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Francesca (7 marzo)

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Foto di Sergio Daniele Donati Gocce d'acqua,  Francesca; colano su un lavandino  di lavica i ricordi.  Un lavandino   di lavica .  Armonie lente,  blues in minore,  scivolano sulla pietra  della memoria, grigia.  Fanno plic, plic nella mente.  Nella mente Cosa diresti, Francesca,  lo so bene!  Parole della lingua antica,  per coprire il vero.  Il vero Vibra il dono,  mia dannazione,  per non vedere.  Non vedere Eccolo il nuovo,  Francesca,  giorno che tinge  il passato  di colori pastello Colori pastello Lingua nuova,  passo di gatto.  Gocce di memoria  sostenute  da presenze eteree,  e dal Salmista,  e dalla tua mano.  La tua mano Sei un plic, plic,  che sostiene,  Francesca.  Plic, plic. Sostieni E bussi alla tempia,  stanca,  e sorridi e dici:  “Il sasso è tornato  a galla, levigato.  Poggia la penna,  se la mano è stanca  e le idee mancano”.  E le idee mancano   Sei nel soffio,  Francesca.  E guidi dall'

Mon dernier rayon de soleil ( 7.3.1996 )

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7 marzo 1966 nasce Francesca Nel 1982 io ero un giovane timido, sognatore, come solo un sedicenne fatto col mio stampino può essere. Non amavo giocare a calcio ma guardavo le stelle. E le stelle mi parlavano. Francesca era una creatura solare, gli occhi ridenti e, no, per nulla fuggitivi.  Quando si fissavano nei miei venivo attraversato da onde di emozioni che, se chiudo gli occhi, il mio corpo ancora rimembra. Io avevo lo sguardo sempre posato sull'orizzonte, forse un po' malinconico, ma pieno di speranze per il futuro. E, quando il mio sguardo incrociava quello di Francesca, ne sono certo, lei sentiva un canto antico nelle sue orecchie.  Mi chiamava, un poco per sfottermi con tenera dolcezza, il guerriero delle stelle .  Io ridevo e ridevo e ridevo. Poi tacevo e la guardavo ancora negli occhi. La chiamavo, senza mai dirglielo, brezza marina . Ci tenevamo per mano come solo due sedicenni possono tenersi. Senza parlare. Che altro avremmo potuto dire? Che nome che no