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Il quarto Alef-Bet - 19-22 da Kof a Tav

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E stai attento  a non cadere, amico mio, non ora, che a scimmiottare il Giusto si perde  il potere di dir sì   alla vita.  Esiste un principio  che in pochi hanno trascritto,  ma nutre il midollo  e le schiere metaforiche  che sono amiche delle tue argille. È il principio  che si chiude con il sigillo  nel fuoco sacro. Siamo figli d'una parola   che ci vincola  a dire la nostra presenza all'altro, il nostro goffo  tentativo d'adesione all'Altro. Stai attento a non cadere, amico mio, non farlo ora, prima di aver detto eccomi , di aver detto  הִנֵּנִי alla falce d'Alef crescente che vedi di lontano. Non cadere ora, amico mio, il passaggio è stretto e non ceda il tuo cuore alla tentazione dell'ultimo respiro. C'è, dopo il sigillo, un silenzio che prepara il ritorno  alla narrazione più antica.  È il silenzio di gestazione,  l'attesa prolifica nella quale  potrai immergerti solo se - come dicevo - il Giusto coinciderà per te con l'Inimitabile

Resh

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  Foto di Sergio Daniele Donati Arriva ventesima una lettera fatta di resine e cortecce, le cui radici di fuoco rendono braci vitali i segni della decomposizione. Ti china la schiena, in ossequio allo sguardo, che lento si fa ampio e percepisce l'immensità d'un orizzonte in continuo movimento. Ogni principio vitale  dimora nell'etica della trasmissione e ogni inizio contempla un sigillo, poco più là; a permettere un nuovo ciclo. Arriva ventesima quella lettera perché solo chi ha conosciuto  la fallacia dei richiami degli altari e sconfessato idoli e maschere di cera trova in quell'orizzonte lontano i primi segni della diluizione  del suo nome nel coro delle voci delle stelle. È una lettera che si bisbiglia di notte perché il principio del sogno ci raddrizzi al mattino la schiena, sull'asse etico di una mano che, aprendosi, mostra il palmo.

Resh (in tre versi)

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  La Quercia - di Sergio Daniele Donati Sono sacre le cortecce del principio del ritorno, del ricordo del futuro.

Resh, Shin, Tav

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Resh ר  Sotto il patibolo della  parola sdentata,  Maestro,  pure io ho seppellito la mia Leah.  Sotto terra, il primo  suono, color fuoco,  in lingua nuova  è grido  di rinascita  per chi resta solo  Shin ש  E non c'è pace,  Maestro, se non si abbassa la palpebra tra il falso e il vero. Sui tre rami dell'albero foglie e luce. Dalla terra nera la radice,  cieca, ricava nutrimento.  Tav ת  Dammi la mano,  Maestro.  Ho paura.  L'accesso al monte è interdetto  e ogni ciclo si conclude  nel Silenzio.