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Visualizzazione dei post con l'etichetta poesia

(Redazione) - Amerinda - 02 - Roberto Fernández Retamar: la tenerezza della rivoluzione

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  di Antonio Nazzaro Storia, tempo, poesia: giocheremo un’altra volta queste carte. Non so se si usa iniziare un articolo con un’epigrafe però il poeta di cui mi accingo a parlare ha segnato un punto di non ritorno nella poesia cubana. Retamar ha postulato i nuovi luoghi della poesia cubana e messo in crisi le forme della poesia pre-rivoluzionaria. In un breve testo del 1959 intitolato “Altra uscita del Don Chisciotte” afferma: La poesia oramai non si confeziona laboriosamente in matrimoni segreti tra la pagina bianca e il sogno schivo, ma diventa l’incredibile quotidianità della nostra vita” e poi ancora: “negano la libertà e la verità della poesia: gli “enigmi”, si capisca quelli falsi e gratuiti; “le borie barocche; “le bolle del sogno” e la “acute audacie”. E chiude il discorso con questa frase con: “Da subito, all’iniziare l’anno, è iniziato il regno dell’evidenza”. Il primo di gennaio del 1959 Retamar scrive questa poesia: 1   L’altro (Gennaio 1. °, 1959) Noi, i sopravvi...

(Redazione) - Anfratti - 03 - "Ancora è possibile andare" - Poesie inedite di Alessandra Brisotto

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di Alessandra Brisotto Acrilico su carta di Alessandra Brisotto ______ Ancora è possibile andare dove la sabbia si scioglie al confine tra il sale e la pietra prima del flutto più duro che ci riporta al largo esattamente al punto in cui si immerge il sole Ancora è possibile andare ______ Voi tutte parole in viaggio, avete assunto una forma, un colore, una voce, che vi rende diverse. Voi sparse ovunque, nell'oggi e nel poi, tornate, vi prego, tornate, ridatemi forma. ______ Ciò che si vede Il cuore non mi piace, non mi piace più. Mi fa pensare a una carcassa, al concime per le piante, a un meccanismo che si spegne, si deteriora e muore. Preferisco l'anima. ______ La crepa Si è aperta un giorno ma non so quando Traspare il primo vagito, forse d'estate una radice forte, larga più o meno un dito Il primo raggio di sole

Il delirio di Elia

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  Il profeta Elia di  José de Ribera Forse domani schiume acide di ricordo  corroderanno ogni nostra aspirazione all'oblio.       Zampilli acidi di memoria      gorgogliano già ora       dalle crepe nei muri,       dalle rughe dei palmi. La parola profezia tornerà a essere concava - un ventre molle e vuoto, figlio di un ascolto folle. Forse allora, dentro la grotta del pensiero,  resteranno al mio fianco sussurri sottili di silenzio.      Forse allora si comprenderà      chi io non sia mai stato      per la sola colpa       di essere stato.

Due poeti allo specchio (Sergio Daniele Donati e Luigi Cannillo)

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  Autoritratto di Sergio Daniele Donati IL SOGNO (testo inedito 2025 di Sergio Daniele Donati) Mi pareva allora di giocare a dadi col cielo di tendere il suono del silenzio in iperboli color ocra. Era un sogno il cui risveglio succhiava poi nettari da un lingua in lenta diluizione. Sull’albero il ramarro rideva e roteava la coda a indicare il ruscello color petrolio dei miei pensieri. Ero solo, e solo sei tu, soli siamo noi, ogni notte a decifrare lingue e stilemi di chi non parla.        Il primo passo del sognatore        è quello che tacita il canto;        l’ultimo, al contrario, ne riprende       la melodia; da uno spartito evanescente. Foto di Tiziana Grassi (testo inedito 2025 di Luigi Cannillo) In sogno non siamo mai veramente soli c’è sempre un paesaggio una folla, altri noi cellule a vigilare e attraversare confini o ci riflette uno specchio ci vigila una foto nella camera che intanto prende l...

La lama del crepuscolo

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È facile per l'uomo puro portare la croce della colpa del mondo; la luce è cieca e non percepisce peso. Più difficile nell'umana notte assistere alla danza macabra  dei fantasmi sdentati  dell'abbandono di sé e alle copule delle assenze. Non mi chiedere perché io abbassi lo sguardo e rifiuti il tuo saluto; guarda gli asfalti che i miei piedi calpestano. Sono pieni di crepe; sembrano sorrisi e smorfie d'un buffone che si rifiuta di piangere il suo ritiro dal mondo. Dal mio campo indegno svapora lento il Sogno e lascia in dono tracce dure come il diaspro di un pianto bambino. _______ Foto e testo -  inedito 2025 - di Sergio Daniele Donati  

Quel "non so che" dell'approdo poetico - piccole intuizioni a margine - di Sergio Daniele Donati

