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La discesa sacra (un Salmo balbuziente)

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La stanza azzurra devastata dall'uragano; non resta che qualche goccia d'olio sacro e un simulacro di speranza da tramutare in canto. Le senti anche tu le voci roche e sfatte ripetere il mantra  della fiducia nel celato  e nel passaggio stretto  a una pelle nuova? È un canto corale che ripete senza sosta e centellina resine e cortecce d'eucalipto per le ossidiane dei figli. A terra l'epitelio di biscia, concime del passato su una terra senza soffio. Si dice che poi aleggi ancora un vento divino sui volti delle acque salate dei nostri occhi, e che di lontano il corno che chiamano Shofar laceri tempi e spazi - ancora una volta - per rendere possibile la distanza dall'Altro che chiamano amore. Ho peccato, Moabita, davanti al pozzo io ho peccato. Possa la tua voce ancora una volta risollevarmi il mento alle stelle e dirigere il mio sguardo là, nel flusso indaco senza fine né cominciamento delle generazioni. Toglimi il petrolio dagli occhi e chiama ancora una vol

Shofar (so far)

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Sapevo saresti arrivato poi a mettere voce  tra lembi aderenti della mia pelle. “Il soffio che strappa riempie d'oro gli spazi vuoti che crea”, dicevi. E sorridevi, e ridevi; i tuoi volti offuscati al mio sguardo da veli salati sui miei occhi. Fu allora che compresi. Io non sarei stato mai maestro. Avrei rivolto per sempre sorrisi ebeti e stolti, a un mondo troppo saggio. Tu facevi “no, no, no” con la testa mentre laceravi a brandelli, vesti per me preziose, e raddrizzavi una schiena piegata dall'assenza. E non c'è peso più grande, lo sai Maestro, che quello delle piume che non hanno carezzato i tuoi volti. Tu questo lo sapevi, alchimista della parola, e lanciavi dal tuo corno ululati che dividevano galassie da galassie, e riempivano i pori della pelle d'un vuoto fertile per il tuo allievo. Fu allora che compresi. Io non avevo nulla da trasmettere al mondo se non i miei inciampi. Ne traesse una lezione o li gettasse a terra, solo quello poteva essere il mio dono.

Shofar

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Il suono dello Shofar lacera, strappa, stride e lascia una scia di vuoto, che non osi nemmeno pensare di riempire. Il suono dello Shofar non è dolce, né nostalgico, è disarmonia nel ritorno e lascia un silenzio arcano che non osi nemmeno ascoltare. Il suono dello Shofar dà i brividi, febbre antica, Quale voce la potrà placare? Il suono dello Shofar è altro, è l'Altro che viene a depositare semi di silenzio su un terreno mai abbastanza irrorato E tra te e l'Altro non osi nemmeno...