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Cyrano

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  Non tace, né arretra la voce che mi forza lo sguardo verso il basso. Non tace, e urla e poi bisbiglia con toni da cospiratore la mia incapacità di rivolgermi alle stelle. Si stempera, certo, quella voce nelle sere di primavera quando il dono della calma mi permette uscite allo scoperto. Ormai scrivo a me stesso lettere d'amore, scrivo a me stesso l'amore per le lettere. Tu non tornerai mai nel luogo del nostro incontro; e anche se ci passassi mi confonderesti con la cicala sul platano, che io sono l'anice, il Pastis da diluire in acqua nel caldo dell'estate. Una memoria di seduzione da mandare giù veloci prima di correre verso il mare. Le mie parole hanno sempre contenuto troppo poco sale per attaccarsi alla tua pelle. Dicono che so scrivere, ma io parlo una lingua barbara. Certo, conosco regole e lemmi e trucchi da prestigiatore della parola; suoni che impongono a chi scrive la maschera posticcia del poeta. Conosco la parola che scioglie i fianchi delle donne e provo