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  Foto di Sergio Daniele Donati Quelle che sto per scrivere sono mere intuizioni alla rinfusa dettate da un'impellenza che l'insonnia di stanotte, con il suo portato di flussi incrociati di pensieri, mi ha portato.  Quando la mente è stanca, per evidente paradosso, entra in iperproduzione, come piccioletta barca (1) ,   in cerca di un approdo sicuro, e sarebbe bene, se solo si fosse capaci di farlo, seguire il dantesco consiglio e non intraprendere quel viaggio. Ma, se le cime sono ormai sciolte, e altro non resta davanti a sé che l'indeterminata infinità del mare, non resta che navigare.  Allora stanotte, tra mille pensieri non certo rassicuranti, ho potuto indagare la natura  di approdo del dire poetico.  Versi sparsi, letture incrociate, si posavano infatti come lenimenti su quella sorta di iperventilazione mentale che mi stava attraversando. E quei versi, a cui tributo vera gratitudine, li ho potuti analizzare nella loro struttura più celata, come se fo...

(Redazione) - Fisiologia dei significanti in poesia - 11 - Ethos nella parola

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di Giansalvo Pio Fortunato   Annunziare un ethos della parola, o farsi carico di essa nella visceralità, significa esortare la parola a gesticolare . Il gesticolare, prettamente e comunemente riferito al modo relazionale di un corpo, non esclude la parola; anzi: la centra, la irrobustisce, ne fa intendere la ricaduta ed il modo con il quale essa si esprime. In tal senso, preme sottolineare quanto la parola, più che essere una manifestatività (partendo dalla struttura ipotetica di un interno che deve fuoriuscire), rappresenti una manifestatività identitaria: il suo palesarsi è la sua articolazione e la sua articolazione è il suo palesarsi. Do per scontato che, quanto meno in poesia, si intenda la parola come materia autosufficiente e definitiva, o – meglio ancora – come unico baluardo possibile per il raggiungimento di una pienezza del sentire, che è sempre e comunque un sentire espresso . Il che implica, in tal senso, che la parola ammetta un’esperienza nuova ed inedita (non ...

Stanze del poeta

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  Poco importa al fondo della parola l'approdo. Ogni dire è naufrago e il poeta orfano  d'un padre balbuziente,  femmineo e ipovedente. Un aspro pianto è il figlio inatteso del gioco dei simboli sotto la pelle del poeta. Ciò che è scritto  ora tace; per sempre. È profezia il moto della parola dopo l'urto anelastico tre le biglie del silenzio. Solo il lettore disattento  rischia di cadere nell'incoscienza di quella buca. Porgeva silenziosa la mano in risposta a versi claudicanti quella bimba, in sogno. Ogni inciampo sorge da quel confronto. Dire per aver detto; l'unica salvezza. E=mc² l'unico verso capace di descrivere  l'assenza del tempo  e le scorie di vero nella finzione della scrittura. Non scriveva mai d'amore, né di guerra quel poeta e fingeva fosse stigmate la ferita del pennino sul palmo della mano. _________ Testo - inedito 2025 - e foto di Sergio Daniele Donati

Con la fragilità del pensiero

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  Ho mascherato con l'illusione  di un pensiero alieno la potenza nascosta delle radici delle parole. Il senso è una glassa poco permeabile sui suoni che sorgono  spontanei dalle stalattiti di un'inconscia purezza. E tu che leggi a ritroso il percorso della follia nel bosco senza sentiero del prima e del poi , sei complice involontario del più feroce reato. Sotto il muschio  che dici sacro si decompone,  senza canto, né vestale, il corpo di ogni detto. E il sole tramonta, in assenza di vento, senza bisogno di testimone. ________ Foto e testo - inedito 2025 - di Sergio Daniele Donati 

Lettera aperta a Elena Mearini - in occasione dell'uscita della sua raccolta "A molti giorni da ieri" (Marco Saya ed., 2024) - di Sergio Daniele Donati

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Elena, sai bene quanto io fatichi a vestire abiti che, nel profondo, non sento miei, e quanto mi sia difficile, quando il mio sguardo si posa su scritture che mi smuovono i midolli, provare a scriverne nei limiti ristretti e ortodossi di una nota di lettura critica che nel fondo sentirei come una forma di tradimento dei miei moti più spontanei. Per questo spero che mi perdonerai se questo mio commento alla tua meravigliosa raccolta " A molti giorni da ieri " (Marco Saya ed., 2024) prende il volo per altre vie, con una scrittura a te dedicata, una sorta di lettera aperta in cui far confluire la sacra balbuzie che i tuoi versi hanno sollecitato. Ciò che cerco, quando una linea poetica altrui mi tocca nel profondo, è una sorta di comunicazione vis a vis, mot à mot, con la poeta – con te e la tua scrittura. Non è il momento per me, in altre parole, di vestire davanti a te l'abito grigio topo del critico raffazzonato (altri sono i critici seri) , ma quello di incon...