressione. Poi finita la telefonata, come spesso avviene, quel sorriso si è trasformato. In scrittura. E io scrivo, l'avrai capito di mondi da me visitati anche nel sogno. Sogno e segno. Di qualcosa che avanza. Lento. Come le tue cadenze. Come i tuoi gesti. Come le tue assenze, mai definitive, sempre con tracce dei tuoi "tornerò". E poi, lo sai, io sono gufo, e l'altro e l'altrove mi attirano, sempre. Come i richiami per gli uccelli. E allora certo dell'incontro la gioia; ma anche lo stupore, lo stordimento, il non sentirsi adeguati, non ancora, e poi "sì lo sono, lo siamo" fuori dalle nostre timidezze. La gioia di un incontro dicevo. E in questa formula usata, abusata, monotona e monotóna, ci mettevo un cuore che batte. Forte. Maschio. Anche quando ogni tanto salta una battuta. E mani che hanno vissuto e un naso che ha odorato

Lettere a una persona speciale (11 - 20)

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  11 Lino  Lo sai è un errore, forse il più grave, disperare. Che la disperazione è solo un altro modo per dire "fine". Ed è anche un errore, certo più tenero e umano, affidarsi "solo alla speranza". Che nulla arriva di buono nella vita se in un certo senso non lo si chiama. Bisogna imparare l'equilibrio, l'arte antica del funambolo, la corda tesa tra due stelle e lo sguardo nello spazio. Infinito. E poi bisogna saper scegliere il tipo di corda. Per alcuni è il filo spesso di metallo a infondere sicurezza al passo. Altri preferiscono la canapa, che ha un sapore di antico e se ti sostiene è con le fiabe. Io, che sono un mezzo poeta pazzo (l'altra metà è un serio avvocato), ho scelto il filo di lino, il più fragile e sottile. Eppure è quello sorretto da magiche e fatate presenze e, se l'intenzione è pura, non si spezza. E non è stato solo il poeta pazzo a scegliere il lino, anche l'avvocato ha dato il suo imprimatur alla decisione. L'ha fatto c

Lettere a una persona speciale (1- 10)

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IB e suo marito - LUCIAN FREUD 1 Qualità  Se forse una (una sola) dote io ho, è percepire al primo respiro la qualità dell'altro, nell'altro. Non a caso mi chiamano Fedro. Tu hai il passo del petalo e lo sguardo, dolce, su un orizzonte lontano, in cui non si sperde l'umano. E la cadenza della tua voce è tratto nobile, anche per un orecchio plebeo, come il mio. Al tuo passo si chiudono gli occhi, pudici, e la memoria torna a corti antiche. Perché non è con sguardo baldanzoso che si incrocia la bellezza. La bellezza la si riconosce al tatto delle ciglia e ci si ritira ritrosi, sperando che non abbia fine, allo splendore eterno della vita. 2 Sofferenze e gelati  C'è troppa sofferenza nel mondo. Ci sono occhi che si chiudono per non guardare più. E labbra che si serrano, fino a diventare pallide, per non dire l'indicibile. Ci sono pianti troppo trattenuti, che si tramutano in rabbia. E poi paure, paure; paure così tanto vissute da far credere che non possa esserci un